Raffaele non capisce che a me più dei gusti sessuali della gente, più delle opinioni politiche degli individui, più di ciò che pensano le persone di questo o di quello, da sempre il mio obiettivo ĆØ comprendere come si sviluppano le varie inclinazioni verso un genere musicale rispetto a un altro. PerchĆ© lui per esempio si accontenta di quello che passa il convento ancheĀ se non c’ĆØ nulla di ascetico nei network radiofonici commerciali che ascolta mentre gira in auto in lungo e in largo per lavoro. Per questo non riesco a dare la giusta importanza al suo turbamento. Si ĆØ intestardito con una ragazza che si intestardisce a chiamare ragazza ma allora il problema ĆØ che alla nostra etĆ a trentaquattro anni siamo ancora ragazzi. Io ne ho cinquanta e indosso una t-shirt degli Smiths. Voi come direste? Di lei, non di me, che resto un cretinetti. Una donna? Non so, secondo Raffaele probabilmente le donne sono quelle nei film. Rita Hayworth. Ingrid Bergman. Comunque da qualche settimana – ufficialmente, mentre ufficiosamente dall’inverno 2015 – non fa altro che dire che un giorno potrebbe sposarla, questa ragazza dell’83. Io nell’83 mettevo cose come “Shock the monkey” o “Wot!” di Captain Sensible nel juke-box dei Bagni Nilo, non vi dico come reagivo quando c’era qualcuna in topless (non biasimatemi, avevo sedici anni) e non pensavo che potesse nascere qualcuno che un giorno avrebbe avuto sedici anni in meno di me. Lei ho visto che sul telefono ha qualcosa dei Rolling Stones ma non riesco a entrare nei dettagli, non mi va di fissare i dispositivi personali altrui soprattutto delle donne, pardon, delle ragazze dell’83. Raffaele cosƬ la tira per le lunghe con il corteggiamento su Facebook e i messaggi via Whatsapp ma questo ibrido tra romanticismo di una volta e immediatezza della comunicazione genera un mostro che poi prosciuga ogni tipo di relazione: si resta sconosciuti a letto, si diventa molto intimi intellettualmente. Gli adulti non dovrebbero comportarsi cosƬ, ma chi ha inventato l’Internet e la possibilitĆ di impostare relazioni virtuali prima che fisiche non ha tenuto conto che ci sono anche quelli un po’ timidi che amano sedersi al centro della loro confort zone e inviare i propri sentimenti in differita. CosƬ ho detto a Raffaele che avrei pubblicato per lui un appello qui, e scusate l’uso personale del mezzo: “ha detto Raffaele di dirti di farti avanti tu”. Grazie. p.s. se hai una risposta in privato per lui scrivimi pure, posso continuare a farvi da tramite, la cosa non mi dispiace nemmeno e mi offre spunti narrativi.
rapporti interpersonali
cose da fare quando calano gli ascolti
StandardCāĆØ chi sostiene che il bello di vivere nelle metropoli siaĀ la bassa probabilitĆ di incontrare le stesse persone con continuitĆ , un plus non da poco considerando che di routine ne abbiamo fin troppe. Si tratta di una filosofia ā se vogliamo chiamarla cosƬ ā che scaturisce dalla nostra attitudine a osservare le facce delle persone, ricordarsele, osservarle una seconda, terza e quarta volta per confermare la veridicitĆ di questa teoria strampalata. Un approccio che può essere pericoloso perchĆ© ti fa venire voglia di far parlare i visi che si passano in rassegna e quandoĀ inizi con questa storia delle conversazioni non ne esci più. Oggi parliamo di meno, forse parliamo più al telefono, ma in genere siamo molto più concentrati su noi stessi. Ci rivolgiamo al nostro interno che non ĆØ fatto solo di corpo, mente, anima, coscienza o come diamine la vogliamo chiamare. Abbiamo aggiunto una componente digitale alla nostra natura che teniamo tra le dita, in mano, appoggiata sulle ginocchia quando siamo seduti, con diramazioni nelle cavitĆ auricolari, ricca di colori e di suoni, piena di cose da leggere, contemplare, osservare, imparare o dimenticare, condividere, suggerire, commentare, riflettere. Viviamo con un serbatoio di emozioni sempre al nostro fianco, a volte si scarica ma ci siamo organizzati per non rimanere mai allāasciutto e che ĆØ strutturato come la nostra mente ma molto più semplice da usare, esercitare, aumentare di