ricavare un paio di camper da centosessanta euro da un albero del parchetto sotto casa

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Stamane, nella consueta catena di pensieri tipici del risveglio e della rimessa in moto dell’organismo, un elenco che comprende cose come il lavoro è una merda, l’inverno è una merda, il freddo è una merda, il maltempo è una merda e anche quella nebbia dal sapore un po’ retro è una merda soprattutto di lunedì che, inutile ricordarlo, è la merda delle merde, ho pensato che poteva andare peggio e potevo ritrovarmi, anziché a casa mia, nella cascina de “L’albero degli zoccoli”, ai tempi de “L’albero degli zoccoli” e nelle condizioni professionali dei contadini protagonisti de “L’albero degli zoccoli” e quindi, nella summa delle merde elencate sopra come il lavoro, l’inverno, il freddo, il maltempo e anche la nebbia dal sapore un po’ retro, la prima constatazione da farsi, messi i piedi sul nudo pavimento, poteva essere quella di andare a mungere le vacche con gli zoccoli di legno nel fango ma quelli in regola, non le calzature ricavate da un ramo sottratto illegalmente all’albero del padrone che poi il padrone non la prende bene, anziché aprire una confezione di cibo per gatti calzando le mie pantofole da casa. A me hanno portato a vedere con la scuola “L’albero degli zoccoli” nel 78, facevo prima media e ricordo di quanto mi abbia folgorato la miseria che abbiamo scampato per un pelo, tanto che ancora oggi – campi di sterminio a parte – porto il film di Olmi come punto di non ritorno tale da consentirmi di apprezzare anche quei piccoli fastidi associabili alla merda che noi umani tutto sommato benestanti siamo costretti a vivere ogni giorno. Immaginate la cosa che vi preoccupa di più e il motivo per cui vi sentite depressi e poi provate a contestualizzarlo in una scena de “L’albero degli zoccoli” e vivere, in prima fila e a colori, l’effetto che fa.