conto terzi

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Se mi parlate di democrazia diretta a me viene un brivido perché la prima cosa che mi viene in mente è la folla che nel dopoguerra sequestra non ricordo quale fascista, lo lincia e lo getta nel fiume. Non che la cosa non mi abbia fatto piacere, ma gli istinti animali è meglio tenerseli per sé e così istituzionalizzare l’ipocrisia della mediazione tra il diritto naturale e quello giuridico o come si chiama, che raccoglie i desideri della collettività e li codifica con il filtro della ragione. Questo perché l’esercizio del potere senza interposta persona nel caso della   giustizia dimostra la sua inadeguatezza almeno nella versione ufficiale dei nostri sentimenti e una volta messo a bada l’impeto. E altrove non saprei, ma per non saper né leggere né scrivere mi fido e sostengo la stessa cosa. E ripenso a casi come l’occupazione dell’università a cavallo tra gli 80 e i primi 90, non ricordo esattamente quando, un movimento all’acqua di rosa – rosa come la pantera che li rappresentava – in cui il dibattito a cui non ho partecipato perché ero già quasi fuori con lode verteva proprio su quel concetto di prendersi i diritti in prima persona e in gruppo. Occupare l’università per farla a propria immagine. Ma anziché frequentare gli occupanti per capirne le ragioni io flirtavo con una della fazione contraria, quella che si chiamava ancora DC e non chiedetemi perché, e quindi avevo una versione del movimento più edulcorata, almeno fino a quando poi trovai al suo stesso tavolo di lavori un fascista del FUAN e ripensai alla democrazia diretta del tribunale del popolo e del volo nel fiume e il flirt finì così, d’altronde non si dice “mogli e buoi dei partiti tuoi”? Così quando leggo di allenatori che prendono a pugni i giocatori ribelli o di imprenditori che, come dice Gramellini, anziché vendere il proprio arsenale per pagare gli arretrati del canone RAI lo usano per mettere a ferro e fuoco uno sportello di Equitalia, ecco, penso a come sarebbe la nostra società in questo limbo tra far west e anarchia, in cui ognuno direttamente si prende la sua fetta di potere e la applica secondo i propri criteri. Il che non è distante da chi sostiene che, pagando le tasse, vuole che insegnanti, dirigenti scolastici, amministratori locali, vigili urbani, ministri e presidenti della repubblica debbano fare quello che vogliono loro. Ma per farlo è necessario accordarsi con tutti gli altri stakeholder della cosa pubblica che sono i milioni di cittadini che pretendono altrettanto ma allora occorre mettersi d’accordo e investire qualcuno della voce di tutti e fare un partito con un delegato che li rappresenta. Ops, ma allora si ritorna daccapo.

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