capacitĆ , formattare o cancellarne le parti meno usate. Prendiamo da lƬ le stesse cose che vediamo nelle facce della gente, che ĆØ sempre diversa (soprattutto se viviamo nella metropoli) e come la vastitĆ dellāInternet che abitiamo non ci annoia mai, almeno finchĆ© la gente non parla perchĆ©, a onor del vero, il rischio cāĆØ e le persone non si possono certo liquidare come unāapplicazione qualunque da cui si esce e chi si ĆØ visto si ĆØ visto. Immagino che avrete capito dove voglio arrivare. Domani si inaugura il āSemestre mondiale della conversazioneā che, per la prima volta dal dopoguerra, ĆØ guidato proprio dallāItalia. Nelle cittĆ , nelle campagne, allāaperto o al chiuso, in luoghi silenziosi o caotici, il nostro dovere per i prossimi sei mesi sarĆ quello di ascoltare e raccontare, dire e tacere per sentire, far domande e valutare risposte, consolare e chiedere aiuto, sperare e ottenere conferme, convincere e lasciare che qualcuno insista per farci cambiare idea. Non ĆØ detto che al termine del semestre tutto torni come prima con i nostri sguardi silenziosi nel vuoto a scavarci dentro per raschiare il fondo di quello che proviamo e delle parole che abbiamo messo da parte a supporto. Prima o poi finiscono anche quelle, ci vuole linfa nuova e vitale. Provate a chiederla a qualcuno, non ve ne pentirete.
individui a cinque stelle
StandardL’Internet non sarĆ mai abbastanza utile fino a quando non ci sarĆ la possibilitĆ di recensire le persone come su Trip Advisor, e non mi riferisco agli endorsement sulle qualitĆ professionali di questo e quello che mettiamo ai nostri colleghi su LinkedIn, che per la maggior parte sono finti come i filtri di Instagram e mirano a metterci in bella luce con il nostro datore di lavoro. Diciamo piuttosto una specie di LinkedIn basato sul privato dove possiamo valutare carattere, disponibilitĆ , personalitĆ , modi di fare, educazione sia nel senso di istruzione che di buone maniere e magari aggiungere recensioni. “Simpatico come una merda nel letto”, direbbe mia nonna buonanima. “Piacevole, sa stare al suo posto e interviene nelle discussioni solo se ha qualcosa di intelligente da dire”, questa l’ho scritta per me, naturalmente. “Un cagaminchia come non se ne vedevano da anni”. “Borioso e pedante, evitate di invitarlo a cena o, se vi capita, fingete un attacco di dissenteria e passate il resto della serata in bagno, molto meglio”. “Scopa da dio ma ascolta musica veramente di merda”. “Sono stata a casa sua, ci sono peli di gatto da tutte le parti e non ha nemmeno l’abbonamento a Sky”. “Guida come un pazzo, non fatevi riaccompagnare a casa ma chiamate un taxi o va bene anche Uber”. “Fa di tutto per evitare di parlare di politica”. “Buono come il pane ma non chiedetegli di comprarvi una birra industriale al supermercato”. Insomma, il divertimento per il futuro potrebbe essere questo: segnarsi tutti i commenti su ristoranti e alberghi che trovate quando andate in giro e immaginarli rivolti a gente in carne ed ossa e chissĆ se cosƬ potremmo imparare qualcosa di più sia sul settore dell’ospitalitĆ che sul genere umano.
raccontatemi anche voi il vostro primo appuntamento
StandardViola ha la massima cintura di un’arte marziale dal nome impronunciabile e che vi sfido a capire se ha radici cinesi o giapponesi. Avere ristoranti che propongono sintesi gastronomiche delle due principali potenze economiche dell’est nello stesso menu ha ulteriormente rimescolato le carte per noi suprematisti occidentali, che vediamo negli occhi a mandorla un’unica provincia nemmeno tanto grande, in cui ci si sfonda di cibo senza limiti a undici euro o poco più. Se volete invitare Viola a uscire vi consiglio allora piuttosto una pizza, cosƬ non correte il rischio di sbagliare, ma comunque informatevi prima per non fare brutte figure e guastare a priori un futuro insieme. Potete evitare anche di proporre un innocuo cinema se non vi piacciono le donne con gli addominali più marcati dei vostri o, in genere, se nutrite il desiderio di vedervi con una tanto per fare qualcosa perchĆ© con Viola prendereste una cantonata, fidatevi.
