l'asse savona-milano

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Il vecchio ospedale era talmente conciato male che qualcuno aveva tirato su in quattro e quattr’otto un comitato di quartiere che poi aveva piazzato proprio sopra quello che era l’ingresso principale un vistoso cartello con su scritto “Questo stabile è in stato di abbandono da” e poi sotto il numero dei giorni che alla fine erano diventati migliaia ma potrei sbagliarmi. Lì dietro, in quel complesso ottocentesco, anni prima avevo osservato una sera un gruppo di scarafaggi muoversi sul pavimento ignari, a differenza di me, del carrello delle iniezioni che si approssimava inevitabile alla stanza in cui mi riabilitavo da un intervento di routine tonsille + adenoidi con l’illusione dei gelati a iosa che invece non sarebbero poi mai arrivati e di cui comunque gli scarafaggi mi avevano fatto, almeno parzialmente, passare la voglia.

C’era addirittura poi qualcuno che sosteneva che dalle finestre di quelle stanze deserte e a rischio di crollo, quando l’ospedale ormai era già in avanzato stato di abbandono, alcuni intraprendenti stipendiati delle forze dell’ordine si appostavano giorno e notte per accertarsi con binocoli e telecamere dei loschi traffici che avevano luogo nella saletta al piano superiore del bar di Pino che era proprio lì di fronte, con gente che al massimo si rollava qualche innocente spinello in compagnia. Ma il vecchio ospedale in realtà non era chiuso del tutto. Erano sopravvissute la farmacia comunale incorporata e il centro distribuzione del metadone frequentato dagli stessi tossici che componevano una fila sorprendentemente civile e ordinata sin dai tempi delle gesta delle varie cristiane dello zoo di Berlino.

Ma non è qui che volevo arrivare. In ufficio da me, uno dei due bagni è sprovvisto da un bel po’ dell’asse. Il bagno di sinistra, quello ufficiale e tutto luminoso perché ha una finestrella che dà sul cortile interno, funziona alla grande. Quello di destra che invece è buio e se sei mezzo guercio come me con le porte di legno non capisci se sono chiuse o aperte e ti ci vai a schiantare contro, ha la tazza senza asse. Si tratta di un disservizio igienico (questa è bella, vero?) che va avanti credo da un paio di anni ed è per questo che mi piacerebbe appiccicare alla porta un cartello come quello che si vedeva sulla facciata liberty del vecchio ospedale prima che si decidessero a farne qualcosa, anche se i lavori vanno avanti da un po’ e al momento c’è ancora il cantiere. “Questa tazza del cesso non ha l’asse da” e poi i numero dei giorni.

Quello che non capisco è se i vertici della mia azienda non sono capaci di mettere un asse al water e non ci sarebbe niente di male, non è che tutti dobbiamo essere capaci a fare tutto. Però basterebbe chiedere e io mi farei sicuramente avanti. C’è quel famoso aforisma di Kennedy che dice più o meno “Non chiedete cosa può fare il vostro paese per voi, chiedete cosa potete fare voi per il vostro paese” che può essere contestualizzato sia per il vecchio ospedale della città in cui sono nato che per l’asse del cesso dell’agenzia in cui lavoro, questo significa che potrei dire ai vertici della mia azienda di provvedere pure all’acquisto dell’asse nuovo che poi ci penso io.

Già tempo fa, e non voglio fare l’eroe ma tanto non sapete nemmeno come mi chiamo, ho aggiustato la maniglia del bagno, quello bello e luminoso di sinistra. Si era staccata la manopola interna ed era rimasta così per almeno un mese fino a quando ho perso la pazienza, ho cercato e trovato un cacciavite nell’armadio delle cose che non servono e l’ho sistemata. Non l’ho detto a nessuno che sono stato io e nessuno ha ma chiesto chi sia stato e va bene così. Mi prendo ben altre soddisfazioni. Per esempio mi è capitato di dirigermi verso i bagni simultaneamente a Elena che è la collega dell’amministrazione. Io ero in vantaggio di qualche metro e avrei potuto scegliere il bagno bello e luminoso di sinistra, invece sono entrato in quello di destra senza finestrella e con la tazza del cesso senza asse, e quando entrambi abbiamo chiuso a chiave le relative porte Elena mi ha ringraziato a voce alta. Grazie Bob, ha detto.

Per farla breve, quando mi capita di andare al Leroy Merlin ma anche all’Ikea e vedo quella moltitudine di assi del cesso di tutti i colori appese in bella mostra sulla parete mi viene l’istinto di comprarne una da montare poi in ufficio. Penso ai clienti che vengono da noi e, non sapendo niente del bagno di sinistra di serie A e quello di destra di serie B si trovano poi a doversi sedere sull’Ideal Standard freddo e nudo. Ma penso anche alle decine di elene che in situazioni di urgenza devono adattarsi a quello che c’è a disposizione. C’è anche tutto un modo di esprimere se stessi e di fare humor con gli assi (o si dice le assi?) del cesso. Insieme a quelle coloratissime ci sono quelle in pelo, in velluto, trasparenti e persino con i fumetti, l’ho vista a casa del mio amico Claudio. Questo per dire che i vertici della mia azienda potrebbero stupire i nostri clienti non solo con i cani che abbaiano come degli isterici in ufficio, ma anche con un bell’asse del cesso in linea con la nostra vision aziendale. Io a casa l’asse ce l’ho banalissimo ma perché il bagno, di per sé, non si merita tanto, almeno fino a quando non decideremo di farlo come si deve.

5 pensieri su “l'asse savona-milano

  1. Posso aggiornare sullo stato dell’edificio che ha ospitato il vecchio ospedale San Paolo al centro di Savona. Da qualche anno hanno iniziato la ristrutturazione: alla fine ospiterà appartamenti di pregio, negozi… Comunque confermo: l’abbandono è durato 22 anni (in pieno centro della città) e i lavori sono iniziati se non ricordo male nel 2012/2013. E sono ancora in corso.

  2. e comunque te lo dico io, elena non si siede neppure sull’asse del bagno bello. noi ragazze non lo facciamo mai se non è l’asse di casa, garantito! 😀
    ( niente tonsille e adenoidi pure tu? a me il gelato lo hanno dato, però 🙂 )

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