indaco

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Ho calcolato che a Davide gli manca solo di raccontare due cose e poi, se Dio vuole, anche per questa volta il repertorio è esaurito. Sua madre dipinge, è l’autrice di quasi tutti i quadri che lui e Monica hanno appesi in casa, e utilizza una tecnica particolare e molto efficace che chi non è del mestiere ignora. Prima di mettersi all’opera riempie le tele di indaco e poi inizia a lavorare. Il risultato è indubbiamente affascinante perché anche i soggetti chiari mantengono una gradazione diversa rispetto al colore che li contraddistingue in natura. Il dipinto che campeggia sulla parete sopra il divano ritrae un tennista nell’atto di colpire la pallina della battuta e la divisa in realtà se la guardi bene non è per niente bianca. Poi è la volta delle sue fissazioni sugli spagnoli, ed è una fortuna che il trucco del dito nell’incavo del fondo della bottiglia del prosecco per evitare di innaffiare qualcuno questa volta non gli riesca e al momento di stapparla gli risulti necessario ricorrere al lavandino per evitare che il vino, uscendo, si rovesci sul parquet. Davide sostiene che la lingua spagnola abbia un struttura fonetica tale per cui chi la parla si esprime con una velocità verbale unica al mondo. Penso ai miei viaggi in Spagna e nel farlo ordino all’interno di un quadrato immaginario tutte le briciole del pane che io e la persona al mio fianco, che poi diventerà mia moglie, abbiamo prodotto. E non siamo nemmeno arrivati al secondo.