typo

Standard

Quando facevo il copywriter combattevo quotidianamente con i refusi. Non sempre i programmi di scrittura te li segnalano, non sempre quando te li segnalano li vedi, non sempre quando rileggi te ne accorgi. Nelle agenzie di comunicazione spesso si lavora di fretta e non c’è tempo di aspettare la mattina successiva, con la mente fresca, per controllare un testo che si è scritto il giorno prima. «Mi mandi questa traduzione ASAP?», ti chiedono i clienti via e-mail.

Da allora vivo letteralmente terrorizzato dai typo, o errori di battitura. Non per questo me ne scappano anche ora che faccio l’insegnante nelle comunicazioni che invio ai colleghi, per non parlare delle cose che scrivo qui. Qualche giorno fa, non so perché, nell’ora di inglese mi è venuto da scrivere alla lavagna “ketch-up” con il trattino, come se fosse una specie di phrasal verb. Magari un giorno esisterà pure il verbo “to ketch-up”, e significherà “mettere la salsa di pomodoro sulle patatine”. “Ketch it up!”, si chiederà al venditore di hamburger per chiedergli di insaporire il panino.

Ora invece sono alle prese con l’inserimento degli alunni che sono arrivati quest’anno nella piattaforma di didattica digitale. La procedura sarebbe piuttosto semplice, se i colleghi della segreteria fossero capaci di esportare dal programma di gestione del registro elettronico gli elenchi in modo automatico. Ma siccome sono oberati di lavoro faccio prima a chiedere agli altri docenti che a spiegar loro la procedura. Penso sempre che tutti i colleghi, all’inizio dell’anno scolastico, abbiano prodotto in qualche modo una lista in ordine alfabetico dei ragazzi che compongono le loro classi.

Io lo faccio prima del primo giorno in Excel perché mi serve per diversi scopi. Per esempio, quando devo registrare chi porta lo scottex e il sapone liquido a settembre basta stampare una tabella e lasciarla sulla cattedra, a beneficio mio e della collega con cui condivido la classe. Alla prima ora chiediamo ai bambini e mettiamo una crocetta nella cella a fianco del nome e il gioco è fatto. Il problema è che gli elenchi che mi arrivano dagli insegnanti per l’inserimento in piattaforma sono spesso zeppi di refusi nei nomi, da cui deduco che li abbiamo compilati a mano. La percentuale di errori è più alta per gli alunni stranieri, ma di questi tempi, in piena anarchia di scelta del modo in cui chiamare i figli, non si scherza anche tra gli italiani. A volte quello che leggo è così bizzarro che provo a googlare per capire se si tratti di un refuso oppure di un nome o un cognome che esista davvero. Lo scorso anno non sono stati i pochi i casi di genitori in difficoltà perché cercavano di accedere alla piattaforma con le credenziali corrette mentre i loro figli erano stati inseriti in modo diverso. Magari poi ho sbagliato io, cosa possibilissima.

Certo, direte voi, con tutti i problemi che affliggono la scuola ai tempi della pandemia preoccuparsi dei typo è da pignoli snob, da copywriter falliti. Io vi do ragione perché a me i refusi fanno paura più di ogni altra cosa, quindi accetto al volo il vostro consiglio. Ora chiuderò gli occhi e farò finta che i typo non esistano.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.