cosa aspetti a baciarmi, vol. 2

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Grazie per avermi dato del gentiluomo, ammetto senza falsa modestia di aver fatto della gentilezza una mia ragione di vita. Grazie anche per aver agito d’impulso proprio come me, quando ci siamo spostati di lato all’unisono nemmeno fossimo una coppia di olimpionici del situazionismo sincronizzato. Mi stavo infilando a una velocità piuttosto sostenuta nell’unico posto macchina libero del parcheggio e mi è venuto l’istinto di muovere il busto come quando si vuole evitare di prendere dentro l’angolo del tavolo correndo, senza pensare che c’è l’auto intorno a noi che al massimo si sfracella sul paraurti di quella a fianco. Così ti confesso che non è la prima volta che mi succede, che ho già provato altrove a chinarmi come per mettere al riparo la testa dallo stipite se transito sotto un ponte, come se la macchina, così facendo, ci passasse più agevolmente, una sorta di sinapsi vivente nella mente di un’utilitaria da quattro soldi. Giustamente mi fai notare che si trovano in natura esempi di gente che inclina il corpo per favorire il comando impartito, per esempio spostando il proprio peso nelle curve nelle gare di go-kart o con i catamarani. Non voglio avere l’ultima parola e sempre secondo la mia idea di cavalleria comportamentale preferisco non metterti al corrente di quella volta in cui, con l’istruttore di guida a fianco, per muovere la Renault 5 di un mezzo metro in avanti mi venne spontaneo dare spintoni con il corpo mentre ero seduto con il volante in mano, in folle e a motore spento. Così, avvolti dal silenzio che c’è fuori, prima di scendere mi chiedi di farti sentire la cassetta di Wish e di cercare quella traccia che parla di fiducia reciproca, che per me equivale a una dichiarazione d’amore.