gli anni che finiscono con il numero sette

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Gli anni che finiscono con il numero sette sono piuttosto importanti e non me ne vogliano i fan di quelli che finiscono in otto come il sessantotto, per i motivi che sappiamo, o il quarantotto che avete studiato a scuola. Per non parlare di quelli che finiscono con il nove, a partire dall’ottantanove e dal celebre muro che è stato buttato giù, o addirittura gli anni che terminano con lo zero che non sai mai se occorre considerarli conclusivi del decennio precedente o all’inizio di quello nuovo. Ma quelli che finiscono con il numero sette sono molto importanti a partire dal settantasette perché, quest’anno, fanno cifra tonda e fanno tanto ricorrenza, è sufficiente fare un giro per i socialcosi per capire cosa intendo. C’è solo un problema. Siamo tutti stra-felici che il settantasette quest’anno fa quarant’anni perché il settantasette deve la sua celebrità a un long playing fondamentale per la storia del novecento che è appunto l’omonimo dei Talking Heads, con quel Psycho Killer che, ancora adesso, quando lo senti, ti accorgi che pezzi più moderni di quello ce ne sono stati veramente pochi. Poi il settantasette è stato anche il settantasette della cultura e della politica, con tutto quello che ne è conseguito per la società italiana nel bene e nel male. Quindi se dal settantasette e da Psycho Killer ci separano ben quarant’anni, dal sessantasette, altro anno piuttosto importante, di anni ne sono passati cinquanta, e provate a indovinare chi, nel sessantasette, ci è nato.

il futuro non è scritto e non è un modo di dire

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Il mio vicino di casa era una specie di punk, questo verso la fine dei 70 e rotti. Usciva di casa con i capelli rasati e il bomber blu sulle spalle, bretelle e  scarpe da tennis in pessime condizioni che se non fosse stato per quelle avresti detto che era uno skin, anche se allora gli skin erano punk come gli altri qui in Italia. Era una specie di punk e c’erano giorni in cui ascoltava con lo stereo musica punk e mi mettevo sul ballatoio che la mia famiglia condivideva con la sua per capire che musica fosse, perché sapevo del punk da trasmissioni come “Odeon – Tutto quanto fa spettacolo” che nel calderone del tutto quanto fa spettacolo e le prime tette in prime time aveva anche fatto passare un servizio sui Sex Pistols, che però del punk di strada e di quello che sarebbe diventato Oi aveva ben poco.

Lui però non ascoltava quella merda. Era più sul versante Jello Biafra e Ramones, e poi alcune band locali che i punk della zona seguivano come i Drull e i Total Crash. La sua famiglia era strana. Il fratello grande aveva i baffi e una pettinatura classica per i tempi, sembrava uscito da quelle foto che i barbieri appendevano sulle vetrine dei loro negozi. Giocava a tennis e gli piacevano le donne. Il minore invece aveva grosso modo la mia età e passavamo i pomeriggi a sparare palline di stucco con le cerbottane ai piccioni del cortile o ingaggiavamo battaglie con un vicino di fronte un po’ più grande di noi, coalizzandoci due contro uno. I vicini di sotto si lamentavano per le palline di stucco che, cadendo, sporcavano la biancheria stesa. Non era un nostro problema. Passavamo addirittura i momenti di tregua cercando i proiettili del nemico appiccicati sui vasi delle piante o sulla grondaia, che staccavamo e riutilizzavamo come materiale da lancio.

Mentre noi eravamo in piena pre-pubertà, insomma la nostra infanzia era agli sgoccioli, il fratello di mezzo, quello punk, si incontrava con quelli della sua ghenga in piazza Diaz, proprio sotto il colonnato del teatro. Nessuno passava di lì perché facevano paura, alcuni già si facevano di eroina e c’era sempre il rischio che qualcuno si facesse avanti per cercare la rissa, chiedere spiccioli, provocare i passanti. Io mi sentivo al sicuro solo se c’era il mio vicino mischiato nel gruppo e che sarebbe stato pronto a far desistere gli altri punk dall’importunarmi, i ragazzini come me erano bersagli facili. Poi una volta invece è successo e lui ha fatto finta di niente e così sono scappato. Ma se devo dir la verità, forse si tratta di un falso ricordo, una di quelle situazioni che a furia di figurartele poi passano gli anni e li confondi con i ricordi veri e propri.

Il problema era che praticamente tutti si facevano, quindi non potevi imputare a certi mentre ad altri no i comportanti deviati perché si deviava tutti insieme, era una società che andava dalla parte sbagliata e dico questo naturalmente a seconda del punto e del momento in cui la guardi. Oggi che siamo qui a premere pulsanti ci sembra tutta una follia collettiva. Ieri che era normale spararsi addosso no. E infatti non devono essere trascorsi nemmeno tanti anni che poi quel nucleo di irrequieti si è dissolto. I pochi più radicali degli altri sono diventati rudeboy a tutti gli effetti, qualcuno forse è dato per disperso ma la maggior parte ha scollinato verso la tossicodipendenza standard. L’eroina più importante della musica, della rivolta, del cazzeggio anarcoide, di tutto il resto.

I Total Crash avevano fatto poi da supporter ai Ramones e i Drull avevano pubblicato un paio di pezzi in una compilation di punk italiano. Tutto questo mentre il mio vicino di casa era stato mandato lontano dalla città e da Piazza Diaz come si faceva ai tempi, che non ho mai capito come potesse servire il semplice allontanare le persone dalle loro abitudini quando queste sono diffuse ovunque e facilmente ricostruibili indipendentemente dall’ubicazione geografica. In qualunque posto si poteva trovare eroina nel giro di un quarto d’ora. E una volta sparito dalla circolazione, erano passati più o meno due anni da quando facevamo le battaglie con la cerbottana, anche il fratello più giovane che era appunto quello che giocava con me aveva anche lui cominciato con la droga. Per non parlare del dirimpettaio, il nostro nemico comune delle battaglie da cortile, che poi a un certo punto era sparito, qualcuno diceva fosse finito in comunità. Ma capita che qualcuna di quelle facce conosciute si intravedano ancora. Non sempre il decorso dell’eroina è coinciso con l’epilogo peggiore, qualcuno si è salvato per un pelo, altri li incontri e non lo diresti mai. Il vicino ex punk ora è un normale padre di famiglia, ha la barba bianca, scende le scale di corsa come quando si precipitava a raggiungere gli altri in piazza, con le scarpe da tennis rotte e il bomber blu sulle spalle.