turn it on again

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La cantante e il chitarrista di quel gruppo pop con cui avevo fatto un paio di prove ma la cosa non è andata in porto, tuttavia siamo rimasti in contatto, mi stanno raccontando delle difficoltà della lavorazione del secondo album, che vanno dal mantenere il livello del primo al fatto che un esordio può raccogliere tutto il materiale composto in anni e anni di impegno e gavetta, il secondo invece conterrà quello realizzato – magari forzosamente sancito da un vincolo contrattuale – entro un lasso di tempo piuttosto ridotto, anche se ormai sono passati tre anni da quel primo singolo che si era candidato a tormentone dell’estate. Ma, torno a ribadire, fare musica in Italia è quasi più difficile che sconfiggere l’evasione fiscale, e conciliare lavoro con la passione, gli impegni, le teste e i costi associati a un gruppo non è certo una passeggiata. Dicevo, loro sono seduti davanti a me mentre me ne sto sdraiato scomodamente su un sedile in legno di quei vagoni ferroviari che viaggiavano ancora una ventina d’anni fa, quelli che un po’ tutti chiamavamo i vagoni del far west con il riscaldamento sotto che se appoggiavi le scarpe di gomma correvi il rischio di sciogliertele e, una volta in stazione, ti toccava camminare con la pianta dei piedi al posto delle suole come nelle comiche. E non riescono a distrarmi che per poco, perché mi basta sfiorare il fucile che tengo pronto al mio fianco che mi ricordo di essere in viaggio verso il fronte, non so di quale guerra e contro quali nemici, così mi sovviene che potrei anche morire ucciso in combattimento e non tornare più indietro a casa. Che tristezza, vero? Ma capisco che sto sognando, perché non c’è guerra da combattere malgrado indossi la mimetica e gli anfibi. E i due amici seduti sulla panca davanti a me hanno le stesse facce e la posa della foto che si vede sul profilo Facebook, con quell’espressione e quel look troppo “civile”, quasi new wave, per essere reale in un periodo di stenti come quello bellico o in uno tamarro come gli anni dieci. Che ridere. Mi sveglio e sono le cinque del mattino, ho un gatto sul petto che mi lecca la barba perché ha fame ed è lunedì. Ok, iniziamo.

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