rock’n’roll robot

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Avete presente quei ragazzini che smontavano le radioline rotte per vedere come funzionavano e le rimontavano e miracolosamente le radioline rotte funzionavano di nuovo, perché secondo me c’era il trucco. Tipo che le pile prima erano scariche, loro lo hanno capito, ne hanno comprate due nuove con la paghetta della settimana precedente e hanno riportato la radiolina sintonizzata su “Tutto il calcio minuto per minuto” al padre, che li ha guardati esterrefatto e ha chiamato apposta la moglie per dirgli “cara, nostro figlio sarà un ingegnere, me lo sento”. Ma al massimo sono diventati bravi meccanici, e beati loro perché guadagnano più di me e soprattutto hanno iniziato a collezionare contributi quando noi suonavano ancora gli Ultravox alle feste del Liceo. Per non parlare dei ragazzini un po’ più upper, figli di professionisti o medici, che snobbavano la radiolina perché già smanettavano sul Commodore 64 scrivendo i loro primi programmi in linguaggio macchina facendo terra bruciata intorno, perché intorno i supporti a nastro si usavano solo per risparmiare sull’acquisto dei long playing. Insomma, un’ampia componente di temperamenti transgenerazionali che ha fatto la gioia di mamma e papà aprendo lo cose per vedere che cosa c’era dentro e capirne il perché. Io lo so il perché. Gli esseri umani, gli altri, i compagni di classe di quei mini-scenziati non si potevano aprire, per ovvi motivi morfologici, e non mi riferisco solo agli aspiranti chirurghi. Nessuno avrebbe aperto un corpo umano vivo, a parte qualche giovane delinquente spinto da necessità di approvvigionamento. Ancora meno probabile sezionare una scatola cranica e capire che cosa passava per la testa dei propri simili, la percentuale di fattibilità di un approccio invasivo risultava praticamente pari a zero. Ma per riprodurre un diagramma di flusso dei sentimenti sarebbe stato sufficiente osservare, ascoltare, chiedere. Tutte funzioni impossibili da scrivere in codice e vincolate a un processore dai battiti troppo lenti e troppo rumorosi, difficili da coprire soltanto col silenzio della solitudine pomeridiana.

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