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La scuola è un lavoro meraviglioso e allo stesso tempo un hobby appassionante. Si lavora nelle ore di servizio, in mensa e in programmazione. Terminate le ore in classe ci sono poi i consueti straordinari per finire tutto il resto che nel tempo regolamentare abbiamo lasciato a metà, un insieme di cose che va dalle correzioni delle verifiche, i giudizi descrittivi da articolare nel registro elettronico, la preparazione delle lezioni successive e molto altro. Infine, concluso tutto questo, possiamo dedicarci al nostro hobby preferito nel tempo libero che è ancora la scuola, con le numerose email di colleghi e genitori che meritano una risposta, i corsi di formazione da seguire o i confronti sulle piattaforme social inerenti i macro-temi della pedagogia o delle discipline che insegniamo, oppure qualche fuori programma comunque sempre riconducibile alla nostro lavoro che alcuni dicono essere una missione ma poi, chi è di questa idea, lo ritrovi spesso in prima linea a denigrarci quando (e scusate se mi ripeto) qualche dipendente pubblico fantastico in grado di esercitare superpoteri come assentarsi 20 anni su 24, o spararsi Napoli – Milano a/r in giornata, sale agli onori della cronaca.

Ma, a parte questa letteratura da spiaggia, la meraviglia della scuola è che è il mestiere in cui, più di ogni altro impiego, un individuo può davvero sentirsi utile. Non avete idea di quanto sia facile darsi da fare per il prossimo. Lo so, direte voi, può sembrare facile, in un ambiente composto al 99% di esseri umani (studenti, genitori, bidelli, docenti, personale amministrativo) e dall’1% di asset. Lanci una buona azione chiudendo gli occhi e stai sicuro che comunque riesci a colpire qualcuno. Fare cose per gli altri, a scuola, è facilissimo. A volte in queste buone azioni ci passi dentro come quei videogiochi in cui SuperMario attraversa le monete per aumentare il punteggio, avete presente? Questo perché tutti, nella scuola, hanno bisogno di qualcosa ed è un qualcosa che è alla portata di tutti gli altri. Oppure ci si può anche impegnare, a essere utili, ci si può mettere all’opera e cercare cosa c’è da fare per la collettività e, come potete immaginare, è un po’ come quando sollevi una botola e ti trovi sotto una stanza del tesoro.

Stamattina mi è capitata una cosa bellissima che rientra in quei casi in cui, ad aiutare il prossimo a scuola, ti ci imbatti dentro. Non c’è molto da dire: una ragazzina in attesa del suo turno all’orale di terza media è andata nel panico perché non riusciva più ad aprire la presentazione che aveva preparato da esporre alla commissione. Io non insegno alla secondaria, ero lì perché c’è l’ufficio della mia dirigente ed ero in meeting con lei. Anzi, a onor del vero stavo già tornando a casa ma la dirigente mi ha telefonato per chiedermi se potevo tornare indietro. La ragazzina era completamente in tilt, altrettanto la mamma che avrebbe dovuto infonderle coraggio e così anche la nonna, che non sapeva che pesci pigliare. Ci siamo messi all’opera sul suo PC e in pochi minuti la sua presentazione sul razzismo è tornata a rifulgere in tutto il suo splendore. La mamma si è commossa, la nonna si è esaltata, la ragazzina si è calmata e, constatato che tutto era sotto controllo, questo miracolo ha definitivamente sancito la fine della mia giornata lavorativa, pronto a dedicarmi – una volta rientrato a casa – al mio hobby preferito che avrete capito qual è.

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