Mia suocera ha novant’anni in piena salute e mia moglie ed io ci siamo detti che è un peccato che sia stata costretta così tanto tempo chiusa in casa. È intervenuta mia figlia dicendo che no, quella messa peggio era lei per aver sprecato tre mesi dei suoi sedici anni assediata in camera da un sistema scolastico inadeguato (come tutto, del resto) all’esperienza, completamente priva delle relazioni in carne e ossa con i suoi coetanei. Così ci abbiamo riflettuto anche noi che a cinquant’anni e rotti da febbraio ci stiamo ammazzando di telelavoro in uffici improvvisati in salotto e in camera da letto ma, tutto sommato, non ci è andata male. Comunque siamo rimasti insieme, comunque una casa ce l’abbiamo, comunque non rischiamo il posto. Il punto è se ci sia un momento della vita in cui la privazione della libertà per salvare la pelle risulti meno sostenibile di un altro. Ognuno può accampare i diritti che vuole e dimostrare al mondo di avere il più adeguato registro di autocontrollo in linea con le proprie corde. Per un ragazzo tre mesi sono tantissimi: tre mesi di sedici anni sono l’uno e mezzo per cento, molti di più per quelli che fanno iniziare la propria vita dopo l’esame di terza media. Non pensavo, ma mia figlia sta tenendo botta. Anzi, l’esperienza di convivenza estrema con noi adulti ha migliorato la relazione reciproca. Malgrado trascorra gran parte della giornata senza farsi vedere, tra videolezioni e compiti e al telefono con le amiche del cuore, i momenti di convivialità sono costruttivi. Oggi abbiamo fatto un gioco: ho trovato un video con 100 brevissimi estratti di canzoni del decennio appena concluso e lei li ha indovinati tutti. È sempre stata un asso in questa sorta di musichiere. La cosa bella però è quando si rallegra di conoscere canzoni, ascoltate da me, che nessuno dei suoi compagni ha mai sentito nominare. Una sensazione che mi dà una bella lustratina all’ego. Che ci volete fare, io so accontentarmi.