Elvio voleva solo parlare con qualcuno e pubblicava su Facebook segnali d’allarme di profonda solitudine del tipo “nessuno vi farĆ mai domande come quelle a cui vi date risposta da soli”. Per il resto si faceva bello con le sue qualitĆ intellettuali. Viola invece ĆØ separata e insegna matematica, tutt’ora ĆØ cosƬ e non vi deve sorprendere se ho usato il tempo presente anzichĆ© l’imperfetto, ma torniamo a come sono andate le cose. “Una laurea di quel tipoĀ non ti ha insegnato a risolvere i problemi”, le avevaĀ scritto Elvio in chat con una serie di facce sorridenti per evitare ogni rischio di fraintendimento. Vi ĆØ chiaro il doppio senso problemi -> geometria? Possiamo continuare il racconto? PerchĆ© se devi spiegare una battuta significa che non fa ridere, si dice cosƬ. Elvio e Viola si conoscevano comunque da tantissimi anni perchĆ© in certi paesoni dalle frequentazioni ridotte si tratta di uno standard relazionale. Ā Si erano giĆ baciati con la lingua seduti sui gradoni roventi di un teatro all’aperto in estate durante un concerto gratuito come fanno le persone adulte. Erano appena stati testimoni dell’inizio di una bellissima storia d’amore: due sconosciuti, entrambi soli e in attesa dell’inizio della musica, si erano sorprendentemente scoperti lettori dello stesso romanzo ingannando il tempo con la stessa edizione delĀ libro in mano, cercando di farsi notare in qualitĆ di persone interessanti che non sprecano minuti preziosi, come invece fa la massa a spippolare sullo smartcoso.
Un po’ invidiosi di quella storia dalla trama da commedia americana, alla fine si erano arresi reciprocamente a diverse circostanze. Un paio di baci comunque da piena sufficienza ma poi l’assalto delle zanzare e i vapori di Autan avevano preso il sopravvento, l’estate nei dintorni di Milano può essere fatale, da questo punto di vista. Io ho visto persino cantanti scappare dalle luci del palcoscenico sopraffatti dalle punture, che poi ho letto che tutti sono morsicati e non c’entra il sangue dolce o amaro, ĆØ che ad alcuni le punture non fanno reazione e prurito e quindi non si accorgono. Elvio, che al massimo si dĆ le manate per tentare di schiacciarle, aveva quindi telefonato a distanza di qualche settimana a Viola e nemmeno un’ora dopo erano giĆ davanti a un long drink fin troppo sovradimensionato per l’abbattimento reciproco dei freni inibitori, questa volta al chiuso e con l’aria condizionata per non rischiare inutilmente. Forse era tutta questa luciditĆ – a cui sto facendo di tutto per adattare lo stile del racconto, spero apprezziate il tentativo – che avevo spinto Viola a dirgliĀ che non ĆØ che fosse poi cosƬ innamorata, e lui non aveva saputo valutare, oltre all’entitĆ del costo delle consumazioni, se tale attestazione di sinceritĆ comportasse una prospettiva vantaggiosa o meno nel medio periodo.
avere fegato e conservarlo con cura
StandardQui sotto ieri ĆØ successo il finimondo ma, dalle finestre dell’ufficio, non siamo riusciti a capire bene le dinamiche dell’accaduto. C’era una volante della Polizia ferma e con le sirene spiegate, un livello di gravitĆ Ā a causa del quale mi sono permesso di interrompere una riunione per dare un’occhiata. C’era un uomo bloccato a terra dagli agenti, mi ĆØ sembrato di veder volare qualche colpo di avvertimento e qualche strattone a danno del presunto malintenzionato. C’erano passanti in sosta a curiosare come me, del resto, e un’auto sfasciata sul davanti poco più in lĆ a bloccare la via in cui si stava svolgendo la colluttazione.
