buongiorno tristezza

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La massa del nostro pianeta potrebbe essere tranquillamente riempita da tutta la discografia in mp3, in formato anche dignitoso, che so, 160 kbps, di tutti i gruppi deprimenti della storia della musica deprimente. E, badate bene, io potrei essere il presidente onorario del club della depressione sonora. Fin dai tempi dell’infanzia, quando la mia ipersensibilità mi faceva piangere sulla melodia a 45 giri di Gianni Morandi, mentre prometteva ai suoi figli di riempire la roulotte di animali di pelouche, piuttosto che far loro sopportare la solitudine di una casa vuota. Quello sì che era un papà forte. Anche il mio lo era, anche se mi costringeva a curvare la schiena sul pianoforte condannandomi a una scogliosi da cui non mi sarei mai più ripreso.

Dicevamo? Ah, sì, i gruppi deprimenti per depressi cronici. Li ho passati tutti, dai Joy Division a roba tipo questa qui. Immaginiamo ora una rappresentazione grafica della depressione sonora. Una piramide, il vertice della quale è occupato dal gruppo più cult di tutti i gruppi cult: i Radiohead. Ecco. Io ascolto tutto, in quella piramide, tranne il vertice. Io i Radiohead li ho amati, fino a Ok Computer. Da lì in poi, non me ne vogliate, mi hanno sempre fatto c****e. Non so spiegarvi il perché. Non li trovo nemmeno particolarmente difficili, e non lo faccio neppure perché sono snob e non voglio mescolarmi alla massa di depressi. N-o-n l-i-r-e-g-g-o. Punto e basta. E così, mentre ovunque si parla e si scrive del nuovo disco dei Radiohead, celebro l’avvenimento del decennio in corso con il nuovo disco di Caparezza. Tamarro e sboccato quanto intelligente e divertente. Tiè.

piccoli fans

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Ho deciso che porterò mia figlia, ormai settenne, al concerto dei SubSonicA, il 13 aprile al Forum di Assago. Fatta eccezione per un live di Caparezza all’aperto nel 2007, e un frammento di una esibizione degli Offlaga Disco Pax al Carroponte di Sesto San Giovanni la scorsa estate (al terzo pezzo già si era dispersa in emulazioni di jocolerie varie. Ho dovuto anche inventarmi una risposta plausibile alla domanda “Papà, ma perché parla anziché cantare?”), questo sarà il suo primo concerto vero.

Vero perché, a furia di ascolti, conosce molti pezzi, si ricorda i testi a memoria – di certo più di papà e mamma – e si dimena su alcuni refrain fortemente (secondo la sua sensibilità) emotivi, come il solo di synth di Strade. Quindi per la prima volta non sarà una bimba coinvolta suo malgrado in un evento da grandi, ma una fan consenziente ad ascoltare, spero per intero, un live dei suoi/miei beniamini. Di certo non andremo sotto il palco. Non tanto per la sua età, quanto per quella dei genitori.