ottavio, non dire falsa testimonianza

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Dalle indagini risulta peraltro che Ottavio sia noto nel giro soprattutto per certe abitudini riassumibili nella facilità con cui cade in errore scambiando le persone, le une con le altre. Tizio per Caio. Io così sono andato a visitare il suo profilo LinkedIn, una mossa poco intelligente considerando che il sistema traccia ogni cosa che fai su quel social network noiosissimo e teatro di scambi di riconoscimenti di competenze a cazzo. Sono andato a visitare il suo profilo e l’ho riconosciuto, o almeno credevo.

Ottavio, quello che in certi ambienti non esitano a definire una gatta morta, Ottavio ha un cognome che ho individuato subito come qualcuno che appartiene al mio passato ma senza sapere dove collocarlo. Poi ci sono arrivato. Linea B della metro di Roma, da EUR direzione Stazione Termini. Una mendicante dall’età indefinibile e con l’aggravante del bambino in braccio chiede monete e costringe i passeggeri a dire di no e a riflettere sulla complessità della gestione di un posto come quello, alla vigilia delle elezioni amministrative. Un signore la apostrofa in modo aggressivo: “Se ne torni al paese suo”. Ma i nomadi non hanno paese, e lo abbiamo pensato tutti ma nessuno ha avuto il coraggio di ricordarlo. Invece Ottavio mi sorprende dicendo “A me piacciono ancora, le donne”, e solo perché pur essendo pieno inverno lì sotto seduta viaggia con noi che invece stavamo aggrappati ai cosi che ti reggono la solita turista del nord Europa tutta scollata, che per loro l’Italia è il paese del sole anche se ci sono zero gradi.

Ma l’Italia è una trappola, stia attenta signorina dalla pelle così chiara. L’Italia è quel posto che se ti accontenti del primo bar perché hai fretta paghi il panino cinque euro e mezzo litro di acqua naturale due, con la scusa del Colosseo e del Papa. Se non hai fretta vai invece per le strade meno battute e ti rubano il pc dallo zaino o trovi i ragazzotti che ti dicono che sei bona. L’Italia è il sistema che ti fa perdere sempre nella lotteria della casualità della prenotazione dei posti sul Frecciarossa. Vuoi leggere? Trovi gente che parla. Sei sensibile? Trovi gente che puzza. Hai un senso estetico sviluppato? Ecco Ottavio, che ha mangiato nocciole e gli è venuta l’allergia sulla faccia così forte che non lo puoi nemmeno guardare. Ma poi, a guardare bene la foto, non è nemmeno Ottavio, quello delle indagini. Alla fine sono io a cadere in errore scambiando le persone. Ottavio odia usare i mezzi pubblici, soprattutto a Roma, e si muove sempre in taxi.

l’antico derby tra le città più importanti

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Sostiene mia moglie che qui è tutto progettato per farci lavorare e basta, una tesi che condivido in pieno e non solo perché entrambi siamo reduci da qualche giorno di vacanza trascorso a Roma. Non siamo certo i primi a trovare nell’urbanistica di Milano e della sua area metropolitana i segni di quello che siamo o, meglio, di quello che ci hanno fatto diventare, se vogliamo abbandonarci a qualche impeto di sano complottismo da inizio settimana. L’opinione in auge mette il confronto tra le due città sui piani competitivi innescati dalle rispettive eccellenze, la regolarità del nord contro la grande bellezza della capitale. Ed è proprio insita in questo dualismo la chiave di lettura di uno sviluppo psicosociale degli abitanti di un territorio.

Il nostro immolarci al reddito non ammette evasioni se non quelle programmate dall’ordine economico di cui facciamo parte, vero? Pianifichiamo viaggi, weekend altrove, gitarelle a questa o quella cascina bio-vegan-dellanonna, alimentiamo il nostro fabbisogno salutista in circoli sportivi, campi sintetici a noleggio o palestre e piscine gioiosamente asettiche, circoscriviamo le attività necessarie al sostentamento fisico e intellettuale in complessi pensati ad hoc per concentrare al massimo in un unico luogo l’uso della carta di credito.

Immaginiamo così questi aspetti delle nostre vite come nodi di una rete di collegamenti mutui, naturalmente privi di marciapiedi o se presenti lasciati in abbandono e di piste ciclabili e unicamente carrabili, intasati nelle ore di punta benché a più corsie e con tutti i limiti di velocità e autovelox del caso. Ecco, negli interstizi di queste maglie abbiamo costruito ambienti volutamente lineari, sicuramente imposti dall’andamento pianeggiante del territorio, ma con l’obiettivo più o meno inconscio di generare il minor impatto possibile sulla nostra abnegazione al lavoro.

Voglio dire, il mio amico Giorgio che vive a Roma all’atto di muoversi da casa per lavoro o nel corso di qualsiasi spostamento urbano attraversa ponti con statue imperiali, passa di fronte a terme, anfiteatri, chiese romaniche, resti millenari di tutte le culture che si sono avvicendate nell’urbe, e poi il Foro Italico, il Palazzaccio, il Lungotevere, viale della Conciliazione con in fondo San Pietro. Si tratta di una complessità urbanistica portata all’eccesso, lo so, Roma è una città irripetibile, per nostra fortuna. Tutte cose a cui magari poi ci fai l’abitudine e che a chi è lì in vacanza sembrano straordinarie, dovrebbe essere così che ce la raccontiamo quando imbocchiamo l’uscita dell’autostrada a Cormano.

Ma anche spogliando la nostra vista dal valore aggiunto dell’arte e dell’architettura, è questa regolarità che ci condanna a non uscire mai da quel tracciato fatto di nodi e di percorsi obbligati che li interconnettono, perché gli spazi sono fatti apposta per passare inosservati con i condomini a basso impatto energetico, le strade curate e prive di contenitori della spazzatura, i cani al guinzaglio e i loro padroni al telefono, i bambini che pedalano in bici su percorsi testati per riportarli a casa senza un graffio. Un sistema che funziona a tal punto che visto da altri punti di vista potrebbe sembrare un plastico, una riproduzione in scala di qualcosa, un presepe vivente, persino un episodio di Ai confini della realtà.

Così sono giunto alla conclusione che dovrebbe essere istituito un listino, un prezzario, una tassa di soggiorno che aumenta con la bellezza del posto in cui vivi che non deve essere corrisposta in denaro, altrimenti sapete come va a finire, e nemmeno con il merito perché, diciamocelo, la meritocrazia ha già rotto il cazzo. I posti-vita dovrebbero essere assegnati secondo sensibilità, indole, animo, attitudine alla riflessione sulla bellezza, senso estetico, nozioni di storia, postumi da sindrome di Stendhal. Se poi a uno piace solo guadagnare e non gli interessa dove farlo, sono pronto a dargli il benvenuto qui, nell’hinterland milanese.

in un presunto articolo di un presunto giornalista di un presunto quotidiano online

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Articolo sul Corriere.it, in questo momento. Nello screenshot del video, il gesto fatto dal ragazzo all’estrema destra (in tutti i sensi) con il braccio alzato, non è piuttosto eloquente?

Macché. Tutta colpa della “presunzione”. Vietato sbilanciarsi troppo:

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un po’ di chiarezza sui piumini imbottiti che proteggono dalle infiltrazioni

il mio sangue ricadrà su di loro (F. Cossiga)

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