berta dai grandi piedi

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Era la prefazione di uno dei testi previsti nel corso monografico della prof.ssa Petti Balbi per gli studenti iscritti al suo esame che ci andava giù per il pesante contro il medioevo. A nessuno altrimenti sarebbe mai venuto in mente di guardare a quel millennio o giù di lì con così immotivato sospetto. Possibile che l’umanità in un arco di tempo così ampio non sia riuscita a produrre almeno una cosa buona? Eppure, nonostante questo terrorismo psicologico a cui siamo soggetti indipendentemente se, con la storia, ci fermiamo alla terza media o la scegliamo come disciplina di base per la nostra tesi di laurea, non c’è periodo a cui noi italiani siamo affezionati più del medioevo e ve lo dimostro.

Intanto non c’è città dalle nostre parti, ad eccezione di qualche esperimento urbanistico fallimentare del mascellone pelato giustamente appeso a testa in giù, che non abbia un’ossatura medioevale o un centro storico, per non parlare dei borghi più belli d’Italia che proliferano nelle trasmissioni della tv di stato, anzi di patria, in cui se magna e se bbeve conciati come dei pagliacci, anzi, come dei giullari di corte. Non c’è esperienza più ambita dagli italiani se non quella di abbuffarsi di piatti della tradizione in una taverna come quelle di una volta (inteso come quelle dell’anno mille) preparata con i prodotti della tradizione seguendo le ricette della tradizione.

E, nella nostra epoca caratterizzata dall’individualismo più esasperato ed esasperante, non c’è modello sociale più affascinante della granularizzazione causata dalla forza centrifuga del fuggi fuggi generale nel medioevo, in un momento in cui ciascuno fa per sé scrollandosi di dosso ogni responsabilità che deriva dal legame con un nucleo famigliare, un condominio, un quartiere, un paese o una città, una provincia, una regione, uno stato, un continente, il mondo intero, il sistema solare, la via lattea e l’universo stesso. E se non siamo tornati nelle caverne è perché ai tempi, io lo so bene perché le frequentavo, ci si muoveva in branco come bestie qualsiasi. Vuoi mettere una sana e basica esperienza di isolamento rispetto a tutti quei colori e a quel progresso con cui quelli del rinascimento sono poi arrivati a romperci i maroni? E poi, a quei tempi, le donne sapevano stare al loro posto, meglio tornare a un più salutare oscurantismo.

Non solo. Ci sono molte affinità tra i bestiari e gli unicorni dei tempi con tutte le fandonie di cui ci siamo riempiti l’immaginario del duemila. Le scie chimiche, i complotti, le dietrologie, per non parlare di tutte le superstizioni e i riti con cui ci riempiamo le giornate. L’ultima che ho letto è che c’è gente che pensa che i nostri antenati usino gli animali domestici come vettori per starci vicino e proteggerci, per quello che riescono a fare. Non si tratta di una reincarnazione, ma di veri e propri involucri in cui si alternano per osservare quello che facciamo. Non so chi ci sia, in questo momento, dentro alla mia gatta, di certo qualcuno che, quando era in carne e ossa, vomitava spesso. Quando, durante il lockdown, praticavo un po’ di ginnastica in salotto, manifestava la sua preoccupazione salendomi addosso per impedirmi gli esercizi più faticosi. Lo so cosa state pensando: ci controllano di più gatti e cani o i dispositivi che portiamo con noi? Anche questa è una tematica che non avrebbe sfigurato ai tempi dei draghi e dei castelli. È solo per un caso che il mio smartphone non fa altro che propormi app di allenamento con la sedia. Vedo solo anziani dagli addominali super definiti – maschi alfa rigorosamente tatuati e con le barbe che usano oggi – che si tengono in forma con esercizi a corpo libero da seduti. E non scrivo “calistenico” perché, altrimenti, anche questo spazio si riempirebbe di pubblicità profilata.

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