non importa dove sei

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Per non presentarsi a casa mia a mani vuote ha rovistato in una scatola dei ricordi per riesumare un po’ di quei flyer di club e mostre raccolti in giro per il mondo fino a quando ha avuto la possibilità di viaggiare. Avevano programmato la luna di miele in India ma poi, con il figlio in arrivo, lui e la moglie hanno ripiegato su un piano B per visitare il Salento fuori stagione. In un loft di New York lo aveva colpito la lunga fila di depliant dalla grafica modernissima e dai font accattivanti appiccicati a un metro e mezzo d’altezza sulla parete del corridoio e così ha copiato l’idea. A Ostuni, però, si sono concessi un trullo ristrutturato. Oggi nessuno sprecherebbe più denaro in quel tipo di marketing, quello di lasciare pubblicità in cartoncino stampato alle casse dei negozi e non è certo perché è da un anno che viviamo come dei reclusi. Forse non ne colgo il valore affettivo, forse dovrei farlo, di certo a casa mia non c’è posto per appenderli. Sono comunque bravo a dissimulare e così, sbrigati i convenevoli, mi avvisa che venendo qui dal parcheggio ha notato un tassista russare in macchina in una stradina in cui dubito che qualcuno possa aver mai bisogno di una corsa per andare da qualche parte. «Non importa dove sei», mi incalza. «La giornata lavorativa mica è finita». A me viene in mente che fuori è decisamente primavera e potrebbe essere andata che il tassista ha portato qualcuno lì e, sbrigate le faccende del pagamento e della ricevuta, gli è venuta voglia di schiacciare un pisolino per evitare un colpo di sonno sulla via del rientro. È già sera ma è ancora chiaro e immagino l’interno del parabrezza riflettere il display del navigatore satellitare acceso. Mi verrebbe voglia così di scendere in strada e di scrivergli sulla vernice bianca immacolata del cofano, con uno di quei pennarelli indelebili che usiamo a scuola, che chi dorme non piglia pesci. Mi potrebbe cogliere sul fatto qualcuno che abita lì, a partire da Roberta mentre rientra da qualche suo impegno di lavoro trascinando lo stesso trolley che usa anche quando trascorre il fine settimana dal suo compagno che vive a Livorno o Angelo, che porta fuori il cane che – sono parole sue – è un surrogato di quello che aveva prima ma che ora è morto.

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