uaioming

Standard

Domenica sera ho tirato davvero tardi perché su uno di quegli assurdi canali del digitale terrestre davano Ovosodo, un film per il quale io ero già un fuori quota quando è uscito – era il 97 e anche se allora mi sentivo ancora un ragazzino dentro, fuori si palesava il mio trentesimo anno d’età – e che visto ora che ne ho quasi cinquanta dimostra tutto il reale scarto come doveva essere allora tra il me alle prese con quel genere di cose di cui parla la trama e la trama stessa, per non parlare di come uno alle soglie della terza età ma con una spiccata sensibilità blog-oriented come il sottoscritto si possa sentire di fronte a cose che sembrano ancora fresche di vita vissuta e invece distano dal presente più o meno quanto l’anno di nascita distava dalla liberazione dal nazifascismo. L’ironia della sorte è proprio che in questi giorni il dibattito verte sugli ennesimi rigurgiti di croci celtiche e sulla ribalta di gente che è disposta a farsi tiranneggiare da intellettuali del calibro di Salvini e dei suoi sodali avvezzi al saluto romano pur di tenere fuori dalle brutture dell’occidente cristianizzato e soggiogato all’Euro le brutture di qualche mendicante in più proveniente da continenti più sfortunati del nostro. Ora non vorrei ridimensionare un allarme legittimo né banalizzare la questione, ma di rigurgiti nazifascisti della povera gente in Italia è una vita che ciclicamente se ne parla con maggiore o minor enfasi sulle pagine della cronaca nera (nel senso nazifascio del termine). C’erano i terroristi nazifasci tra i 70 e gli 80, e che dire dei tempi di Ovosodo in cui grazie alla vittoria di Berlusconi si erano aperte le fogne e tutto il liquame della destra italiana era tornato ad alzare la testa. Per non parlare di Livorno stessa, che oggi ha pure un sindaco pentastellare. Ma tornando al film di Virzì, permettetemi un encomio al personaggio di Lisa, la bella cuginetta alternativa e altolocata di Tommaso Paladini alias Marco Cocci, sul quale ci sarebbe tutta una letteratura personale in quanto perfetta riproduzione cinematografica di un modello femminile ricorsivamente presente nella mia giovinezza e potrei scommettere anche in quella di tutti voi. Alla fine del film resta soprattutto quel senso di inadeguatezza che induce a due fondamentali domande: perché sprecare la gioventù anelando al conseguimento della maturità quando poi si passa la maturità guardando alla gioventù come un’età dell’oro? E soprattutto perché tenendo duro fino all’una passata di notte per vedere un film come Ovosodo poi la mattina dopo ci si sveglia devastati e cappottati dalla stanchezza mentre quando si era come i protagonisti della storia ci voleva ben altro per arrestare il nostro vigore?