Sono passato di lƬ poco dopo per capire meglio con una scusa – nel senso che la scusa l’ho raccontata a me stesso per non auto-ammettere che anch’io sono un degno membro della categoria umana dei voyeur da tragedia altrui e cosƬ mi sono detto di fare un salto al supermercato più avanti per far finta che fosse una casualitĆ – e da vicino la situazione era altrettanto incomprensibile. Era trascorsa qualche ora ma gli agenti erano ancora lƬ a effettuare rilievi e compilare moduli, l’auto incidentata parcheggiata a lato con le quattro frecce ancora attive (fate ciao alla batteria, anche se in un dramma di questa entitĆ non ĆØ certo ai primi posti delle prioritĆ ) e i testimoni in piedi a osservare gli sviluppi della vicenda, malgrado tutto stesse volgendo al termine. In quell’istante ho pensato a quanto ormai assomigliamo alle faccine che postiamo a corollario dei nostri scambi di messaggistica su Whatsapp e c’ĆØ da chiedersi se siano state disegnate cosƬ su modello delle nostre espressioni o viceversa, un po’ come quando pronunciamo parole come se fossero hashtag, o diciamo LOL anzichĆ© ridere o, in generale, mescoliamo i due piani della conversazione, quella in diretta a cui partecipiamo in carne e ossa o quella in differita con i dispositivi tecnologici. La gente stava a guardare i rimasugli di un fattaccio di cronaca, di cui comunque non ho trovato traccia alcuna nei quotidiani locali, con quella faccina con gli occhioni spaventati che, quando qualcuno la usa e la riceviamo in risposta, subito prende le sembianze del nostro interlocutore e anche a noi, per una sorta di processo simbiotico, ci viene subito da tirare su la pelle della fronte e le sopracciglia un po’ di lato per posizionarciĀ sulla stessa lunghezza d’onda.
La mia personale interpretazione dell’accaduto, a seguito di un banale due più due tra quello che ho visto e ciò a cui mi inducono i pregiudizi di cui sono intriso, ĆØ che un sudamericano ubriaco ha tentato di sfuggire a una pattuglia e nel dedalo delle corsie e dei controviali che delimitano la piazza qui sotto si ĆØ schiantato da qualche parte, quindi ha tentato la fuga di corsa senza successo ma prendendo a male parole gli agenti e meritandosi il trattamento completo. Per questo ieri sera, quando sono rientrato a casa, mi sono chiesto davanti a un bicchiere di birra quanto bere alcolici faccia male o meno. A quanto deve ammontare lo storico di alcolici di una persona per rientrare nella casistica degli alcolizzati. Nel mio piccolo ho due casi in famiglia alla cui morte ha dato sicuramente una mano il loro vissuto etilico, e mi preme precisare che uno dei due aveva gli stessi cinquant’anni a cui mi sto avvicinando precipitosamente, un traguardo che taglierò (o almeno spero di tagliare) tra venti giorni spaccati. Mia mamma, che ĆØ anche la zia dell’esempio di cirrosi epatica che vi ho riportato poc’anzi e che di anni ne ha trenta esatti più di me, mi dice che non c’ĆØ nessuna differenza, che lei si sente sempre la stessa di quando era una ragazzina almeno fino a quando non si osserva allo specchio e scopre una vecchia. Per questo, secondo me, ĆØ importante controllare le differenze causate grazie all’etĆ ogni giorno nel proprio riflesso, cosƬ diventare anziani sembrerĆ più un’abitudine che una condanna. Io al momento invece mi guardo, spalanco la bocca e penso a quanto sia facile entrare nel corpo di una persona, quante vie di accesso ci siano (doppi sensi a parte) al nostroĀ interno e mi sembra che apparati, organi, tessuti e persino cellule siano alla portata di mano molto più di quanto possiamo immaginare.
non possiamo certo essere amici, nƩ oggi nƩ allora
Standard“Sei mia” la canta Riccardo ad Amici ed ĆØ veramente una canzone di merda. Ieri l’hanno interpretata tre ragazzetti tamarrissimi sul treno, una aveva giĆ gli shorts di jeans e mi chiedo cosa indosserĆ a luglio, sapete che per me le stagioni sono una questione di calendario e al 31 marzo, caldo o non caldo, ci vuole ancora la maglia della salute. C’era un signore seduto di fronte a me che era infastidito dal fatto che i ragazzi tamarrissimi la cantassero, con la base suonata a palla sul telefonino, e dal casino inappropriato per un luogo pubblico che facevano. Io no. Stavo leggendo ma non mi ha disturbato il baccano. Mi ha disturbato la musica di merda che sono stato costretto ad ascoltare, la pessima qualitĆ a cui sono stato esposto. Il mio compagno di viaggio si ĆØ voltato e ha chiesto ai ragazzetti tamarrissimi se, secondo loro, non stessero esagerando, una domanda retorica che non ha avuto risposta alcuna se non la reiterazione del messaggio. Io invece mi sono voltato verso di te e ho detto proprio “che musica di merda”, ma il problema ĆØ che tu non c’eri. Pensavo avessi cambiato facoltĆ , o cambiato orari, o cambiato cittĆ di partenza, o cambiato cittĆ di destinazione. Invece ti sei rotta un piede e l’ho notato solo poco prima, quando ormai non potevo più tornare indietro per chiederti come fosse successo e cosƬ abbiamo viaggiato in due carrozze distanti e distinte. Peccato, perchĆ© l’occasione non era male, anzi. Fa il paio con quella volta in cui non mi sono fermato per darti uno strappo in auto quando pioveva e ti ho superato mentre camminavi senza ombrello. Ora però potrò unire le due cose: al vederti zoppicare sotto l’acqua e riparata solo dal cappuccio del parka sicuramente non mi tirerò indietro, preparerò anzi le cose affinchĆ© la colonna sonora sia più appropriata.
