con le stelle

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Mettere le canzoni giuste al momento giusto è un vero talento. Anche qualche istante dopo rispetto a quando servono ci si può accontentare, fino a qualche anno fa abbiamo convissuto con una latenza oggi inammissibile. L’unico rammarico sono, al limite, le occasioni perse. Conosco la signora Polina perché faceva le pulizie ai miei vicini del piano di sopra. Ora è ingaggiata come badante a tempo pieno in una di quelle famiglie in cui sembrano essere tutti vecchi da sempre. Polina è in piazza con uno dei nonni o zii di cui si prende cura, circondata da una decina di anziani. La donna brandisce uno smartphone che trasmette un video sulla guerra, una scena che di questi tempi rischia di cadere nell’ordinarietà. Il problema è che Polina è russa e cerca di convincere le persone che ha intorno che la colpa è di quella specie di comico ballerino ucraino che non la racconta giusta. Il suo nonnetto non ha un’opinione, ma uno degli altri ottuagenari sostiene che è non possibile che, quella di Zelensky, sia tutta una messa in scena per provocare Putin. Sto per chiedere chiarimenti ma una mamma con una bambina mi distraggono dal dire la mia sulla crisi politica mondiale. La figlia racconta alla madre, a cui dà la mano, che domani ha il compito di realtà a scuola. I piccoli sono quelli più penalizzati dai grandi cambiamenti come una riforma sbagliata dell’istruzione, una pandemia, una guerra. A noi adulti, responsabili del loro disagio, piace comunque sfoggiarli in pubblico lo stesso. La mia teoria è che anche i peggiori ceffi, quando spingono un passeggino, rivelano un’aria dignitosa. Anche quelli con la faccia da tossico, i tamarri o i peggio vestiti, se li vedi a spasso alla guida di un bambino sprigionano tutta la loro potenzialità di persone affidabili. Intorno a noi c’è il solito tripudio di bandiere arcobaleno, solo che al posto di andrà tutto bene ora c’è un laconico augurio di pace. Che sfiga. Prima le mascherine, ora il rischio della terza guerra mondiale. Ripenso al film di ieri sera, il remake italiano di quella storia con Robert De Niro e Meryl Streep che si innamorano sulla metro. In questa riduzione per la nostra sensibilità i due non concludono un bel niente perché, appena si diffonde il Covid, ad entrambi viene concesso il telelavoro e addio treno delle otto. Si vedono l’ultima volta al supermercato, la settimana prima del lockdown, davanti alla vetrina frigo delle verdure confezionate. Qualche giorno dopo chiude tutto e il film finisce così. E la canzone giusta al momento giusto è proprio quel pezzo degli Üstmamò, quello che dice

Che bella cosa
che lieta meraviglia
non ci è toccata
né guerra né miseria

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