C’è una fase della vita a ridosso dei boh diciamo quattordici quindici sedici anni in cui si trascorre buona parte del proprio tempo tra coetanei a parlare con i coetanei delle dinamiche che si hanno con i coetanei più prossimi, i cosiddetti amici, anche se a boh diciamo quattordici quindici sedici anni non si definiscono, probabilmente, ancora dinamiche. In quella fase i giovani fanno da mezzo conduttore di cose da far giungere alle orecchie a cui devono giungere, intanto. Poi è tutto un parlare in certi modi di un amico a un altro amico per poi negare di essersi espressi in quel modo a quell’amico all’altro amico, tanto che l’altro amico poi è tenuto a dire chi ha detto cosa e occorre stare attenti alla parte in cui ci si schiera. Le dinamiche (che per loro poi non sono ancora dinamiche) dei ragazzi a ridosso dei boh diciamo quattordici quindici sedici anni vanno proprio descritte così, in modi come questo in cui non ci capisce niente perché noi adulti, che queste cose non ce le ricordiamo più, non ci capiamo niente. Non comprendiamo quanto l’affermazione del sé tra i pari sia così centrale quando i pari sono ragazzini che non gli daresti due lire, anzi due centesimi. E ci sembra tutto diverso, a cinquant’anni, un po’ come lo yogurt. Io mi ricordo che da ragazzino lo yogurt mi faceva schifo, tanto era acido, e si trovavano solo yogurt alla frutta che mi facevano venire i brividi da tanta acredine. Ora di yogurt ne mangerei a chili perché sembrano tutti cremosi, al pistacchio o al cioccolato, addirittura. E non so se è così perché nel frattempo le aziende che fanno yogurt si sono fatte furbe adattando il prodotto ai consumatori per vendere di più oppure, al contrario, sono le papille gustative che, da adulti, cambiano radicalmente i parametri con cui elaborano i sapori.