senza confini

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Se non fosse per un problema di privacy che mi induce a farmi mille scrupoli prima di divulgare informazioni e immagini altrui ai milioni di lettori che frequentano queste pagine, avrei introdotto questo post con la foto che ho fatto venerdì scorso a Fulvio e Federica, nomi di fantasia che uso per evitare di pubblicare i nomi veri, per lo stesso motivo di prima. Fulvio e Federica sono i due amici più cari che ho. Vivono a Genova, che dopo Berlino probabilmente è la città che preferisco in assoluto, e una volta all’anno mi ospitano per un weekend, solitamente a luglio. Il programma prevede sempre alcune tappe obbligate: giro completo del centro storico e del Carmine, il quartiere in cui abitavo quando vivevo laggiù; aperitivo a Castelletto; corsetta dalla foce fino a Nervi e poi bagno a Quarto; focaccia e vino bianco fresco in abbondanza. Fulvio e Federica amano fare lunghe camminate, una pratica che è ottima se vivete a Genova perché è una città che, pur complessa e piena di contraddizioni, offre scorci senza confronti. Nel weekend di luglio che ogni estate trascorriamo insieme mi unisco a loro per godere della bellezza del capoluogo ligure. Venerdì scorso invece ho ospitato Fulvio e Federica a Milano, in occasione del concerto dei The National. Ci siamo dati appuntamento al capolinea della metro gialla ed è stato molto strano vederli in un contesto decisamente differente da quello solito a cui li riconduco. Dovevamo mangiare qualcosa prima di avviarci al luogo del concerto, così ci siamo seduti in una nuova tavola calda ubicata lungo i binari del tram per Limbiate che costeggia la Comasina. Si tratta di un locale gestito da curdi che prepara un ottimo kebab e altre specialità tipiche. Abbiamo preso posto in un tavolino ubicato nel dehors. Lì ho scattato la foto che avrei voluto pubblicare a corollario di questo ricordo. Fulvio e Federica seduti con uno stabilimento desueto alle spalle quasi completamente coperto di graffiti, il ponte dell’autostrada con i pannelli anti-rumore, la carreggiata sotto che, poco prima, è divisa in due da un parcheggio sterrato a pettine, entrambi con la piadina kebab in mano che sorridono all’amicizia che ci lega, anche in un luogo così estraneo alla loro vita.

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