magritte

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Non c’è cosa più surreale della guerra. Allo scoppio del conflitto tra Russia e Ucraina ne abbiamo parlato molto, in classe. Dell’attacco di Hamas e del conseguente assedio di Gaza da parte di Israele molto meno, probabilmente perché la questione palestinese è più complessa, ce l’abbiamo anche in casa e, anche tra adulti, si percepisce come qualcosa di trito e ritrito o comunque un conflitto che coinvolge, almeno da una parte, un popolo di straccioni e poco influenti in certi equilibri globali a meno di non mettersi alla guida di aerei di linea. Secondo me è stato più l’istinto che hanno i docenti a non ripetersi per non annoiare gli alunni. Le attività di sensibilizzazione ce le siamo bruciate tutte per Putin e Zelens’kyj e nessuno ha voglia di sbattersi a cercare materiale didattico sulla pace nel mondo diverso da quello già impiegato in precedenza. Ho una bambina egiziana, in classe, che da quello che ho visto sul profilo Facebook del papà proviene da una famiglia decisamente entusiasta della loro religione e delle tradizioni del paese di origine. Sfoggia il suo nome in arabo a fianco di quello in italiano sulle etichette dei quadernoni ricoperti dalle copertine colorate. So che ha partecipato alla manifestazione pro Palestina di qualche settimana fa, me lo ha detto lei il lunedì successivo al rientro a scuola. Giovedì scorso ho avviato una bella attività di arte dedicata a Magritte, un’artista che trovo banale e ampiamente sopravvalutato ma che fa impazzire i bambini. Dopo una presentazione generale della sua opera li ho messi alla prova. Dovevano disegnare su un foglio bianco A5 un oggetto a loro scelta, colorarlo, ritagliarlo e incollarlo su un cartoncino colorato corredato dalla celebre dichiarazione di intenti sulla differenza tra la realtà e la sua rappresentazione artistica: questa non è un pipa (e, a dirla tutta, nemmeno questo è un blog). Ho pregato la classe di non ritrarre palloni da calcio, maglie del Milan e di altre squadre, smartphone e altri gadget digitali, ma di limitarsi a oggetti come la pipa e di dare fiato alla creatività. Un orologio, una tazza, una mela, una sedia, cose così. Avete indovinato: la ragazzina egiziana ha disegnato la bandiera palestinese, e la didascalia sotto “Questa non è una bandiera” ha dato vita a un corto circuito di significati non da poco.

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