a misura duomo

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Mia moglie è così ossessionata dalle cavallette che riesce a localizzare un esemplare anche a decine di metri di distanza. Si tratta di un superpotere che si manifesta solo con le cavallette. Sarebbe bello, per dire, che ci riuscisse anche con le banconote smarrite per strada. Qualche giorno fa è riuscita a distinguere da lontano una cornacchia dalle centinaia di altre – se ne vedono a bizzeffe, qui in pianura – solo perché nel becco teneva una cavalletta e ci giocava come fanno i predatori con le prede. Le concedeva l’illusione della libertà per poi riafferrarla e sbatacchiarla in giro con quella crudeltà che solo chi è in alto nella catena alimentare può permettersi. A mia moglie capita di percepire anche le cavallette immobili che stazionano mimetizzandosi sui muri esterni dei palazzi. Il suo terrore è talmente fuori controllo che probabilmente sublima in capacità divinatoria e paranormale.

A me succede la stessa cosa ma con gli ingenui tentativi – provenienti da fonti riconducibili a tutti gli orientamenti partitici – di screditare Milano e l’operato di Beppe Sala. I casi sono due: o ce ne sono veramente tanti e non c’è tg o sito o social network che ne parli, oppure è la stessa dinamica che risveglia l’istinto di mia moglie di sopravvivenza alle cavallette e mi è impossibile evitarli.

O, meglio, è una cosa che mi fa talmente rabbia che vedo malafede ovunque. Credo sia difficile trovare, in Italia ma anche fuori da qui, una cosa che funzioni bene come Milano e i milanesi. E ve lo dice un ligure, uno che quando torna nella città di origine nel weekend non può permettersi di farsi un giretto in auto in riviera per non rischiare di rimanere imbottigliato tra i milioni di lombardi che vengono a farsi un bagno. Uno che ha trascorso un pranzo di Pasqua di qualche anno fa da solo in auto perché, in tutta Varazze, non c’era un parcheggio libero che gli consentisse di raggiungere il resto della famiglia che aveva lasciato al ristorante poco prima con le ultime parole famose: “il tempo di lasciare la macchina da qualche parte e vi raggiungo”.

Sarà una combinazione o il frutto del mio superpotere, ma ogni sera mi imbatto in improbabili reporter aggirarsi tra i clochard di via Pisani, riprese semi-occultate di risse a colpi di machete o bottiglie rotte in Stazione Centrale, video amatoriali di borseggiatrici malmenate in metropolitana, parchetti adibiti a supermarket di droghe di ogni tipo. Per non parlare delle lamentele sulle piste ciclabili che sottraggono parcheggi alle vie dello shopping, sui prezzi delle case private e dell’incuria dei quartieri popolari, sulla gentrificazione delle periferie, sulla movida, sull’attitudine ingiustificata alla grandeur, sul rebranding dei quartieri a partire dai nomignoli che qualche esperto di marketing applicato all’urbanistica ha coniato. Poco fa ho letto addirittura che Tortu va più veloce dei treni della linea rossa. Un gioco il cui obiettivo è facilmente smascherabile: i fratellisti d’italia e i leghisti rosicano per un modello organizzativo che ci invidiano in tutto il mondo e che loro sono solo capaci di mettere in pratica con le ronde nazi-padane e a cucchiaiate di olio di ricino. E, dalla parte opposta, non va giù il fatto che a sinistra possa affermarsi un sistema che coniuga, in modo efficace, sostenibilità e imprenditoria. Non so in quale città italiana abitino, tutti questi detrattori. Non so in quale posto più pulito, più civile, più ricco di servizi, più curato e più organizzato vivano, e sono contento per loro. Perché per me, che vengo dal terzo mondo, Milano resta tutt’ora una meraviglia, grazie anche alla gestione di Sala. Qui ho costruito la mia famiglia, qui ho avuto opportunità professionali, qui spero di invecchiare serenamente.

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