puntini puntini

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Ho sostituito le lenti che uso per leggere e per stare al computer la scorsa primavera e, per il rotto della cuffia, ho evitato l’upgrade alle progressive. Da lontano vedo ancora bene ma, da vicino, è sempre più un disastro. Il fatto è che gli occhiali sul naso mi danno fastidio e cerco di rimandare il più possibile il momento in cui dovrò portarli costantemente, anziché indossarli solo per la presbiopia. Ma negli ultimi mesi la situazione è peggiorata e temo di non avere scampo. La mattina, appena sveglio, faccio una fatica enorme a mettere a fuoco le cose in prossimità e sono esposto a rischi grossolani. Per esempio, stamane ho ricevuto sullo smartphone il messaggio dall’app della banca dell’accredito dell’assegno famigliare di 13.00 euro ma, non vedendo il puntino tra unità e decimali, ho letto 1.300 e, messi gli occhiali, ci sono rimasto molto male. E pensare che la questione della separazione tra le classi – la società contemporanea non c’entra, mi riferisco al valore posizionale delle cifre nei numeri, quindi miliardi, milioni, migliaia e unità semplici – è all’ordine del giorno. La mia collega veterana e opinion leader in matematica sostiene di aver vissuto in prima persona il dibattito, tempo fa, sulla necessità di individuare un’alternativa ai puntini, considerando che le calcolatrici ne utilizzano il simbolo al posto della virgola. Lei è una sostenitrice radicale e accanita dello spazio tra le classi. A me non piace in prima battuta perché non sono classista ma, soprattutto, perché poi crea confusione ai bambini quando si tratta di risolvere le operazioni in colonna. Il testo che ho adottato, poi, sostiene che, oltre allo spazietto, si può usare il puntino sotto ma anche quello sopra. Non solo: le calcolatrici moderne, per non parlare delle app, la virgola la sanno scrivere eccome. Mi scoccia, però, avviare discussioni inutili con la mia collega decana, che poi ha solo un paio di anni più di me ma insegna da quando ne aveva diciotto mentre io, a diciotto, mi conciavo come Robert Smith. Faccio finta di nulla, annuisco nelle discussioni quando insiste sul fatto che il mondo della pedagogia si era espresso senza lasciare alcun dubbio sul problema dello spazio rispetto al puntino, ma poi, alla LIM, quando lavoriamo in classe sulle operazioni con i numeri grandissimi, dico ai bambini che possono fare quello che vogliono. Puntino sopra, puntino sotto, spazietto, lascio scegliere cosa preferiscono, basta che facciano attenzione. Anche perché, a fare attenzione, il primo devo essere io. La scrittura alla LIM è l’unica attività ravvicinata in cui è meglio che mi tolga gli occhiali. Sarà la penna, sarà la luce, sarà la vecchiaia, fatto sta che anche per le operazioni più semplici  – contare otto quadretti, fare i puntini tra le classi dei numeri – devo allontanarmi e controllare due volte. Chissà se con le lenti progressive cambierebbe qualcosa. E comunque, quando leggo “lenti progressive”, la prima cosa che mi viene in mente è “After The Ordeal”.

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