la tre

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Ora ditemi se la sigla di Propaganda Live non sta meglio in 3/4.

la quattro

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Ora ditemi se la sigla di Propaganda Live non sta meglio in 4/4, che poi è già in quattro ma insomma ci siamo capiti.

la cinque

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Ora ditemi se la sigla di Propaganda Live non sta meglio in 5/4.

la sei

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Ora ditemi se la sigla di Propaganda Live non sta meglio in 6/4.

p. s. è il sequel di quella in sette che trovate qui 

AD

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Il primo collegio docenti dell’anno scolastico ha lo stesso impatto di un concerto dei Sepultura. Non ho mai visto i Sepultura dal vivo – appartengo a un’altra parrocchia – ma credo che renda l’idea. Te ne stai seduto alla cattedra dell’aula magna, alla sinistra della Dirigente, in quanto collaboratore vicario, e esauriti tutti i punti all’odg ecco avvicinarsi un’orda di colleghi vecchi e nuovi a rompere la quarta parete delle assemblee di insegnanti pronti a farti domande e chiedere le informazioni più assurde dei generi più disparati. L’elasticità con cui cercare dati nell’archivio mnemonico, ogni anno, mi mette sempre più alla prova. Il punto è che l’entropia è il fattore specifico e caratterizzante della scuola italiana e chi si cura degli aspetti organizzativi e didattici state sicuri che non è mai pronto, in occasione dell’evento che sancisce l’avvio della nuova stagione, quello che nelle aziende fighe si chiama kick off. Puoi aver trascorso le più belle e più rilassanti e più lunghe e più solitarie vacanze del mondo ma stai tranquillo che è impossibile proteggersi dall’onda d’urto che consegue alle cosiddette varie ed eventuali. Che poi, arrivati a quel punto, uno pensa che il collegio sia finito. E invece.

Immaginate qualche decina di nuovi collaboratori catapultati in una realtà lavorativa simile a quelle in cui si è militato in precedenza ma con peculiarità uniche e, in quanto tali, paradossalmente opposte. Gente magari fresca di nomina come la collega partita dalla Sicilia in aereo la sera prima, non appena pubblicate le graduatorie, atterrata giusto in tempo per l’avvio dei lavori, quindi immediatamente dopo a bordo di un treno per rientrare a casa a più di mille km, fare armi, figli e bagagli, e tornare su ancora immediatamente dopo per non perdere il posto.

Fino a tutta una serie di richieste che, in qualunque altro tipo di organizzazione di qualunque altro settore e di qualunque altra dimensione, comporterebbero uffici e team e portali dedicati a temi che vanno dalle piattaforme digitali ai permessi per lutto, dalla distribuzione delle compresenze al codice della fotocopiatrice, dai dissapori con i colleghi all’acqua dei distributori automatici, o semplicemente solo la necessità di fare quattro chiacchiere. Come sono andate le vacanze. Le tappe ai distributori all’uscita dell’A1 per spendere di meno attraversando l’Italia, i figli che fanno alle superiori, la scoperta di un’allergia mai avvertita prima, e molto altro. Ma davvero molto e davvero altro.

E AD, se non siete del settore, non significa anno domini ma piuttosto animatore digitale, che è una carica che lo so che fa ridere, a chi non lavora nella scuola. Potete immaginarci come una sorta di Fiorello in grado di passare dal karaoke alla conduzione di Sanremo al mattatore di strada ma, tutto questo, nel settore dell’IT in ambito educational/scolastico con l’aggravante del rigore e della burocrazia tipici della PA italiana. Quest’anno la mia preside ha dedicato addirittura una slide, nella presentazione a supporto del collegio docenti, tutta dedicata a me. Ha spiegato le ragioni della mia riconferma e c’è stato pure un applauso. Sono diventato rosso, così mi sono voltato verso il proiettore cinese che abbiamo comprato con i soldi del PNRR, che prima di andare in stand-by si collega con una specie di Netflix altrettanto cinese e mostra, suddivise in riquadri di anteprima, tutte le novità ancora cinesi disponibili in streaming, film che nessuno, qui in Italia, vedrà mai.

