jam session

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Carletto ha chiesto e ottenuto dalla mamma il permesso per andare al primo concerto della sua vita. L’idea è stata tutta sua: ha notato un manifesto sul muro del palazzetto tornando da basket, ha coinvolto un paio di compagni di classe e in quattro e quattr’otto il progetto ha preso corpo. “Facciamoci coraggio”, si sono detti, “i nostri genitori non possono dirci di no. Abbiamo 13 anni, siamo grandi”. Così, il pomeriggio stesso, i ragazzi hanno preso di petto l’unico vero ostacolo. Ed è stato più semplice del previsto. Il concerto in fondo è di Edoardo Bennato, non stiamo parlando dei Clash, e si terrà nello stadio comunale, mica a Bologna, a poche fermate di autobus dalla casa di Carletto. Il periodo stesso, siamo a maggio inoltrato e l’anno scolastico è agli sgoccioli, invoglia alla permessività. “E sia”, dice il papà di Carletto, aggiungendo una valanga di raccomandazioni del caso: no passaggi in auto, no sigarette da sconosciuti, no bevande e cibi da nessuno, no parlare con ragazzi che sembrano drogati eccetera eccetera.

La nonna regala a Carletto le cinquemila lire con cui comprare il biglietto del concerto; l’unica rivendita autorizzata è lo studio di una radio libera. Carletto così, al ritorno da scuola la mattina dopo, passa dalla radio – un appartamento sulla via di casa – e, tutto fiero, rientra tenendo stretto in mano il suo biglietto verde con su il disegno di un’armonica a bocca che, dopo averlo mostrato con orgoglio ai familiari, ripone con cura nel cassetto della scrivania.

Giunge infine il giorno dell’evento, infrasettimanale. Carletto è pieno di dubbi: come ci si comporta a un concerto? Si sta in piedi o seduti? Si può cantare o no? Ci saranno ragazze carine? Non biasimatelo, è il primo concerto della sua vita. La nonna di Carletto, che lo vede un po’ in ansia, è la più preoccupata di tutti e, ancora meno esperta di happening di musica rock (Bennato ha appena pubblicato Il rock di Capitan Uncino, è molto più rock di altri sedicenti rockerz) fa domande poco pertinenti: “Ma se esci prima di cena dove mangi? Ti preparo qualcosa da portarti al concerto?”. Carletto ha la soluzione: mangerà un sostanzioso panino a merenda, prima di uscire. “Sì, ma comunque ti do un sacchetto con un po’ di ciliegie”. Con la nonna non si discute.

Ed ecco Carletto e suoi compagni di classe alla conquista del mondo. Jeans e maglietta, Carletto con un sacchetto di carta del panettiere pieno di dolcissimi frutti rossi. Lui e i suoi coetanei ne smangiucchiano un po’, ma ci sono troppe cose da scoprire intorno. Sono quasi tutti più grandi ma non importa. I cancelli sono ancora chiusi, la gente continua a confluire verso il campo sportivo. E, a dire la verità, ne confluisce un po’ troppa. Un paio di ore in piedi quindi i cancelli si aprono, e solo a quel punto Carletto comprende il concetto di calca. Piccolo e magro, come i suoi amici del resto, resta immediatamente inglobato in quella pressa umana e per circa venti lunghissimi minuti, schiacciato da ogni parte, tenta di far valere la propria volontà nella direzione da prendere per tentare l’ingresso allo stadio, senza successo. È la folla che comanda, è la folla che si plasma e si comprime per passare nel collo di bottiglia dei cancelli, per poi essere sputata al di là del servizio d’ordine che, dopo una distratta occhiata al biglietto, consente l’accesso a quel salto di qualità, il mondo dei grandi. Dal subbuteo ai concerti. Wow.

L’erba del campo sportivo, anche quella è una prima volta, è perfetta e regolata ovunque, ma lo sarà ancora per poco: la gente è davvero tantissima. Carletto e gli amici trovano a malapena posto e si siedono. “Hai i pantaloni macchiati”. Carletto si guarda i jeans, sul lato destro: la coscia è bagnata e tutta sporca di rosso. Già, il sacchetto colmo di ciliegie non ha ovviamente retto alla massa all’ingresso, Carletto era talmente impegnato a inspirare ed espirare che non si è curato di quello che portava con sé. Le ciliegie non sono uno spuntino da rocker. Carletto si avvia per liberarsi di quel che resta di un sacchetto di carta zuppo di qualcosa che sembra una marmellata e innalza, passo dopo passo verso il contenitore della spazzatura, la prima barriera adolescenziale nei confronti degli adulti. Il primo scontro sta per accadere. Nessuno, lì intorno, avrebbe mai portato le ciliegie a un concerto.

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