la descrizione di un attimo

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Sono certo che passare alla storia per una foto cosƬ (peraltro con il logo del nemico sullo sfondo) non sia un modo efficace per entrare nel mondo del lavoro e della dignitĆ  collaterale che questo passo comporta. L’attimo in cui lanci un estintore, e per tua fortuna non c’ĆØ nessuno a spararti ma hai un obiettivo altrettanto feroce con fotografo annesso di fronte, rimarrĆ  sempre cosƬ impresso nella memoria collettiva. Ha giĆ  occupato milioni di pagine stampate, rimarrĆ  conservato in gigabyte di spazi virtuali, per sempre. SarĆ  il ritratto personale che accompagnerĆ  il curriculum da presentare a un colloquio, se mai l’interessato avrĆ  bisogno di trovare un’occupazione anche precaria.

rivolte a chilometro zero

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Sono invece (invece si riferisce al mio precedente post) d’accordo con Giovanna Cosenza, che a sua volta si trova d’accordo con Wu Ming 1, con cui per la proprietĆ  transitiva mi trovo in linea anche io. In pratica,

Il format dello Ā«scendere in piazzaĀ» non ĆØ solo logoro. Il problema non ĆØ solo la mancanza di creativitĆ . Il problema ĆØ che la piazza che abbiamo visto ieri non serve affatto a realizzare gli obiettivi di chi era lƬ (violento o non violento che fosse), e men che meno serve a realizzare le migliori intenzioni di chi ĆØ andato a Roma con la migliore consapevolezza e coscienza critica del mondo.Ā Serve, al contrario, a rinforzare la voglia di non partecipare, non costruire, non fare. Detto in altri termini: serve a rinforzare le spinte alle conservazione di tutta l’attuale classe politica e il consenso al governo in carica.

Un tema ricorrente, spinoso e vecchio quanto la storia repubblicana. La piazza potrebbe funzionare ma solo sull’obiettivo prossimo, e sono convinto che se vi fosse un obiettivo a portata di mano la piazza non si mobiliterebbe, perchĆ© lo scontro sarebbe diretto e non contro un simulacro di potere. Sono certo che oggi il motivo più efficace per manifestare il dissenso e sottrarsi al logorƬo della consuetudine anarcoide e griffata – che a nulla porta se non all’onanismo sfascista e globalizzato – sia sorprendere il nemico con una strategia locale. Iscriversi a un partito, fare politica sul territorio, aderire a comitati, partecipare a commissioni di controllo, in estate cucinare salamelle. Il format consiste nel rovesciare il potere impadronendocene dal basso. Convincendo gente sul posto, vincendo elezioni amministrative e, da lƬ, politiche. Sarebbe una cosa mai vista, no? Lasceremmo finalmente l’opinione pubblica a bocca aperta, le banche sono un di cui.

cose che col tempo diventano superflue

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Pensavo a un elenco, che può iniziare con il pettine o le giacche di pelle anni 70, i nastri magnetici e anche la carta, perchĆ© no. Cose che io, vuoi l’etĆ  e il progresso, non uso più. E, in senso lato, tra i primi dieci c’ĆØ spazio per Pannella e i radicali, anche se vanno benissimo come bersaglio per esercitare la mira. E il servizio d’ordine, perchĆ© no, d’altronde chi ha voglia di fare a botte con quelli dei centri sociali? I centri sociali stessi diventano superflui, ora la vera alternativa sarebbe davvero farsi la tessera di un partito, un comportamento cosƬ di nicchia. E a cosa serve vedersi in piazza e marciare su e verso il nemico comune, il McDonald di ieri che ĆØ la Banca d’Italia di oggi e se per strada c’ĆØ un Apple Store tanto meglio: l’iPhone nero che fa pendant con la divisa da perfetto guastafeste con la mazza, oggi l’esproprio proletario ĆØ per i beni di lusso. Leggere di chi strumentalizza questi figli di papĆ  che rubano la scena ai precari, a braccetto con i fascisti e gli ultras dello stadio e gli infiltrati da chi sappiamo ĆØ altrettanto fuori tempo massimo. Fa persino venir voglia di rivedere le proprie posizioni su chi tentava di annientare il mercato a colpi di estintore.

il mio sangue ricadrĆ  su di loro (F. Cossiga)

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