bollino rosso

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Almeno un bagnante su tre, sotto gli ombrelloni delle spiagge del sud, parla di graduatorie. Se siete del mestiere vi sarà facile riconoscere, tra un magistrale rovescio di racchettone, un panino con la pancetta coppata, una birra dello stretto Gran Premio ghiacciata, uno sbaffo di crema solare sulla guancia e i bassi pompati di sesso e samba provenienti da qualche stabilimento più in là, certi inconfondibili acronimi della speranza come GAE e GPS. Una percentuale demografica comunque importante che mi ha accompagnato lungo un rientro in macchina verso nord durato tanto quanto una traversata in aeroplano in Nuova Zelanda. Un popolo per lo più di Golf e Alfa Giulia mescolate tra camionisti di tutto il mondo, camper tedeschi e olandesi e ingenui turisti ordinari come me, di quelli che non prendono sul serio certe teorie complottiste dai nomi biblici come controesodo che, di questi tempi, meglio non approfondire.

Alle afose nottate di superluna si sono alternati quindi weekend con un bollino rosso infuocato alto allo zenit. Scie di automezzi a volte fluide, altre pronte a convergere in curiose conformazioni a imbuto dovute alla naturale strozzatura della Calabria che, probabilmente, comprime la sua direttrice principale in una corsia in cui non si può che transitare uno alla volta. Un percorso a singhiozzo che mi ha permesso di cogliere i diversi accenti regionali degli operatori dei distributori a seconda dell’ubicazione della stazione di rifornimento: siciliano in Sicilia, campano in Campania, toscano in Toscana. L’avreste mai detto? Ma, ancora una volta, quello che porto con me dal viaggio appena concluso riguarda un mistero che ci riguarda tutti: perché in vacanza ci vestiamo così male? A cosa si deve questa sospensione del gusto che esprimiamo durante le ferie estive?

Ho scoperto così finalmente il popolo della notte fonda in sosta agli autogrill a dormire stravaccato al posto di guida, a pisciare il cane tra i TIR parcheggiati a spina di pesce, a consumare le costose delikatessen sempre le stesse nonostante i diversi brand delle catene che li gestiscono. Mille e passa chilometri in una tirata da su a giù o viceversa è un’eccellenza tutta italiana, se guardate la forma del posto in cui viviamo, sin dai tempi dei film di Verdone. È bello partire, è bello tornare.

nessuno le suonerebbe più così

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Nell’82 la band di Battiato suonava “Cuccuruccuccu” così

mentre sentite che botta nel 2005

Qui invece ecco due modi per rovinare una canzone: un inutile sfoggio di tecnica su “Musica Ribelle”, suonata a un BPM che ne svilisce la portata

e “Rock’n’Roll Robot” con una base ritmica che non c’entra una mazza con l’approccio synyh punk del pezzo, per di più con quel cialtrone di Ruggeri che suona in playback e sbagliando pure gli accordi:

che figa l’immortalità

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Mi sono regalato due visite guidate quest’anno, in occasione dei ventiquattro anni di questo blog, compiuti a fine luglio, l’ennesimo compleanno dimenticato. Sono strasicuro che le guide autorizzate siano tra i soldi spesi meglio insieme ai dischi di certi gruppi che so io e un buon impianto stereo, quindi quando sono in versione turista e voglio visitare un sito a cui tengo non bado a spese. Intanto perché invidio molto gli esperti tout-court di qualcosa, dopo ventiquattro anni di cose spiegate a cazzo senza saperne nulla è il minimo. Poi perché lo trovo un mestiere avvincente, sin da quando chi mi ha accompagnato – quella volta gratuitamente – tra le mura del Castello di Chambord mi ha disegnato la pianta di ciò che stavo per vedere con la punta di un paio di Camper che gli ho invidiato moltissimo sulla terra del cortile. Anche lui, come me, un maschio ampiamente confuso sul genere di appartenenza, non tanto per i gusti sessuali tanto per le affinità con il resto della categoria.

