alzati che sta passando la musica della pasta Barilla

Standard

C’è stato un momento storico in cui tutta l’Italia si è stretta intorno alla musica della pubblicità della pasta Barilla. Erano gli anni 80 e rotti ed era un tempo perfetto per le composizioni di Vangelis come quella scelta per lo spot in questione, che come sapete si intitola “Hymne”. Venivamo da esperienze come Blade Runner e Momenti di gloria, immagini che oggi non riusciamo più a scindere dalla colonna sonora, e la scelta di abbinare melodie così ingombranti a scene struggenti di vita famigliare – padri in trasferta di lavoro che si ritrovano fusilli in tasca messi dai loro figli, giusto per fare un esempio – dimostrò che in Italia sarebbe stato sempre più facile scardinare le emozioni del pubblico a scopo di lucro.

Ognuno di noi da allora si è dimenticato di Vangelis e la musica della pasta Barilla è diventata appunto famosa come la musica della pasta Barilla. I bambini alle prime armi degli studi pianistici imparavano una riduzione facilitata della musica della pasta Barilla a due mani per eseguirla al cospetto di genitori e parenti la mattina di Natale. Nelle scuole elementari intere classi di flautisti in erba si esercitavano all’unisono alla preparazione dell’aria con cui introdurre il saggio di fine anno. Teneri pupazzi di peluche di nuova generazione rilasciavano una versione incerta e a pochi bit della musica della pasta Barilla alla pressione del ventre (il loro), questo molto prima che il commercio di giocattoli scadenti diventasse monopolio di venditori ambulanti su showroom pubbliche e abusive. Gadget frutto del progresso tecnologico venivano nativamente dotati di carillon proto-digitali attivabili a seguito dell’interazione principale per la quale erano stati pensati, l’apertura di uno sportellino come la rotazione di una componente, in una sorta di augurio che prima di guastarsi definitivamente il loro ciclo di vita regalasse almeno una manciata di momenti di stupore ai destinatari dell’omaggio. Tutto questo molto prima della recente caduta di stile sul target eterosessuale degli spot.

E ancora oggi, mentre intere generazioni ed eserciti di maître à penser indipendenti o prezzolati guardano agli anni di cui io, a mio modesto parere,  mi vergogno come un ladro e di cui salverei ben poco soprattutto dall’84 in avanti, come al punto di massima evoluzione socio-culturale, cosa che può anche avere un senso ma allora, mi chiedo, perché si è fatto di tutto, tra un disimpegno e una puntata di Drive In, per dismetterli in fretta e in furia, tra l’altro non si è trattato nemmeno di una svendita considerando quanto hanno reso al loro principale stakeholder che ancora oggi guida l’agenda politica del nostro paese. Dicevo, ancora oggi alcuni degli ex ragazzini di allora, cresciuti con la musica della pasta Barilla come inno nazionale dello sfruttamento emotivo, ora più o meno adulti almeno anagraficamente accarezzano la fronte dei loro figli prima di addormentarsi con la musica della pasta Barilla dentro di sé. Altri invece ripescano la musica della pasta Barilla in una giornata come questa, magari come inno ufficioso ma specifico per suggellare un momento di grande impatto storico come la croce su una casella con su scritto Renzi in una scheda elettorale, a una votazione per il segretario di un partito che proprio a partire dalla musica della pasta Barilla ha iniziato il suo declino o la sua metamorfosi, dipende dai punti di vista. E marcando per sempre la loro identità con quel nome per un istante avvertono un’interferenza, una voce metallica che gli dice “alzati che si sta alzando la canzone popolare” ed è lì che loro danno retta a quell’interferenza perché davvero, la musica della pasta Barilla è quanto di più popolare ci possa essere sulla faccia della terra.

tutto quello che dovete sapere sulla rivoluzione della prossima settimana

Standard

Pensate le peggio cose che avete fatto a diciassette anni e mezzo o giù di lì. No, non ditemele. Pensatele e basta come quei giochi delle carte che fanno i maghi. Dopo vi dico il perché. Prima però permettetemi un consiglio: è ora di staccare un po’ dalla rete. Troppa Internet e troppi socialini fanno male, come al mio collega che da ragazzino ha giocato troppo con non so quale console e gli sono venute le convulsioni, addirittura gli è successo due volte. Errare è umano, perseverare è un po’ da cretini.

