maxirata finale

Standard

Salvatore alla fine ha deciso di tenerla. La vita, dico. Alla fine Salvatore ha deciso di tenerla. La formula gli era stata prospettata come la più adatta al suo profilo di essere umano: hai un bene che ti godi a spanne per un’ottantina d’anni, sempre che non ti capiti qualche incidente. E se sei uno che non ama i cambiamenti, gli aveva detto il venditore della concessionaria, non ti verrà mai in mente di restituirla dopo appena quattro anni come fanno tutti oggi. Versano un acconto – poche lire -, pagano una rata sostenibile per 96 mesi e poi la riportano indietro, tanto il contratto prevede la supervalutazione garantita dell’usato. A quel punto scelgono che fare. Possono sostituirla con un nuovo modello e ripartire da capo e continuare a fare così per tutto il resto del tempo che gli rimane. Una sorta di leasing, per chi ci tiene ad avere sempre una nuova possibilità. Oppure versare la maxirata finale e diventare proprietari. A Salvatore, invece, la vita serviva per il motivo per cui tutti, bene o male, ne abbiamo almeno una, nuova o usata che sia. Si era informato, aveva simulato tutti gli scenari possibili, ma poi era giunto alla conclusione che tanto valeva comprarla subito, come si faceva una volta. Come avevano fatto i suoi genitori, i suoi nonni, e tutte le generazioni di persone che si erano avvicendate prima che qualcuno si inventasse che era necessario dare una svecchiata. Le ha tirato il collo – dovreste vedere le cifre sul cruscotto – ma poi, a quella che doveva essere l’ultima revisione, non se l’è sentita di darla indietro per un nuovo modello, considerando che il destino di quel catorcio era segnato. I parametri europei non lasciano scampo, e il rischio era di non poter più mettere il naso fuori di casa senza beccarsi una contravvenzione. Le rate le aveva finite da un pezzo, e un po’ ci si era affezionato. L’ha messa nel box e l’ha tirata a lucido, con l’impegno a metterla in moto e concedersi qualche sgasata la domenica mattina come fanno quei fanatici con le auto d’epoca che le muovono solo per partecipare ai raduni. A quell’età, Salvatore non ha bisogno di altro. Ha stampato decine di foto, i momenti in cui a bordo della sua vita insieme a lui ci sono le persone più importanti con cui ha condiviso un pezzo di cammino, e si è fatto preparare qualche album da uno di quei siti in cui puoi impaginare le immagini come preferisci. Poi va giù in garage e si siede sul sedile del passeggero, quello che per la maggior parte della sua esistenza è stato occupato da una persona molto importante. Si accende una sigaretta, mette le sue canzoni preferite, e ripercorre, foto dopo foto – senza fretta di arrivare – tutti i giorni che gli va.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.