E anche per visitare la Valle dei Templi il mio consiglio è di prenotare una guida in grado di condurvi dal Tempio di Giunone a quello di Castore e Polluce raccontandovi tutto per filo e per segno. La nostra è costata venti euro a persona ed è stata bravissima. L’unica critica che mi permetto è che i gruppi di sessanta visitatori circa, mescolati a migliaia di altri gruppi da sessanta visitatori circa, non sono facilmente gestibili e un microfono con un sistema di ricevitori e auricolari è il minimo sindacale. Vi consiglio anche di prenotare la visita delle diciassette e trenta, questo vi permettere di essere liberi poi di scorrazzare come preferite e di farvi il percorso al ritroso all’ora del tramonto e con il sito illuminato. Non fatevi tentare dalla visita solo notturna perché, se siete un minimo appassionati come me di storia antica, non ci capirete nulla.

La seconda visita guidata che ho acquistato è stata quella nell’ipogeo di un blog che seguo con elevato interesse sin dalla sua fondazione. Si chiama Alcuni aneddoti dal mio futuro. Anche in questo caso ho prenotato un esperto che mi ha accompagnato nel profondo della scrittura degli autori che pubblicano su questo spazio. Non ho capito se è uno solo o se si tratti di un collettivo o se è semplicemente uno multiforme.

Il fatto è che, per me, il mese di agosto costituisce il punto più basso del mio umore sinusoidale, per questo ho pensato che una sorta di perlustrazione letteraria intima e sotterranea potesse assestarsi in linea con quello che mi gira per la testa durante il periodo in cui siete in tantissimi a prendervi ferie da voi stessi e vi scordate di invitarmi.

Ero in spiaggia, ho letto un pezzo (che non riuscirei più a rintracciare), poi mi sono tuffato nell’acqua fredda e, forse per lo sbalzo di temperatura, mi è venuta una specie di attacco di panico. Ho chiesto alla guida di portarmi in superficie, entrambi indossavamo il caschetto con la lampada accesa e altri dispositivi di protezione individuale. La situazione mi ha ricordato un passaggio dell’Inferno di Dante che non sto a raccontarvi, intanto perché non saprei orientarmi su una roba che ho studiato trent’anni fa e poi non mi va di fare quello che se la tira perché ha fatto l’università. La mia guida mi ha suggerito di guardare verso l’alto, nello stesso istante, anzi un paio di secondi dopo, sono emerso da sotto, respiravo forte e non ho capito se piangessi o era solo l’acqua del mare.

simmetrico

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Se pensate che sia ferragosto a dividere l’anno a metà vi sbagliate di grosso. Anche se il 15/8 è il vero giro di boa, siamo molto più sbilanciati verso le vacanze di natale che mai. Dovremmo smetterla di festeggiare sempre negli stessi giorni. Programmare ogni anno la data delle ricorrenze darebbe una bella scossa al logorio della routine ciclica che ci portiamo appresso come un fardello per tutta la vita. A scuola stabiliamo i giorni più utili per allungare i ponti con un collegio docenti alla fine di ogni anno scolastico per quello successivo. Si dovrebbe fare la stessa cosa tutti insieme con un referendum globale. In che mese chiudere le fabbriche, quando celebrare il capodanno e le altre festività religiose e così via. Tanto, che differenza fa?

