filo di scozia

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In un articolo pubblicato sul mensile di settore Belle Époque, lo stilista australiano Josh Ebenezer Spalding ha collocato al quinto posto degli indicatori di benessere e qualità della vita i cassetti dei calzini provvisti di una luce a led tale da consentire la scelta la mattina quando fa ancora buio e, com’è naturale, sarebbe altrimenti difficile distinguere tra le paia nere e quelle blu notte. La sua intervista prosegue con un’accorata apologia della elasticità mentale di cui è ancora provvisto nonostante vada per gli ottanta. Quando l’ho letta, d’istinto ho mandato una e-mail alla redazione della rivista perché ci tenevo ad argomentare quanto il lavoro di noi insegnanti non scenda a compromessi, da quel punto di vista. Così ho cercato uno di quei tool online che servono per allestire in quattro e quattr’otto i diagrammi di flusso – avete presente? – perché una giornata come quella di ieri meritava ben più di un plauso di circostanza da parte di un sartucolo da strapazzo proveniente da un angolo del mondo in cui, a noi italiani, nessuno ha proprio nulla da insegnare se non come accudire animali dalle fattezze di topi giganteschi. Ho così collegato, lungo un articolato flusso di concatenazioni multi-lineari, cose come l’allestimento dell’auditorium per le prove dello spettacolo di musica, la stampa delle dime che mi occorrono per il progetto di stop-motion, un ritocco all’orario di alcuni specialisti, la ricezione alla consegna di materiale didattico che avevo ordinato su Amazon, i consueti aneddoti di cui mi beneficiano i colleghi nei corridoi e su per le scale (un fattore che rende la tempistica di ogni mio spostamento da un punto A a un punto B interno alla scuola imprevedibile) la scelta con il cuoco Matteo dei soggetti con cui illustrare le tovagliette della mensa in occasione del pranzo del giorno della pace, l’allestimento di un form sul Registro Elettronico per richiedere l’approvazione dei genitori all’uso di Canva per la scuola, una riunione con la Dirigente sull’organizzazione dei progetti legati al PNNR, tutto questo e molto altro spalmato nell’arco di una decine d’ore lavorative e a corollario delle attività scolastiche core business – passatemi il termine – e che hanno compreso lezioni frontali, lavori di gruppo, svolgimento e correzione di una verifica sulle frazioni dei numeri, l’avvio del progetto di stop-motion di cui sopra con conseguente spiegazione dell’attività e spartizione dei ruoli, per non parlare di Denis che dà i calci sotto al banco a Carmen e che Carmen – giustamente – gli restituisce, Simone che si mangia la gomma, Cecilia che si dimentica di una cosa nel giro di un paio di secondi, i problemi personali che è giusto che ci si confidi tra colleghi stretti e così via. Mogli e mariti degli insegnanti che si immolano al ministero dell’istruzione (merito giuro che non lo scriverò mai) sostengono che siamo degli insicuri che devono per forza rendersi indispensabili nei contesti in cui operano per ottenere l’approvazione altrui. Io, sinceramente, non lo so, ho chiesto alla redazione di Belle Époque un’opinione più strutturata.

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