quei ragazzini che salivano

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Quando mia moglie ed io siamo rientrati a casa dopo aver ritirato l’esito dell’amniocentesi e abbiamo scoperto che la creatura che si stava sviluppando nella di lei pancia era di sesso femminile, abbiamo tirato un sospiro di sollievo. Il mio è stato lungimirante, e sette anni dopo non posso che confermare l’esattezza di quel pronostico. Ovvero che crescere una bimba è molto più edificante, e per certi versi meno problematico. Non me ne vogliano i genitori dei maschietti, i quali posso rassicurare dicendo che si tratta ovviamente di una generalizzazione pour parler, la mia, sussistendo numerose variabili soprattutto soggette al loro apporto, attraverso il quale è possibile condizionare il livello di positività di un’esperienza genitoriale.

Posso fare qualche esempio, che potrebbe essere di aiuto alle future mamme e papà di vari Kevin, Maicol e Nicholas? Partiamo dal principale e più evidente elemento differenziante: il cosiddetto “pistolino” dei bimbi piccoli non è il massimo, da un punto di vista estetico, né funzionale, vista la traiettoria di espulsione liquidi orizzontale. Insomma, scordatevi asse e dintorni del water all’asciutto, a meno di non educare i vostri pargoli a fare pipì da seduti, postura molto più civile. Non a caso propria delle donne.

Quindi i maschietti iniziano la vita in società e lì iniziano a menarsi, attitudine che si porteranno fin nella tomba, luogo dove capita che vi finiscano proprio dopo uno di questi confronti. Si menano al nido e alla scuola materna, alle elementari e alle medie e via, sempre più virilmente. Accompagnandosi anche con strumenti volti a causare il dolore fisico mirato dei propri avversari, come giochi appuntiti e coltelli, più tardi. Le cause di questo tipo di conflitti con i pari sono ovviamente rapportate all’età. Prima dei 7/8 anni si menano per motivi di possesso, dopo invece per motivi di possesso. Cambia l’oggetto, del possesso: dai giochi inanimati a quelli animati, ovvero in carne ed ossa e di genere femminile. Ora, non è che le bimbe non litighino, a volte si accapigliano. Ma si tratta di casi limite. Più frequenti, comuni a tutte l’età, sono invece i casi di femmine menate da maschi. Ma questa è un’altra storia.

Sei siete genitori di bambine, poi, vi eviterete alla grande le peggio brutture diseducative che il mercato ha in serbo per voi e che, con pubblicità occulte ed esplicite, cerca di imprimere nell’immaginario ludico dei vostri figli per essere poi sottoscritte nelle letterine natalizie e nelle richieste di compleanno. Ogni generazione ha decine di schifezze di questo tipo; quando ero bambino c’erano i vari Slaim e Vermil, oggi ci sono gli Schifidol. Ieri c’erano i Trasformer, oggi ci sono i Gormiti e i Bakugan. Ieri le figurine Panini, oggi le carte dei Pokemon. Roba per la quale i ragazzini impazziscono. Sì, mi direte voi, ci sono le Winx e le Barbie e tutto il sistema di adolescentizzazione precoce delle bambine che tende a farle diventare veline in erba e premature consumatrici di moda. Ma le ragazzine, essendo più avanti e più intelligenti, sono anche più forti e più aperte: è sufficiente fornire alternative valide e il gioco è fatto. Playmobil e Lego, per esempio, sono giochi che vanno bene per tutti, non necessariamente c’è bisogno di riempire le loro camerette di oggetti rosa, cucine e assi da stiro in miniatura, ponendo le basi per una futura vita da casalinga.

Mi permetto di introdurre anche il pianeta calcio. Se avessi un figlio maschio, mi troverei in imbarazzo vista la mia totale ignoranza del settore. Il vantaggio è solo uno: se hai più di due maschietti da intrattenere, gli dai un pallone in uno spazio aperto qualsiasi e non li vedi più per ore. Mentre per le bimbe è già più impegnativo. Il contrappasso vi sorprenderà al momento della scelta dello sport. Vogliamo paragonare un pomeriggio trascorso in un palasport a seguire un incontro di pallavolo indoor rispetto ad assistere a una partita di calcio magari in pieno inverno e con la pioggia, mentre vostro figlio sguazza nel fango falciato da calci e sgambetti?

Il cerchio si chiude con i primi bollori. Una figlia femmina implica maggiori preoccupazioni, ovvio. Ma nulla è peggio degli esperimenti di scoperta e di assestamento dell’autoerotismo maschile, l’odore che emanano quando lasciano la pubertà, le chiazze e i rimasugli di indubbia origine negli indumenti e negli angoli più nascosti del vostro appartamento.

Può capitare, infine, che andiate a prendere a scuola vostra figlia, come ho fatto ieri io, e decidiate di fermarvi al parchetto di strada verso casa. Chi vive nei dintorni di Milano sa che il parchetto è l’isola artificiale di verde imposto, a stento sottratta agli scempi della pianificazione edilizia, pochi ettari condivisi da tutti per avere l’illusione di vivere in un’alta concentrazione di verde, come le città americane che vediamo nei film. Quindi ci sono gli anziani che tirano le bocce, le mamme e i papà che lasciano i bimbi liberi di giocare e andare in bici, gli adulti che fanno sport. E purtroppo anche loro, i ragazzini delle medie. Eccone un gruppetto lì, su quella panchina. Cinque o sei sbarbatelli, cappellino e pantalone sotto il sedere, potenziale (se non già in atto) target per Fabri Fibra, Club Dogo e tamarri vari. Una canzone di questi esce a tutto volume e con una pessima equalizzazione da un telefonino, che il più zarro di tutti tiene in mano. Arrivo nei pressi con mia figlia, fortuna vuole che veda le sue amichette del cuore e corra a saltare sui giochi. Nel frattempo la baby gang schioda dalla panchina e si allontana strascicando scarpe slacciate, in un tripudio di machismo da MTV e brufoli. La panchina è libera, accelero il passo per conquistarla: potrò dedicarmi alle ultime 100 pagine di “Pastorale americana”, mentre le bimbe si distraggono felici. Ma l’occhio mi cade su una pozzanghera proprio ai piedi della panchina, risultato di una probabile gara di sputi degno passatempo dei precedenti occupanti. Ripongo il libro in borsa, e raggiungo mia figlia e le loro amiche, che nel frattempo si sono organizzate per un mini torneo di badminton. E sono liete di avermi loro ospite.