scrivere con la sicura
StandardLa cosiddetta comunicazione in differita ha da sempre un’aura di romanticismo e non a caso ĆØ utilizzata abbondantemente da chi si caga sotto a dire le cose in tempo reale ai diretti interessati. Si tratta di un fenomeno vecchio tanto quanto le incisioni rupestri e consiste appunto nella mediazione delle cose da dire grazie a un canale di trasmissione che le raccoglie e le rende più o meno durevoli nel tempo. Una grotta, una tavoletta incisa con uno stilo, una pergamena, una stampa a caratteri mobili, una missiva, un affresco, due fogli in una macchina da scrivere con la carta carbone in mezzo, una stampante ad aghi, una stampante digitale, un SMS, un blog e Snapchat, tanto per condensare in un paio di righe migliaia di anni di struggimenti dell’homo sapiens ma pÄvÄdus. Proviamo a vederla quindi dal punto di vista opposto: quanto si ĆØ evoluta la civiltĆ proprio grazie agli uomini che si sono ingegnati a trovare modi per far sapere agli altri le cose mentre non ci sono, in modo da evitare possibili brutte figure, rifiuti, delusioni oppure in generale levarsi dall’imbarazzo?
Non c’ĆØ nulla di male a comportarsi cosƬ, anzi alcuni la definiscono persino arte. Il problema sorge quando si utilizzano i suddetti canali di comunicazione in differita in non lucidissime condizioni, per esempio fortemente stressati o fiaccati dalla disperazione oppure fuori di sĆ© dalla rabbia o anche solo semplicemente nell’euforia dell’alcol, perchĆ© la parola (o la sua rappresentazione visiva) lasciata nero su bianco all’interpretazione del destinatario (c’ĆØ un celebre motto suppongo millenario che evidenzia proprio il gap in termini di gravitĆ tra la leggerezza della parola pronunciata e l’irrimediabile pesantezza di quella scritta e delle conseguenze che causa il fatto che resti), dicevo che la parola lasciata nero su bianco all’interpretazione del destinatario ne raddoppia se non triplica la forza, per questo dev’essere ben ponderata a priori e non abbandonata alla mercĆ© del destinatario senza prima una valutazione sulle sue conseguenze.
Per questo motivo bisognerebbe che esistessero dei modi per impedire ai suddetti canali di comunicazione in differita di funzionare quando la persona che si accinge ad usarli può potenzialmente causare danni. Una sorta di sicura che fa sƬ che telefoni, computer, ma anche penne o spray per scritte sui muri non si attivassero per esempio percependo al contatto con le dita della persona il suo stato confusionale o anche valori come la percentuale di birra nelle vene, come un banale palloncino delle forze dell’ordine un sabato sera qualunque. Come la protezione che hanno certi flaconi grazie alla quale possiamo tenere alla larga i nostri figli da veleni, medicinali e detersivi. Per dire, io e il mio amico Marco abbiamo trascorso insieme alcuni ultimi dell’anno durante i quali ci siamo imposti di mandare i tradizionali auguri via messaggio molte ore prima della mezzanotte, in modo da evitare l’invio di corbellerie o parole compromettenti nei momenti meno adatti a questo genere di cose, sapete come vanno certe celebrazioni in cui alla fine si beve senza ritegno. Ecco: come non ci si dovrebbe mettere alla guida dopo un tot di bicchieri, allo stesso modo ĆØ sconsigliato scrivere cose quando non si ĆØ in grado di ragionare, punto e basta. E anche post come questo, vedete, uno dovrebbe scriverli solo se perfettamente lucido.
siete tutte cosƬ belle a Milano?
