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I pranzi e le cene del lavoro cambiano molto a seconda del lavoro che fai. Io ne ho sperimentati fondamentalmente di tre tipi. Ho partecipato a business lunch – formali e casual – con manager e dirigenti di vario ranking nella catena di potere a corollario di eventi in cui occorre stare attenti un po’ a tutto. Se non fosse che si mangia e si gustano alcolici da intenditori è difficile dire che ci si diverte. Anzi, molto spesso alla prima occasione si cerca di levare le tende. Sono stato invitato quindi a pranzi di lavoro con gente del mio stesso rango in cui ci si può prendere qualche libertà – come bere birra a mezzogiorno – ma nell’insieme è sempre meglio trasmettere affidabilità perché non si sa mai cosa ci riserva il futuro. C’è anche la versione serale di questi momenti che però è molto pericolosa, può capitare che qualcuno alzi un po’ il gomito, venga voglia di limonare con la tua vicina di scrivania e il giorno dopo entrare in ufficio dà un effetto che è meglio evitare.

Agli antipodi di tutto ciò, da quando lavoro nella scuola mi è capitato di mangiare con colleghi insegnanti al netto delle volte in cui siamo di servizio in mensa, che comunque lo si può annoverare a un pranzo di lavoro a tutti gli effetti ma di tipo diverso. Anzi, per la mensa sarebbe bello che Alessandro Borghese ideasse un programma come “4 ristoranti” in cui mette a confronto 4 mense scolastiche per stabilire qual è quella in cui i piatti sono di migliore qualità. Da me non è male, ma ogni tanto sembra che il cuoco si impegni a fare i risotti o la pasta che non sanno di niente, e comunque Borghese potrebbe, anche in questa occasione, confermare o ribaltare la classifica con il suo voto. Mensa a parte, io intendevo il consumare pasti tra colleghi quando capita che hai lezione anche al pomeriggio o devi fermarti per finire di correggere qualcosa. L’atmosfera è molto più rilassata rispetto a chi lavora nel privato perché manca la competizione e nessuno ha il profilo LinkedIn da aggiornare.

La cosa strana è che l’estrazione di chi lavora nella scuola varia da docente a docente indipendentemente da quello che insegna ed è imprevedibile. Le conversazioni si alimentano di contributi estremamente difficili da intercettare. Anche i cavalli di battaglia come ferie, sindacato e pensioni sono sempre più desueti, segno che l’ambiente sta cambiando proprio come la nostra società. Il lockdown e la DAD hanno messo fortemente in crisi l’identità degli operatori della scuola con una ventata di modernità che ha messo a nudo l’obsolescenza di certe dinamiche su cui si fondavano alcuni presunti privilegi.

Al netto di tutto ciò, il centro del dibattito a un pranzo tra insegnanti è la qualità del cibo. Io ho diversi colleghi del sud che conoscono tutte le tavole calde e le trattorie della zona in cui rivivere, almeno con i sapori, i luoghi che hanno lasciato per uno stipendio da fame. Il Covid ha interrotto alcune di queste consuetudini conviviali, ma sono certo che riprenderemo, prima o poi. Ricordo che, ovunque ci recassimo, trovavamo sempre la tv accesa sui canali Mediaset. A me dava fastidio ma nessuno dei colleghi ha mai avuto da ridire. Forse il Tg5 e il Tg4 sono un’usanza tipica delle loro parti.

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