C’era una specie di leggenda che aleggiava su un ex collega di un paio di aziende fa. Praticamente aveva indovinato un singolo di quelli che spaccano in discoteca tutto fatto di “i say yeah ah ah i say yeah” e la peculiarità era che non si trattava di uno di quei topi da studio di registrazione che mettono in cantiere decine di progetti musicali al giorno con l’obiettivo di sbarcare il lunario per sfamare sé e basta – i topi da studio di registrazione non amano i rapporti duraturi perché hanno sposato l’arte e tanto meno aspirano alla genitorialità – ma era uno come te e me, no come me no. Diciamo uno che si trastullava a fare il dj e poi ha sognato questo ritornello, lo ha condiviso con un amico produttore, gli hanno costruito tutto il brano intorno e oplà, il successo è servito. Non stiamo parlando di “Da da da” o “My Sharona” dove magari c’è anche un certo sforzo dietro in originalità (il primo) e in bravura tecnica (il secondo), ma di quei micro-tormentoni a breve ciclo di vita. Metti via un po’ di grana grazie alle vendite, i passaggi radio e tv, i diritti eccetera e magari ti ci compri la casa, fai un fondo con la speranza di non spenderlo in badanti quando sarai vecchio, metti su un’attività. Un sistema che nell’era del pulcino pio fa ridere, nel senso che come dice il fake di Casaleggio i giovani possono essere pagati in like, perché se magari un tempo il pezzo da una botta e via – e vi chiedo scusa se siete arrivati su questo post pensando a chissà che cosa – aveva un valore comparabile con il tredici alla sisal, oggi ci hanno anche preso quello e chi scrive, suona, fotografa o monta (nel senso dei video) lo fa per la gloria che sul web è ancora più volatile, e poi arriva il coreano di turno e ci seppellisce tutti con i suoi balletti.
Comunque a me è venuta un’idea per fare un successone di questi e mi è venuta mentre guidavo verso casa ieri sera, lo sapete che i mezzi di trasporto privati e pubblici con il loro incedere più o meno costante rilasciano rumori e suoni a tempo che per chi ha il ritmo nel sangue, senza esser necessariamente afroamericano, coadiuvano quella creatività distratta, quella che scorre parallela ai pensieri e che se non stai attento o non ci sei abituato poi dopo due minuti la perdi. Conviene fermarsi e prendere qualche appunto. Io che sono uno di quelli che tiene il tempo mentalmente anche con la sirena dell’ambulanza, questo quando sto in compagnia perché se non mi sente o vede nessuno faccio pure i versi di groove di beatbox, ho iniziato a canticchiare una notissima canzone da oratorio che non vi dico perché altrimenti mi rubereste l’idea e veniva fuori un pattern house perfetto. Ho immaginato poi una melodia tutta gridolini al femminile da metterci sopra e diventava un brano perfetto per spaccare in disco, sul web, magari con un video virale. Ma è successo che le pupille a forma di dollaro mi hanno annebbiato la vista e a momenti tiravo dentro un cancello in una strada un po’ stretta. E quel frangente è stato fatale, la botta l’ho evitata ma la botta e via è svanita insieme all’ispirazione. Peccato, si vede che non è un modello che fa per me.