la classifica di settembre

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Se vi prende lo stimolo di gridare una frase in arabo, anche inventato, in mezzo a una moltitudine, è facile, di questi tempi, farsi il vuoto attorno almeno finché la suddetta moltitudine, ma basta solo la parte più sensibile a queste cose di essa, non capisce che stavate facendo un esperimento situazionista e, tornata a riempire il vuoto attorno, vi corca come se non ci fosse un domani ma se non ci fosse solo per voi, in questo caso e come si dice a Roma.

Se invece in una situazione analoga vi viene la voglia improvvisa di urlare in inglese “Ok Google” sarà tutto un mettersi sull’attenti di sistemi Android (cosa che non riguarda gli iPhone in tasca dei più spendaccioni) pronti a scartabellare nei trilioni di data center pieni di informazioni provenienti da tutto l’universo per restituirvi migliaia di risposte e soddisfare la vostra richiesta. Questo sistema però sta giustificando infinite teorie sui complotti a danni degli utenti da parte di quelli che vedono nero in ogni passo avanti della nostra civiltà. Chi ci dice, sostengono questi teorici della malafede termonucleare-globale, che la capillare diffusione di dispositivi intelligenti non faccia parte di un piano per raccogliere ogni nostra sillaba e depositarla in un cloud infinito a disposizione di una CIA al cubo che conosce ogni bit della nostra vita privata? Il grande fratello, a questa società segreta totale, le spiccia casa.

Facciamo finta, allora, che l’immenso patrimonio di dati raccolti in questo scenario venga poi dato in pasto a un applicativo di Business Intelligence altrettanto potente per generare analisi e reportistiche utili a studiare il nostro comportamento a fini di controllo o, più facilmente, commerciali. Ci potrebbe essere quindi una sorta di graduatoria che mette in lista argomenti, personaggi, luoghi, brand e cose così e, da qualche parte, una stanza ovale dove i potenti del mondo si fanno i loro conti.

In questo caso dobbiamo stare attenti a quello che diciamo ma anche a quello che ci dimentichiamo di dire. Per esempio qualche giorno fa mi è capitato di raccontare qualcosa sui miei gusti musicali nel corso di una conversazione e, nella foga di indicare le mie preferenze, chissà perché non ho citato la mia immensa, incommensurabile e multidecennale passione per David Bowie. Questo per dire che, a causa della mia omissione, il duca bianco magari oggi è in una posizione in classifica più bassa di quello che si meriterebbe, penalizzato unicamente dalla sbadataggine di uno come me e, oggettivamente, uno che ha composto album come “Low” dovrebbe avere ben altro tipo di fan base.

Allo stesso modo sono sicuro che, nella stessa lista, “il tempo che passa” sia un thread oggi ampiamente superato in follower da “il tempo che cambia”. La gente non si cura più tanto di queste cose, compressa in un sistema che ci fa sentire adolescenti a cinquant’anni suonati e pienamente a nostro agio conciati come membri dei One Direction, malgrado lo stomaco dilatato, il grasso sulla schiena e i capelli bianchi. Al contrario, non ci sfugge nulla dell’escursione termica, anche la più repentina, grazie alle numerose app dedicate e alla approfondita informazione a riguardo che abbiamo a disposizione. C’è una frangia estremista che non teme la pioggia pur conoscendo i parametri temporali entro i quali essa si manifesterà e, a costo di ostentare camicie e capelli fradici, non usa mai l’ombrello secondo una interpretazione luddista della meteorologia. Ma c’è anche la mamma di Martina che guarda il TG5 a colazione tanto, dice lei, passano il meteo con una tale frequenza che è impossibile non vederlo. Io non so, non accenderei mai la TV alla mattina presto sul TG5 e, onestamente, non so come possa venire in mente a qualcuno.

4 pensieri su “la classifica di settembre

  1. Non ricordo più quale azienda americana ha ideato uno spot, trasmesso in tv, nel quale, verso la fine (spot credo di 30 sec) l’attore citava il nome del prodotto e chiudeva con “Ok, google” in modo che nelle case di chi guardava lo spot gli smartphone accesi e prossimi alla tv caricavano la pagine web dell’azienda stessa. Perverso e geniale.

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