tali adulti tali bambini

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Se come me fate l’insegnante di scuola primaria, ecco una situazione tipo che non vi sarà certo nuova. Sto aiutando Carmen a disegnare una cornicetta composta da file di quadratini da due quadretti di altezza e due quadretti di larghezza separati da un quadretto. Visto che non ne azzecca uno le sto segnando i punti da unire come quel passatempo della settimana enigmistica in cui poi alla fine appare un disegno. Le mostro i quattro punti e l’esempio del quadratino a fianco da copiare tale e quale ma Carmen disegna lo stesso un quadratino tutto storto dalle misure approssimate di tre quadretti per tre e mezzo a stare stretti. Siamo già all’intervento drastico perché la spiegazione su quella che sarà la matrice di un ritmo – una volta completata la sequenza di quadratini disegnati con la matita di grafite dovranno colorarli secondo una combinazione di ripetizioni ben precisa – l’ho già ampiamente chiarita alla lavagna. Carmen continua a non capire, in classe ci sono almeno ventotto gradi malgrado le pale che girano sul soffitto oscillando vistosamente, probabilmente ci sono solo due o tre zanzare ma sembrano diecimila perché si posano alternandosi sulla fronte di Carmen e solo il mio esemplare autocontrollo mi impedisce di prendere a manate Carmen sulla fronte un po’ per liberare la classe e me dalle zanzare, un po’ per dare un sussulto a un meccanismo nella testa di Carmen che probabilmente la mia scarsa dimestichezza con i bambini di sei anni ha contribuito a inceppare, un po’ per dare sollievo alla fronte di Carmen che, a forza di punture di zanzare, ora sembra la superficie lunare. Ma non è tutto. Per colmare il gap di altezza tra me e Carmen – a sei anni i bambini sono bassissimi – ho assunto quella postura innaturale degli orientali quando si siedono sulle caviglie che, al netto del mio uno e ottantasei per cinquantadue anni, comporterà uno scompenso di pressione al momento in cui dovrò riconquistare la posizione eretta considerando che Matteo deve allacciare le scarpe, Marco mi vuole dire che ha finito, a Sofia si è inceppata la zip della felpa, Denis continua ad alzarsi malgrado gli abbia detto di stare seduto, Rebecca ha messo il broncio e non prosegue con l’attività perché vuole la mamma, Vittoria vuole abbracciarmi, Raffaele ha mal di pancia e continua a dirmelo, Viola mi chiede quando si farà merenda e la sua compagna di banco di cui non ho ancora imparato il nome vuole invece fare il gioco dei robot che abbiamo imparato ieri, Cecilia mi chiede se ascoltiamo la canzone dell’alfabeto delle cose belle che è di pertinenza della collega di italiano e la cosa mi ha punto sul vivo perché le mie proposte musicali non se le fila nessuno, almeno il cinquanta per cento della classe vorrebbe andare in bagno e meno male che, nell’insieme, non c’è nessuno di particolarmente problematico. Il tutto mentre la bidella entra lasciandomi i volantini della scuola di karate da distribuire ai bimbi, i temperamatite continuano a cadere dai banchi sul pavimento e sembra che ciascuno dei miei alunni ne maneggi almeno quindici per volta, considerando la frequenza. Poi c’è il martello pneumatico del cantiere di fronte con gli operai che stanno ristrutturando la palestra (a settembre, giustamente, mica lo si può fare da giugno ad agosto mentre la scuola è chiusa) con una spruzzatina di urla delle maestre che risuonano nel corridoio, d’altronde con sto caldo mica si può tenere la porta serrata.

Ma se come me fate l’insegnante di scuola primaria, sarete chiamati ad affrontare la stessa situazione anche con attori diversi. Sto connettendo il proiettore di una LIM a un pc con un cavo HDMI che ho staccato dall’equipaggiamento di un’aula che non usa più nessuno ma devo fare il contorsionista con la mano per arrivare all’ingresso posizionato ben dentro un coperchio avvitato ma in tutta la scuola non c’è un fottuto cacciavite (ah, la sicurezza). I colleghi usi a un lavoro di concetto e abituati a quel popo’ di multitaskeria che ho descritto sopra pensano che l’attività manuale sia scollegata dal cervello e invece no e prova ne è che riesco a trattenere perfettamente ogni tipo di improperio, compresi quelli nei confronti delle più diffuse divinità locali. Ecco quindi un elenco esaustivo ma non completo di informazioni che sono tenuto a trattenere malgrado visibilmente immerso nell’evasione di una richiesta di help desk tecnologico: 1. lo scambio di ore tra il giovedì e il venerdì di una delle tre insegnanti di sostegno (nuovissime, dai nomi ancora sconosciuti a parte una che si è presentata con la maglietta di “Unknown Pleasures” ma in una versione su Matera, con mia somma delusione) condivisa con l’altra prima in cui insegno 2. l’elenco dei bambini i cui genitori non hanno ancora portato la delega per il ritiro all’uscita 3. il pc della 4^ A ha il mouse che non funziona 5. il prof di musica della secondaria va in pensione e c’è la festa al termine della programmazione e occorre fare il regalo 6. la chiave della palestra dell’oratorio in cui temporaneamente si svolgeranno le lezioni di motoria dovremo custodirla nel primo cassetto della scrivania della bidella al primo piano 7. Teresa è la persona di riferimento in segreteria a cui inviare la richiesta di sostituzione della lampada al neon 8. qualche dettaglio di vita privata condiviso in amicizia, d’altronde tra colleghi è giusto che ci si spinga oltre un freddo rapporto di semplice conoscenza. La scuola è viva, fatta di carne e ossa. Bisogna metterci la testa. L’avessi saputo prima mi sarei preso più cura della mia.

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