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Pensavo a quelli che quando meno te lo aspetti ti fanno la posta fuori dal supermercato o davanti all’edificio di interesse culturale che ti appresti a visitare e ti chiedono di mettergli una firma contro la droga. Come tutti voi, che siete persone di un certo livello, la prima cosa che mi viene in mente da chieder loro è che cosa intendono. No perché da una parte mi devono spiegare in che modo, l’esser contro. Certo, un tempo era più facile perché c’erano quelli che ti tiravano via le catenine d’oro o scippavano le borse agli anziani e dei tossici non se ne poteva proprio più. Oggi che sono morti quasi tutti e i sopravvissuti boh, essere contro la droga è una posizione un po’ nebulosa, perché di che droga stiamo parlando, siamo ancora lì a condannare chi si pianta la maria sul balcone e via discorrendo. Poi di questi tempi in cui forse si inizia a biascicare di depenalizzazione anche dalle nostre parti.

Ma il bello è che a volte per convincerti a firmare e a comprargli la penna o la cartolina ti chiedono se hai qualcosa in contrario al reinserimento degli ex-tossicodipendenti nel mondo del lavoro, nella vita normale, nel genere umano cui appartengono. E se non fosse fuori luogo avrei chiesto proprio all’ex tossicodipendente che mi ha fatto – giuro – questa domanda, se aveva preso qualcosa di forte prima, perché vabbè che siamo abituati a non leggere i fogli che ci mettono sotto il naso da firmare, i bugiardini delle medicine, i contratti delle RC auto e le istruzioni degli smartcosi, ma c’è un limite a tutto.

Ed è un po’ come se vi chiedessero di firmare contro l’orgoglio. Volete sottoscrivere la mia petizione per bandire il senso dell’onore dai comportamenti umani? Potrebbe portare a risultati più concreti la raccolta delle firme per abolire la fame del mondo. E non sono uscito fuori tema, perché la persona a cui davo il braccio scendendo una decina di scalini dal cinema proprio fuori dal quale un manipolo di rappresentanti di una comunità di cura (nemmeno locale) che raccoglieva appunto fondi per non so quale campagna attendeva gli spettatori con la faccia da bravo ragazzo di sinistra come la mia per porre l’assurdo interrogativo di cui sopra, ecco, quella persona che poi è una ragazza con cui sono stato legato sentimentalmente e inutilmente ora fa capolino tra le persone che dovrei conoscere su Facebook. Capita a tutti, giusto?

E una prima occhiata esplorativa al suo profilo mi ha rivelato che, mentre io non sono tra i suoi contatti, in prima fila tra le presenze nel suo entourage di amici c’è il conoscente comune che da me l’ha allontanata, diciamo così. E questo futile episodio è la prova che, come dire, anche a distanza di boh?Venticinque anni? non  l’ho ancora mandata giù. Nel web 2.0 attestare la validità di un menage a tre virtuale dopo che si è fatto di tutto per sminuire uno reale, per non dire fisico e all’insaputa di uno dei tre, quello che in questo momento sta raccontando i cazzi propri, non è una soluzione. Né tanto meno mette a tacere appunto quell’impeto di amor proprio di cui nemmeno con l’avallo di milioni di firme a supporto mi libererò. E poi, davvero, non ho nulla contro l’orgoglio. Anzi.