StandardFare la corte ĆØ un comportamento che apparentemente non necessita di grande sforzo perchĆ©, spesso, ĆØ indotto da una sorprendente naturalezza. Ieri mattina sono entrato nel portone per salire in ufficio preceduto di qualche metro dalla donna che lavora nell’agenzia al piano di sotto, che ha percorso l’ingresso con le sue ampie falcate – ĆØ alta come me – e con un casco da motociclista in testa. Il fabbro che stava armeggiando al cancello del cortile per sostituirne la serratura non si ĆØ lasciato sfuggire il portamento e le ha detto “Siete tutte cosƬ belle a Milano?”. Lei, senza fermarsi, gli ha risposto un secco ma compiaciuto “Ha visto?”. Messa cosƬ l’attrazione risulta davvero un gioco da ragazzi, anzi, un gioco tra ragazzi. Altro che quelli che pensano che sia il risultato di una somma di parti, nel senso di parti del corpo altrui. I capelli cosƬ, gli occhi cosĆ , il seno e le gambe e il fondoschiena nemmeno fossimo carne pronta a essere servita al banco macelleria all’Esselunga. E poi vogliamo parlare di certe smancerie o, peggio, della timidezza nel dichiararsi? Per dire, io e Susanna non ci siamo mai salutati, nessuno ha preso l’iniziativa ed ĆØ finita come ĆØ finita. ChissĆ cosa penserĆ di questi approcci diretti il fabbro in questione tra trent’anni, quando nei giorni di festa rifletterĆ sul piacere di svegliarsi per primo, in anticipo rispetto ai figli e alla moglie che magari sarĆ davvero la donna che lavora nell’agenzia al piano di sotto. Magari ieri ĆØ tornata giù portandogli un caffĆØ e un biglietto da visita, poco romantico ma più efficace rispetto a un post-it con il numero di telefono scritto a penna ma a Milano, dove probabilmente davvero le ragazze sono tutte cosƬ belle, funziona cosƬ.
chi viene dopo Grazia e Graziella? Per saperlo leggi qui.
StandardSul lavoro ci si ringrazia per qualunque cosa con il risultato che quella che potrebbe sembrare una civilissima pratica di buona educazione si ĆØ trasformata in una risposta convenzionale da non negare a nessuno e, come tutte le cose soggette a sovraesposizione o rilasciate in quantitĆ industriale, ne esce svilita, svuotata, svalutata e snaturata. L’esempio più eclatante di questo fenomeno ĆØ il fatto che ogni e-mail si deve chiudere con un bel grazie ma, considerando che ce ne scambiamo a dozzine quotidianamente con lo stesso destinatario, al grazie finale diamo l’importanza di poco superiore a un qualsiasi segno di interpunzione sul cui uso in contesti di comunicazione elettronica, peraltro, ci sarebbero interi manuali da scrivere ma chi sono io per insegnare a voi l’utilizzo delle virgole, tanto per fare un esempio?
Comunque la cosa ha preso piede e mandi un file e ti ritorna un grazie, fornisci un aggiornamento e ti ritorna un grazie, condividi qualcosa e ti ritorna un grazie ma il problema ĆØ che quello ĆØ il tuo lavoro e allora, se devo essere ringraziato per ogni aspetto in cui si declina la mia professionalitĆ , tanto vale mettermi un’insegna al neon rossa con su scritto a caratteri cubitali THANK YOU sempre accesa qui davanti e a posto cosƬ. Anzi no, datemi un bell’aumento di stipendio e vi abbuono dal ringraziarmi per i prossimi due o tre anni. Il lato oscuro di questa vicenda ĆØ che siamo talmente assuefatti dal ringraziare cani e porci per qualunque nonnulla che abbiamo preso anche a ringraziare anche quando non dovremmo, anche quando magari anzichĆ© dire grazie dovremmo mandare a quel paese e persino in casi in cui proprio non c’entra nulla e il ringraziamento suona come un “grazie solo per il fatto di considerarmi un referente di qualcosa, un’entitĆ dotata di casella di posta elettronica che ha conquistato un livello evolutivo superiore alla risposta automatica”.
