scatto alla risposta

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I film epocali, quelli che quando sono usciti hanno fatto la storia del cinema o per lo meno il pienone ai botteghini, bisognerebbe averli visti al clou del loro successo perché, a distanza di decenni, è facile che perdano un po’ del loro smalto e non solo se si tratta di storie sul futuro o distopiche, pensate a quante volte ci siamo detti che Spazio 1999 o Kubrick eccetera eccetera. Ci sono film poi considerati pietre miliari magari perché realizzati con tecniche che poi hanno fatto scuola negli anni successivi e quindi oggi in cui con gli effetti virtuali si fanno le cose quasi meglio che dal vero è sufficiente vederli con gli occhi della riconoscenza. Io che sono un recidivo recensore di film senza averli visti – appartengo alla corrente dei critici pregiudiziali – avrei così dovuto seguire “Matrix” qualche sera fa mentre lo vedeva mia figlia, tenendo conto che non l’avevo nemmeno visto ai tempi. Ma poi due chiacchiere, una controllatina ai socialcosi sullo smartphone, un’occhiatina allo schermo della tele senza trovare elementi rassicuranti a cui rivolgere l’interesse, fatto sta che anche in questa che probabilmente è stata l’ultima occasione in cui avrei potuto rimediare, alla fine ne ho subito solo il chiasso degli effetti speciali, qualche conversazione difficile da comprendere senza aver seguito la storia e un paio di canzoni di successo nel 1999 o giù di lì che, comunque, ho riascoltato con la tenerezza che muovono le cose che sono state innovative un tempo ma che oggi sembrano a tutti gli effetti oggetti di antiquariato. E, a proposito di ferrivecchi, mi è stato fatto notare che un modello di telefono in dotazione agli attori di Matrix era lo stesso che utilizzavo io. Da qualche parte, in cantina, devo avere ancora il Nokia 7110 con cui ci si poteva persino connettere a Internet attraverso il WAP, funzionalità che non ho mai sfruttato e non saprei dirvi il motivo, probabilmente perché non avrei saputo cosa cercare da visualizzare su un display che, pur più grande degli standard, consentiva esperienze all’utente piuttosto approssimative. Era un telefono per chiamare, ricevere e mandare sms e niente di più, come tutti i dispositivi dei tempi. Ero riuscito però a caricare come suoneria una versione a beep beep dell’Internazionale che quanto squillava in pubblico mi inorgogliva come un idiota ogni volta. Ma la caratteristica principale del 7110 era lo slider a scatto che scopriva la tastiera con una tecnica davvero avveniristica e molto scenica, per questo è stato scelto per il film, anche se in Matrix si vede il suo predecessore che è quasi uguale, l’8110. Il meccanismo a molla dello slider, che avviava e interrompeva le telefonate, manco a dirlo è stata la prima cosa a rompersi quando l’ho fatto cadere. Una volta il Nokia 7110 me l’hanno pure rubato ma me ne sono accorto subito e, non ci crederete, sono riuscito a essere abbastanza convincente da farmelo restituire solo a parole, probabilmente perché era il 2001 e, come modello, era già stato ampiamente superato.

lo stesso tono, ripetuto

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Solo una nota: inutile dire che il clamore dello scivolone di Monti, che poi scivolone non è, mi fa sorridere perché siamo alle solite. Si prende la battuta e la si decontestualizza. E non venite a dirmi che sono di parte, che quando gli scagnozzi di quello che c’era prima speculavano filosoficamente sulle sue, di battute, era lo stesso identico modo di comportarsi che hanno quelli che, come me, minimizzano. “I giovani devono abituarsi al fatto che non avranno un posto fisso per tutta la vita. Del resto, che monotonia un posto fisso per tutta la vita, è più bello cambiare e avere delle sfide, purché siano in condizioni accettabili. E questo vuol dire che bisogna tutelare un po’ meno chi oggi è ipertutelato, e tutelare un po’ di più chi oggi è quasi schiavo nel mercato del lavoro o proprio non riesce a entrarci”. Queste sono le parole di Monti. Ora, la situazione la conosciamo tutti. In un mondo ideale uno fa il lavoro che vuole cambiando quando vuole, oggi a malapena se ne trova uno. Lo scenario ipotizzato nella frase incriminata necessita di una predisposizione alla flessibilità solo se consentita da come vanno le cose, nessuno dà dello sfigato – tanto per rimanere in tema di strumentalizzazione – a chi non trova alternative al proprio posto di lavoro che magari occupa da dieci anni, tantomeno trapela un dileggio a tutto il resto della popolazione occupata a progetto e a quella che il lavoro non ce l’ha. Quella frase condizionale introdotta dal purché spiega tutto quanto espresso prima. Ma il caso non avrebbe fatto altrettanto notizia, non sarebbe stato degno nemmeno di una sola nota.

i videomessaggi li fanno i dittatori, gli alieni e i Simpson

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Decisamente una situazione in cui non stare, Matrix. Ecco perché Severgnini abbandona il talk show, su Il Post le ragioni nell’intervista a Le invasioni barbariche (io avrei abbandonato pure quella).