orsi o comunque animali molto grossi che si vedono in giro

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Uno dei passaggi chiave per sopravvivere all’attacco di un orso è fare il morto ed è una tecnica che vi consiglio anche per gestire certe crisi nei rapporti interpersonali, al lavoro nella coppia o con gli amici. Al cospetto di certi accanimenti perché reagire? Ma se Google vi ha portato qui perché avete un orso che vi vuole fare la festa sappiate che questo è un blog che usa spesso la metafora come storytelling dell’esistenza umana, quindi provate qui. Non avete cambiato canale? Bene, continuiamo.

Una via di mezzo consiste nel fare finta di dormire, comunque meno drastico della morte finta e se magari gli animali da premio oscar non se la bevono gli scocciatori sul treno o i più delicati che non vogliono mai disturbare vedrete che ci penseranno due volte prima di strapparvi ai vostri sogni. Per chiudere il cerchio vi assicuro che siamo in tanti che, svegliati nel punto di non ritorno di una pennichella, ci trasformiamo in bestie feroci e siamo pronti ad attaccare indipendentemente dal fatto che ci fingiamo morti o dormienti.

Non simuliamo assopimento invece al lavoro. La noia postprandiale ci sorprende e ci cola come liquido denso sulle palpebre chiudendocele nel bel mezzo di un testo in progress su Word generando quegli effetti da gatto su tastiera del PC tipo questooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooo fino a quando hai uno scossone e vedi i colleghi giovani che ridacchiano di te anziano che lavori con il duepuntozero e tu che invece sognavi Stefania che ti diceva che avevi vinto il concorso pubblico o il settantenne con i capelli tinti e i mocassini rossi senza calze che ti supera in autostrada sulla Citroen DS Cabriolet blu diretto al raduno brianzolo delle auto d’epoca o, peggio di tutti, Max che ti dice che di produrre operazioni discografiche commerciali frutto delle tue idee non se ne parla nemmeno.

Ieri invece tornando da Genova non ho rischiato nessun colpo di sonno, in compenso, perché ho avuto diversi spunti di riflessione dopo lo splendido weekend passato con i miei migliori amici. Ho incontrato Omar che era fuggito dalla Siria nei primi anni 90 e mi sono chiesto come vedesse oggi tutto il putiferio della civiltà orientale che cerca di annientare quella dei campioni del pallone occidentali con le sopracciglia disegnate e le pettinature da tamarri. Ho visto anche Tindi che non lo incontravo almeno dal 1998 e che è stato l’unico vero maestro di jazz che abbia mai avuto. Ma soprattutto Marco Formento, l’unico che cito per cognome, che è stato il mio primo datore di lavoro, il primo e l’unico che mi abbia più o meno lasciato a casa a suo modo e di certo il primo di cui faccio nome e cognome qui e non chiedetemi il perché anzi sì, vorrei mi spiegasse lui il perché aveva deciso di farlo. Ciao Marco.