fuori orario (cose mai viste)

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Alla commissione orario della secondaria, composta da docenti, sono assegnate un centinaio di ore extra. Per questo, a partire da quest’anno la mia scuola ha pensato di acquistare la prima licenza annuale di un applicativo ad hoc, un software che, una volta inseriti tutti i parametri, è in grado di comporre uno dei sistemi a incastro più proibitivi della storia dell’umanità.

Le variabili di cui tenere conto per la composizione dell’orario di una scuola secondaria sono infinite. Ve ne riporto qualcuna: disponibilità degli spazi comuni (i laboratori) e degli spazi comuni condivisi con la primaria e con le associazioni sportive (palestra), spostamenti dei docenti che insegnano in entrambi i plessi dell’istituto, necessità di avere più ore vicine (italiano e matematica in primis), necessità di non avere più ore vicine, massimo di ore trascorse in classe al giorno, incompatibilità tra materie di vario genere, materie soggette a esonero da collocare alla prima o all’ultima ora in modo che, gli alunni esenti, possano entrare o uscire dopo, distribuzione omogenea delle ore lungo la settimana, docenti che insegnano in più classi, docenti che insegnano anche in altre scuole e quindi con altri orari che devono soddisfare altrettante restrizioni, esigenze personali dei docenti.

Il software acquistato e pagato profumatamente, ovviamente, tiene conto di tutto questo e molto altro. Facile immaginare la potenza di calcolo di questo programma, le informazioni che macina per trovare la soluzione, le miliardi di combinazioni che tenta prima di arrivare alla soluzione finale. Il problema è che il suddetto applicativo è stato sviluppato per il personale tecnico e non per un docente. Mi spiego meglio. Oggi si parla di digitale e non di informatica perché l’usabilità di programmi e strumenti è alla portata di tutti. Mentre vent’anni fa occorreva avere una conoscenza base dell’IT per smanettare su programmi di qualunque tipo, oggi l’uso delle app è a prova di alga. Pensate a quanto tempo occorre a orientarsi in un nuovo social network o in uno di quei tool online che usiamo per creare i meme idioti da postare su Facebook.

Nonostante ciò, tutto quello che riguarda la scuola – a parte gli strumenti delle Google Suite – appartiene a una famiglia di prodotti pensati da tecnici per tecnici, da programmatori per programmatori e non da gente che conosce gli insegnanti per gli insegnanti: interfacce utente realizzate con gli scarti di magazzino di qualche software costruito ai tempi di Windows 3.1, linguaggio e comandi con i toni degni del DOS. Se Canva o WordPress fossero stati sviluppati allo stesso modo, per dire, avrebbero già chiuso da un pezzo.

Il fatto è che la scuola ha bisogno di digitale come il pane e, alla fine, tutto ciò che può essere collegato a una presa elettrica finisce per essere di pertinenza dell’unico docente che smanetta con il computer, cioè gente come me.

Non vi sto a descrivere la terminologia della guida, le voci delle funzioni, la gerarchia e la struttura delle sezioni, per non parlare dell’austerità grafica. Ma il bello viene poi quando, gettati alla rinfusa nel sistema tutti i parametri da rispettare in modo che l’orario soddisfi la totalità degli stakeholder, si abbassa la leva per avviare il processo.

Il computer comincia a tremare e scricchiolare, si sentono gli ingranaggi palesemente sotto sforzo, da sotto i tasti esce il fumo, le prese usb grondano del sudore dei fuochisti che accelerano vistosamente l’approvvigionamento di carbone nel motore, il touch pad si scalda e lo schermo si fa tutto grigio scuro. Il processo va avanti così per ore e ore fino a quando la macchina lentamente rallenta e si quieta, e probabilmente, spedito da qualche fabbrica degli albori della rivoluzione industriale, ecco comparire l’orario in una tabella essenziale, con tutte le sue caselle colorate con una palette a 8 bit, tutta macchiato di polvere. Dalla scheda madre del computer si leva quindi la sirena del cambio turno e gli operai, con la faccia tutta imbrattata di silicio, si disperdono nei quartieri dormitorio limitrofi. Sarà infatti il turno successivo a occuparsi dell’ottimizzazione del risultato finale, in modo che rifletta al meglio la realtà e possa essere applicato sul campo in modo efficace.

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