il convivio

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A tavola o davanti a un drink vince chi ha l’esclusiva della storia di vita più avvincente da mettere al centro della conversazione. In genere, se qualcuno dei presenti conosce il detentore di quel parziale primato che lo autorizza a porsi come leader della narrazione, sarà lui a consegnargli lo scettro dell’attenzione generale, una mossa intelligente e che consente a questa figura di spalla – non necessariamente richiesta – di beneficiare delle emanazioni del protagonista e, allo stesso tempo, lo esonera dal lanciarsi nell’agone per contendergli la vittoria finale. Una condizione ottimale per il conduttore designato, che di norma non ha certo bisogno di sgomitare con gli altri. Introdurre la sua storia prima che non sia espressamente richiesta può dare adito a reazione avverse – invidia o smania di emulazione in primis – tranquillamente evitabili lasciando scorrere le cose in modo naturale.

La vittima sacrificale di questa dinamica sarà il secondo in grado dal punto di vista dell’eccezionalità della storia individuale, d’altronde arrivare a un soffio dal gradino più alto del podio non fa piacere a nessuno e in nessuna disciplina. A meno di non essere un fenomeno in qualcosa e di non sentire il bisogno di marcare il territorio in ogni contesto, tutto sommato è più augurabile trovarsi nella condizione di sentirsi una persona ordinaria, con un lavoro a bassa visibilità, una famiglia mediamente felice, con hobby e passioni che interessano poco a nessuno e che anzi, quando ne parli la gente sbadiglia o cambia subito discorso. Cito spesso l’esempio del cognato di mio cognato, uno sportellista bancario con il pallino dell’apicoltura. A pranzo con lui, avere una collezione di dischi lascia il tempo che trova, e io per primo lo tempesto di domande per saperne di più.

Il mio consiglio, però, è di segnarvi in qualche modo le grandi storie che tengono banco quando siete in compagnia. Il modo più efficace è senza dubbio quello di scrivere tutto su un blog ma non perché lo faccio io. Si riesce a raccogliere un compendio del genere umano niente male. Tra gli argomenti che hanno suscitato maggiormente la curiosità dei commensali in occasioni in cui ero presente, ricordo su tutte quella del marito ingegnere di un’ex collega di mia moglie. Lui trascorreva diversi mesi all’anno in trasferta in India, dove la sua azienda stava costruendo un mega impianto in uno stabilimento di rilevanza mondiale. Ci siamo frequentati qualche volta perché avevamo i figli piccoli della stessa età. Le poche volte in cui l’uomo non era in trasferta, era chiaro che si prediligessero le domande rivolte a lui sulla sua esperienza all’estero, tutt’altro che ordinaria. Tutte le altre vite, al suo confronto, risultavano trascurabili ed era inutile soffermarsi sul lavoro in ufficio degli altri, su quello che vedevamo in centro a Milano, sui treni in ritardo. L’India, anche vissuta in quel modo protetto, fatto di hotel business e giornate trascorse in fabbrica, con autisti e itinerari bloccati, aveva di certo un fascino superiore a qualunque altra cosa. La prima volta che l’ho incontrato sapevo già della sua vita e ricordo di essermi precipitato subito a chiedergli di parlarci di quello che faceva. La mia vita, il mio lavoro di allora, in quel contesto sarebbero stati liquidabili in meno di un minuto.

Sono stato testimone di altre storie altrettanto pittoresche, a partire dal miliziano croato rifugiatosi in Italia durante la guerra civile (anche se poi ho scoperto che aveva lavorato un po’ troppo con l’immaginazione), il traduttore di uno dei più venduti autori di letteratura americana, l’amico di infanzia di Mahmood e di Elodie.

Una categoria a sé è invece popolata da un sacco di gente che fa lavori ordinari e li fa passare per straordinari. In questi casi riconosco l’abilità di chi riesce a raccontare la realtà come vorrebbe che fosse e non com’è dal vero, o magari è davvero così e la colpa è di chi, come me, fatica a riconoscere il reale valore delle cose. Io li invidio molto perché, a differenza di me, hanno la stoffa dello scrittore. Ma non voglio fare la vittima. In un paio di casi la mia professione di insegnante di scuola primaria mi ha tributato una meritata posizione di leader della conversazione. I miei contendenti erano ben poca roba, impiegati pendolari e una volta persino un elettricista. Ma, nel caso facciate il mio stesso lavoro, vi conviene presentarvi come maestro. Il nome sarà anche all’antica ma, ve lo assicuro, fa più scena.

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