CosƬ, come una qualunque sostanza che, lasciata con la sua confezione aperta, ha perso il suo principio attivo o la sua fragranza, quando ci capita di essere a contatto con qualcosa di veramente speciale, altruista o degno della considerazione altrui, da un po’ abbiamo preso l’abitudine di dire o ricevere il “grazie di cuore” perchĆ© non si sa bene in che modo ma la nostra scorta di riconoscenza genuina la conserviamo lƬ, in uno scomparto speciale come quelli dei frigoriferi moderni, isolato dagli altri, in cui ĆØ possibile impostare una temperatura diversa. Infine, per chiudere, dei vari grazie mille o l’improbabile grazissime che spopola sui social network potete tranquillamente farne carta straccia o tenerli in un cassetto insieme alle altre banconote fuori corso, chissĆ che un giorno guarderemo anche questi buffi modi di dire come un cimelio vintage di cui vantarsi con i propri nipoti ma, a dirla tutta, spero di no.
impiegato presso me stesso
StandardHo acquistato ai saldi, pagandola una sciocchezza, una tuta cosƬ comoda che adesso non ho più voglia di uscire di casa, e quando mi parlano di ambiente di lavoro a me la prima cosa che mi viene in mente ĆØ la mia nuova tuta da casa con la felpa con il cappuccio e i pantaloni morbidi. Una volta era diverso. Mi trovavo molto a mio agio nei vestiti che indossavo per uscire e per andare al lavoro ma poi, non so quando ĆØ successo, ho preso a vestirmi senza particolare attenzione, con poca cura persino negli acquisti stessi, e da allora non provo nessuna soddisfazione. Forse ĆØ il corpo che cambia o forse succede che certi materiali come quello di cui ĆØ composta la mia tuta da casa ti fanno sentire a disagio con tutto il resto. Capita. Per questo vorrei indossare la mia nuova tuta da casa anche quando sono in ufficio ma, stando alle convenzioni della societĆ di cui facciamo parte, non si può, o comunque perderei in credibilitĆ , la gente penserebbe che sono un deficiente, che non ho rispetto per l’ambiente di lavoro.
In realtĆ l’ambiente di lavoro ĆØ importante, però poi, dopo un po’, non ci si fa più caso. L’attrazione si spegne come in altri contesti della nostra esistenza e, proprio come in una coppia quando uno chiude gli occhi immaginando di giacere con un altro, sei in ufficio ma inizi a desiderare di essere altrove. Sei in ufficio ma ti immagini di essere alla scrivania di casa tua, con il laptop davanti, a scrivere le pagine più intense del tuo nuovo romanzo in tuta e calzettoni di lana.
Ma c’ĆØ un altro aspetto, tutt’altro che secondario, da tenere in considerazione. Sin dal primo giorno in cui noi umani facciamo il nostro ingresso tra i pari c’ĆØ subito qualcuno che ce lo mena con lo spirito di squadra. GiĆ dalla nostra prima esperienza in un contesto di gruppo comunitario costituito per il perseguimento di un obiettivo condiviso ci viene insegnato che l’unione fa la forza, che la collaborazione ĆØ la cosa più efficace del mondo, che insieme agli altri il valore dell’individuo aumenta la sua potenzialitĆ . Poi ci sono fior di studiosi che analizzano i nostri comportamenti per mettere nero su bianco il nostro ruolo: il gregario, il leader, il suo braccio destro, il parassita, il bastian contrario. CosƬ ĆØ nella scuola, cosƬ nel mondo del lavoro. Avete presente il team building? Le imprese che spendono milioni di lire in attivitĆ e iniziative per stringere i legami tra i colleghi in modo che dalle trame dell’identitĆ aziendale non esca nemmeno un fidelino? I manager compongono squadre perchĆ© da soli la produttivitĆ va a rilento, non c’ĆØ un back-up di ruolo in caso di malattia, in tanti si aumentano esponenzialmente i profitti, in un certo senso ci si controlla a vicenda a tutto vantaggio del business eccetera eccetera.
Ecco, sappiate che a me non piace lavorare con altre persone. Preferisco lavorare da solo, sbrigarmi le cose da solo, arrivare alla conclusione che ho pensato io senza avere qualcuno che mi suggerisce delle varianti che possono snaturare la mia idea. E se lavoro da solo l’ambiente di lavoro posso allestirmelo su misura, come voglio io. E allora, come ambiente di lavoro, scelgo la mia nuova tuta, quella che ho acquistato ai saldi pagandola una sciocchezza, che ĆØ cosƬ comoda che adesso non ho più voglia di uscire di casa.