Festival di Sanremo 2023, le pagelle della prima serata

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Una delle cose più fastidiose dei festival condotti da Amadeus è che tutti i cantanti in gara lo chiamano Ama che si vede che lo fanno per passare l’idea che Amadeus metta chiunque a proprio agio, ma ai tempi in cui tutti si chiamano Amo’ sembra una pratica un po’ zarra. Io, se fossi in lui, chiederei a chi mi chiama Ama se abbiamo mai mangiato insieme o se sono stato il fidanzato di sua sorella.

Quest’anno il Festival è carico di aspettative perché la gestione Ama comincia a ripetersi da troppo tempo e questa reiterazione di una formula che funziona alla fine, lo sappiamo, smette improvvisamente di funzionare. Potrebbe avergli staccato la spina quel Blanco che, in una sola sera, è passato dai fasti della vittoria alla precedente edizione – una fama che lo ha portato persino a esibirsi di fronte a sua santità – al farsi prendere a fischi dal pubblico in sala per aver distrutto a calci un costoso addobbo floreale.

Il vero fuori programma è stato il supereroe Mattarella, comparso a inizio serata come a una prima della Scala qualsiasi per poi defilarsi non sappiamo quando, speriamo prima di quella scena patetica. Benigni lunghissimo sulla costituzione ma necessario – domani sentiremo tuonare qualche fratellista d’Italia – e l’inno italiano, in onore del capo dello stato, in piena restaurazione nazi-onalista melonifera.

Doveroso nominare la Ferragni, che dovrebbe essere imitata 24×7 dalla Guzzanti perché sembra la Guzzanti quando imitava Moana Pozzi, e il cameo di un Pelù destinato a vincere in ogni scenario la palma del più tamarro di tutti, a ex aequo con i suoi Bandidos.

Spero abbiate notato le sciure acchittate in modo inqualificabile dietro a Amadeus quando ha presentato i Pooh e converrete con me che gli stessi Pooh dovrebbero diminuire le tonalità dei loro brani, lo fanno gli U2 non vedo perché non dovrebbero farlo anche loro.  Facchinetti, nei momenti di panico in cui pensi che gli venga una sincope, ogni tanto fa un urletto come quelli che hanno la Tourette. Pallosissimo invece il monologo della Ferragni, e spero che non abbiano costretto Mattarella a sorbirsi quella roba. Dicono che si sia accomiatato molto prima.

Ecco allora qualche nota sulle canzoni in gara della prima serata.

Anna Oxa: si presenta sul palco con il rossetto sui denti, la canzone è una vera merda e ti chiedi che cazzo abbia da urlare. A me sembra che dica “portatemi i sali” ma potrei sbagliarmi. Con i capelli così sembra una maga di una storia di Paperon de Paperoni ma non la trovo in rete quindi stateci.
Gian-Maria De Filippi: è alto e secondo me vince lui. In quota a quelli che salutano alla fine il pubblico con grazie mille come quando la cassiera al supermercato ti fa lo sconto dei centesimi per non dare il resto in monetine.
Mister Rain sembra Jim Carrey che canta la milionesima canzone con quel giro di accordi. Un brano di una bruttezza devastante, lui è vestito da AB Normal che canta “Puttin’ on the ritz”. Nel testo dice che due gocce di pioggia salvano il mondo dalle nuvole, e ditemi voi che cazzo significa. Si porta sul palco un surrogato dell’Antoniano e fa piangere persino una bambina del coretto. Una merda. Anzi, meno che una merda.
Marco Mengoni: conciato come uno dei Village People, presenta una canzone banalissima come tutta la sua produzione a parte il capolavoro melodico/armonico che è “L’essenziale”. Poi questi pezzi che a metà partono con la cassa in quattro dopo esser stati delle lagne hanno rotto il cazzo.
Ariete: il pezzo è carino, lei è carina, lei è senza voce, non ha ancora fatto un percorso dal logopedista come auspicavo dopo averla sentita al primo maggio, nel pezzo manca qualcosina, mi sono segnato “Parlami d’amore” dei Negramaro ma non ricordo già più perché
Ultimo: si conferma l’ultimo tra tutti, nome omen quasi più degli zero assoluto, una merda assoluta e ultima
Coma_cose in versione “Me contro te”, mi è venuto un po’ di diabete.
Elodie: il pezzo si chiama come il voto che Pitchfork ha dato al disco dei Maneskin, è strano perché ha un ritornello brevissimo, le resta una piuma impigliata sul microfono. Vorrei metterle un voto alto ma non saprei quale e quanto e soprattutto dove, perché qui non li sto mica mettendo.
Poi non c’è due di Elodie senza i tre cuori di Gassmann, in quota agli inutili di Sanremo come un Zarrillo comune, quelli bellocci che cantano canzoni che, terminato il festival, non si sentono più e tra vent’anni li faranno vedere agli speciali sulle meteore.
Cugini di Campagna: onesta, forse la migliore al momento e mi preoccupa ammettere che nel 2023 io possa aver scritto che i Cugini di Campagna hanno una dignità. Si sente l’impronta “ciao ciao” della RDL. Peccato per loro, vestiti come dei teletubbies da sera che rendono tutto molto poco credibile. Belli però i synth a tracolla customizzati Fiorucci, ne fanno una specie di Devo da Canzonissima.
Grignani: non ho mai capito che problema avesse e non l’ho capito nemmeno stasera, anzi non si è capito proprio niente se non che c’entrava con suo papà. Potrebbe vincere, anzi, speriamo vinca lui, mette tenerezza.
Olly: lo vedi e non promette niente di buono. Sa di autotune e di tutta quella merda pop che ascoltano i miei alunni, la giacca rosa con la canotta sotto è qualcosa di osceno e negli acuti sembra Blanco prima del floricidio. Però, almeno, lui si comporta da uno umile.
Colla Zio: che tipi assurdi, canzone divertente quanto sembrano divertirsi loro e cioè un botto. Cioè, voglio dire, poteva andare molto peggio.
Mara Sattei me la ricordavo gnocca e #ineffetti sale sul palco seminuda. Il pezzo è di coso lì dei Maneskin il che, dopo il 2 di PItchfork, mi fa venire voglia di spegnere subito. Nella prima strofa non si capisce una parola ma forse perché è l’una e non capisco perché non comincino il festival alle sette di sera così uno può andare a dormire alle 23. Il brano è in quota cantanti brave con canzoni inutili, tipo Annalisa e, anni fa, Giorgia.

Finalmente posso andare a coricarmi.

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