covid 365

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Facebook mi segnala che la ricorrenza della prima e improvvisa serrata nazionale anti-pandemica coincide paradossalmente con il compleanno di un conoscente che, dopo aver contratto il coronavirus, non ce l’ha fatta. Si leggono in giro numerose testimonianze sui dodici mesi appena trascorsi e, in alcuni casi, ci sono state addirittura celebrazioni poco ortodosse, come quella – rigorosamente in streaming come tutte le altre – che ha avuto una madrina d’eccezione. La sosia ufficiale della soubrette Madonna è comparsa all’improvviso nella stanza da cui gli organizzatori della kermesse avevano stabilito avrebbe dovuto trasmettere il suo cameo. Il look scelto per l’occasione è stato quello del periodo con i capelli corti, per darvi le coordinate siamo in pieni anni ottanta e il video di riferimento è quello di “Papa Don’t Preach”. Un balletto da una manciata di minuti e poi una veloce intervista concordata con la produzione. Non si è trattato di un intermezzo musicale fuori luogo e nessuno ha mancato di rispetto a nessuno. Piuttosto un esempio di chi ha saputo, attraverso la resilienza, adattarsi ai vincoli imposti dalla gravità della situazione per sbarcare il lunario. Ma non sono stati solo i lavoratori dello spettacolo quelli travolti da una cosa più grande di loro. Il fatto è che nessuno avrebbe mai pensato di trovarsi, dodici mesi dopo, con il problema ancora parzialmente irrisolto. Ok, ci sono i vaccini e i governi di unità nazionale. Ma c’è anche gente che sta dando di matto e non sono l’unico a percepire un latente stato di follia collettiva. A scuola ci guardiamo ma, per scaramanzia, non diciamo nulla. Siamo giunti indenni al giro di boa del carnevale. Lo scorso anno c’eravamo salutati prima senza nemmeno terminare l’attività delle maschere e poi non ci eravamo più visti se non su Google Meet. Ma fuori è tutto diverso. Qualcuno è riuscito persino a vendere i diritti del suo blog e vedrà alcuni dei suoi racconti tradotti in una sorta di serie tv, una promozione di status esclusiva riservata a chi ha partecipato ai play off dell’anno precedente del campionato nazionale di mitomania. Se capitasse a me ho già pronta la musica per la sigla iniziale, sapete che le sigle sono piccoli capolavori all’interno di queste produzioni hollywoodiane e bisogna pensarci con attenzione. Io ho scelto “A Night Like This” dei The Cure. Il motivo? Si tratta di un disco che ho continuato ad ascoltare nel tempo malgrado ogni decennio che ha attraversato imponesse canoni estetici diversi, in alcuni casi antitetici. E poi, oggi, i generi musicali sono talmente mescolati che nulla stona più, a differenza di una volta. O forse è il contrario: siamo talmente immersi nella cultura liquida che c’è bisogno di aggrapparsi a un sostegno per non lasciarsi trascinare via dalla corrente.

 

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