parafulmine

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Sono così distante dal palco da dove parla il presidente che, visto da questa altura, mi sembra più piccolo di Dave Gahan al concerto del tour di Violator a cui ho assistito nel 90 dalla cima del terzo anello del Palaeur. Le parole raggiungono noi ultimi, che dovremmo essere beati secondo una vecchia teoria, con qualche secondo di ritardo per una consolidata legge dell’acustica. Il caso mi ha riservato il posto a fianco di uno dei miei eroi, quel tastierista dei Matia Bazar protagonista della loro svolta wave. Non l’avevo mai visto prima di persona. Nelle foto su Facebook – siamo amici virtuali da tempo – sembra altissimo e anche in sogno mi sovrasta di una ventina di centimetri abbondanti. Non rendergli omaggio mi sembra un’occasione sprecata e così ci mettiamo a scambiarci opinioni sulla storia di una delle band di cui forse conosco più particolari ed è molto strano. Voglio dire, ne so molto meno di Cure e New Order e non riesco a spiegargli il perché. Mi espongo anche elogiando il primo disco pubblicato dal gruppo dopo il suo allontanamento e, dall’espressione con cui si allontana, capisco di aver fatto una cazzata. Nel frattempo la speaker che ha introdotto il convegno democratico avvisa che c’è una invasione aliena in corso ed esorta le migliaia di persone convenute in quell’ampia radura a rientrare alle proprie abitazioni senza causare incidenti. Roba da matti. Vi sfido a mantenere la calma e a non trasformare un’esperienza onirica di facile gestione come quella in un incubo. A volte basta un respiro, un colpo di tosse, uno di quei rumori di assestamento che rilasciano i muri nelle ore notturne. Comunque riesco a svignarmela in fretta e quanto torno a casa è già domenica pomeriggio. Sento un peso sullo stomaco e mi accorgo di aver lasciato acceso l’interruttore che convoglia le ansie di milioni di studenti che non hanno studiato per il lunedì successivo. Come se non ne avessi già abbastanza di quelle dei miei alunni, anche se sono solo in seconda elementare, di quelle di mia figlia, che riesce a essere emotiva più di me, e delle mie di docente. Avere questo potere catalizzatore non è il massimo, per un padre che fa l’insegnante. Forse ho sbagliato lavoro, forse ho sbagliato missione e la sveglia non viene a risolvere la situazione.

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