Ripensare il calendario contribuirebbe inoltre ad allontanare il rischio di overtourism soprattutto per i viaggi nel tempo. Se andiamo in centinaia di migliaia a goderci lo spettacolo dei nobili ghigliottinati in Francia, per fare un esempio, è chiaro che i giacobini a furia di vedere una massa di curiosi vestiti come pirla con gli smartphone in alto e tatuati peggio che i Maori potrebbero indispettirsi, e il rischio che qualche curioso ci lasci le penne, anzi, la testa non è del tutto da escludere. Anzi, la presenza a ridosso dei principali eventi storici alimenterebbe nei presenti il sospetto che qualcosa sta per accadere e, di conseguenza, provocherebbe ripercussioni sul prosieguo delle cose come le conosciamo, anche se non vi nascondo che questa fluidità nel divenire non sarebbe nemmeno poi così male. Voglio dire, partite in 200 per assistere all’invenzione del web, il tizio che sta smanettando con i protocolli vi chiede che c’è da guardare e voi gli mostrate certi tweet dei leghisti, lui cancella tutto e al ritorno vi ritrovate tutto diverso. Niente pc, niente social, niente deprivazione sociale ma un mondo equo e fiorente come ai tempi di Lorenzo il Magnifico. Sarebbe davvero una cosa bellissima. Nel frattempo, mi accontenterei di non dover fare il bagno a San Vito lo Capo nella piscia di migliaia di turisti come me.

in hoc signo vinces

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Per ottenere quella che è la versione più tamarra di tutti i tempi di “Nel blu, dipinto di blu”, i Gipsy Kings hanno raddoppiato il tempo della prima parte del ritornello (dimezzando cioè in 4 battute le 8 di volare oh, oh, cantare oh, oh, oh, oh) mantenendo uguale all’originale la seconda (nel blu dipinto di blu, felice di stare lassù). Una trovata efficace grazie alla quale è stato risolto un problema strutturale che avrebbe potuto mettere a rischio la resa della banalizzazione a flamenco di uno dei pezzi italiani più conosciuti di sempre (ne avevo già parlato qui). Nessuno però si è mai preso la briga di spiegare al resto del pianeta che Modugno è italiano, i Gipsy Kings dio ce ne scampi. Eppure, durante i tempi morti degli incontri di pallavolo che sempre più tendono a una deriva da villaggio turistico, la versione ultra-chitarristica di quei quattro scappati di casa va per la maggiore. A me verrebbe da scendere dagli spalti o rompere la quarta parete sportiva per spiegare al dj animatore commentatore o come diavolo si chiama, con tutta la pazienza propria di un insegnante di scuola primaria, che tra quei rom francesi di origine spagnola, ideatori di uno dei format musicali più deleteri della nostra civiltà, e noi c’è una bella differenza. Un impeto che mi ha fatto riflettere ancora una volta sulla portata campanilistica delle competizioni sportive che, alle olimpiadi, raggiunge il suo apice e fa perdere la bussola anche alle indoli più anti-competitive e internazionaliste come il sottoscritto.

Dovremmo riflettere anche sul fatto che atleti e tifosi abitualmente rimettono la riuscita delle prestazioni sportive loro o della squadra del cuore alle divinità di pertinenza, i primi attraverso la gestualità imposta dalla religione praticata, i secondi in modalità preghiera. Un rito intimo che si ingigantisce a collettivo e che comporta un vero e proprio collo di bottiglia di query simultanee tra client e sistema di gestione della base dati, per usare una metafora informatica. Ipotizzando una entità unica in grado di soddisfare le richieste (indipendentemente dall’interpretazione delle diverse confessioni), nel corso di una gara o di una partita è facile immaginare quante auto-raccomandazioni e quante suppliche debbano essere processate. I dubbi che ne derivano sono molteplici: funziona in base alla tempistica in cui sono state registrate dal server, quindi vince chi si fa il segno della croce o punta il dito verso il cielo per primo? Oppure il creatore o motore immobile che sia ha una rappresentativa nazionale del cuore e fa il tifo per uno stato in particolare? L’Italia per via del papa? L’Arabia per La Mecca? Senza contare che, nel caso ci fossero tante divinità apicali quante sono le religioni al mondo, non dovrebbero fronteggiarsi anche tra di loro affinché il supporto vada a buon fine, proprio come succedeva ai tempi dell’Olimpo? E, nel caso, come viene interpretata la bestemmia di chi sbaglia un colpo?