ma i måneskin non potevano crescere con la trap come tutti i loro coetanei?

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Il complesso di inferiorità nei confronti della musica di matrice anglosassone-statunitense da parte degli italiani non si spiega. Non si tratta di rivalità perché inglesi e americani giocano un altro campionato. Un po’ come gli azzurri di rugby umiliati a ogni edizione del trofeo delle sei nazioni che si ostinano a partecipare o il pallosissimo basket locale che, per darsi una dignità, si riempie di mezze calzette statunitensi che nell’NBA non farebbero nemmeno le mascotte.

Eppure vinciamo a mani basse con i tenori del calibro de “Il Volo” o Bocelli e siamo i primi nel mondo in certi ambiti come il Rinascimento, il Futurismo e la canzone d’autore. Se poi vogliamo aggiungere la solita paternale retorica sulle eccellenze del made in italy tra vino, corruzione, frecce tricolori, gastronomia, pressapochismo, manifatturiero e moda possiamo completare il quadro. Eppure da sessant’anni cerchiamo di ritagliarci con inspiegabile ostinazione uno spazio nel rock anglo-americano senza risparmiarci in figure di merda. Capiamoci: non sto dicendo che non ci siano esperienze di rock italiano dignitose, ma non è rock. Piuttosto è, appunto, rock italiano. Per farvi capire, la pizza di Domino’s è una pietanza squisita ma non è una pizza. Piuttosto è, appunto, una pizza americana. Una questione di nome. L’insalata è un cosa. L’insalata russa è un’altra.

Il fatto è che il rock italiano (che, ripeto, non è un sottogenere del rock ma una cosa a sé), da quando le ultime due o tre generazioni preferiscono i videogiochi, i social, smanettare con i programmi di audio editing sul computer e PornHub anziché deprimersi di frustrazione suonando il rock italiano per diventare rockstar di rock italiano, è definitamente sparito dalla scena.

Quella del musicista alternativo che, fino alla fine degli anni 90, in Italia deteneva il monopolio del rock italiano, è una figura che ora non incarna più uno status in grado di esercitare un’attrazione sociale e sessuale per i coetanei e per i nostalgici del rock italiano precedente, per esempio i fan degli Area (anni 70) o dei CCCP (anni 80). Piuttosto incarna uno sfigato inconcludente sognatore di quella sinistra da concerto del primo maggio che perde tempo a smazzarsi l’inutile trafila per presentarsi tecnicamente o artisticamente preparato all’appuntamento con il successo.

Da quando l’attrazione per il virtuale ha soppiantato tutto il resto e assorbe le energie che, un tempo, si riversavano nello sport e nella dimensione socioculturale per così dire analogica, le cose sono cambiate e il prodotto delle turbe, delle frustrazioni, della voglia di emancipazione e della trasgressione è l’elaborato di strumenti digitali non necessariamente pensati per la musica con cui, comunque, si fa musica. Strumenti che permettono di fare musica molto più velocemente di prima. Attenzione: non sto dicendo che siano più facili da utilizzare. I prodotti di questi strumenti sono principalmente la musica pop da Youtube, il rap e la trap, l’indie nelle sue varie accezioni e poi una valanga di sottogeneri che vanno dalle parodie di brani famosi con testi dedicati ai videogiochi del momento, alle variazioni sui meme, alle partecipazioni ai talent e alle esibizioni su Tik Tok.

Da quasi ventiquattr’ore ovunque si grida al miracolo e si celebra il rock italiano e alternativo del complesso vincitore dell’ultimo festival di Sanremo, i Måneskin. Colpiscono il fatto che si tratti di una band di giovanissimi, oggi che le band non esistono più. Che si esibiscano con gli strumenti in mano, oggi in cui si deve avere il corpo libero da orpelli per poter ballare qualche danza riconducibile alla cultura latino-americana. Che abbiano i capelli lunghi, oggi che vanno di moda le zazzere, le creste e le rasature a zig zag. Che suonino rock italiano e alternativo, oggi che tutti i ragazzi della loro età propongono trap, rap, pop da Youtube o uno di quei sottogeneri a cui ho fatto cenno prima.

Il fatto è che il loro rock italiano e alternativo fa talmente cagare a spruzzo che, davvero, avrei ampiamente preferito che i Måneskin fossero cresciuti con la musica e le passioni che sono propri della loro generazione. La trap e il rap, tanto per iniziare. Avrei preferito che si fossero dedicati ai passatempi dei millennials. E, se proprio proprio destinati allo showbiz, avrei preferito che fossero diventati uno sferaebbasta qualsiasi, che al posto degli strumenti con cui si suona rock italiano e alternativo si fossero concentrati sulle coreografie reggaeton. Che, in caso di esibizione, avessero scelto di farlo in playback. E che, al posto di abiti così inappropriatamente da rock italiano e alternativo (perché fuorvianti), avessero indossato, in caso di esibizione in playback, una normale tuta da ginnastica come quelle che usano i ragazzi come loro, con le braghe strette al fondo. Se leggete di qualcuno che gioisce perché finalmente a Sanremo ha vinto il rock italiano e alternativo, quindi, mandatelo affanculo. Affanculo lui e i Måneskin.

3 pensieri su “ma i måneskin non potevano crescere con la trap come tutti i loro coetanei?

  1. Matteo

    Da quello che scrivi emerge solo una ignoranza, forse incolmabile, nei confronti del argomento.il rock italiano,come quello di tutto il mondo, dagli anni 60 ad oggi ha conosciuto gruppi di livello pari a quelli americani o anglosassoni.tutti gruppi di nicchia che non sono mai emersi solo perché per motivi economici le case discografiche hanno preferito investire sulla musica sfigata italiana.se poi vuoi parlare del rugby,se quegli eroici azzurri disposti a farsi umiliare al torneo delle sei nazioni pur di portare al attenzione degli italiani qualcosa di diverso dal solito calcio,avessero a dispozione la metà del budget di una qualsiasi squadra di calcio probabilmente il torneo delle sei nazioni lo avremmo vinto da un pezzo.

  2. plus1gmt

    Ciao Matteo, mi spiace che te la sia presa. In realtà sono pienamente d’accordo con te, ma probabilmente scrivo così male che ti è sembrato l’opposto.

  3. Anonimo

    PAROLE SANTE! Complimenti per il coraggio, oggi a criticare questi 4 modelli spacciati per rockers si rischia il linciaggio stile fan degli One Direction!

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