Non vi dico il bisogno come cresce in questi giorni di vigilia, e non mi riferisco alle imminenti festività natalizie. I giorni precedenti le primarie del PD è tutto uno scatenarsi di appelli, coming out, intenzioni di voto, sondaggi, satira, accuse, un intero campionario di contenuti pubblicati da emeriti sconosciuti come il sottoscritto. Mi sono prestato a un po’ di contributi decostruttivisti dei miei, avete presente quando faccio di tutto con scarso successo per essere simpatico e arguto, mi sono imbarcato in alcune sterili discussioni anti-Renzi e pro-Civati, ho tentato timidamente di convincere qualcuno a seguirmi in questo cammino ma i risultati sono stati inqualificabili. Qualche like da persone che erano già convinte della loro preferenza e basta. Per il resto non credo di aver mosso una sola particella di animo politico in un senso o in un altro.

In questi giorni si consuma anche un’altra vigilia, quella della famigerata rivoluzione dei forconi forcaioli che dovrebbe avverarsi, secondo siti ufficiosi e canali ibridi tra il pentastellarismo, il casapoundesimo e le quote latte proprio a partire da domenica sera, ovviamente il risultato delle primarie credo sia indifferente sugli umori di questa fetta di popolazione. Una data attendibile tanto quanto quella dei Maya lo scorso dicembre. E uno viene a conoscenza di queste notizie quando sonda la dialettica proprio dei v per vaffanculo su Twitter. Ecco, non fatelo. Non fatevi mai tentare dall’intavolare scambi di tweet con i grilleschi. Come i più biechi squadristi di un tempo verreste subito accerchiati e messi all’angolo. Che poi a me, a quarantasei anni, sa che mi frega di spiegare a sti pischelli invasati che la legge elettorale non si può trattare come una scia chimica qualunque. Per fortuna ci sono isole di serenità anche sul web, così alla fine torno nel mio socialino preferito che è FriendFeed, dove alla peggio c’è qualche cuperliano e la cosa si chiude in caciara. Ah, la sicurezza dei propri simili.

E ora lasciamo finalmente spazio ai comportamenti più truci che avete tenuto da adolescenti, ma giusto perché sono reduce da una conversazione di quelle di circostanza con il mio barbiere, stimolata da un argomento trattato a Studio Aperto dopo la rivoluzione dei forconi della settimana prossima. Il mio barbiere, mentre mi sistemava i capelli, mi ha raccontato che suo figlio di diciassette anni e mezzo ha preso ad andare in discoteca con gli amici. Un ragazzo che non ha mai avuto sin’ora la passione per i locali notturni si è lasciato convincere dalle turpitudini dei coetanei e ora fa come la massa. Il mio barbiere si alterna con i genitori degli altri ragazzi nell’accompagnarli alle ventidue davanti al locale – devono attendere una media di un’ora di coda per superare il verdetto degli addetti alla selezione all’ingresso – e nell’andare a prenderli alle quattro. Il ragazzo, che ha un ottimo rapporto con il padre, gli racconta anche di quante ragazze riesce a limonarsi nel corso della serata, almeno due o tre. Ragazze che limonano e si fanno tocchignare con facilità, oltre a sfoggiare abbigliamenti (a detta del mio barbiere che è un testimone oculare) estremamente succinti e provocanti.

Avete capito dove voglio arrivare. A diciassette anni e mezzo, in Paesi in cui le fasi della vita hanno una differente scansione rispetto a qui, si rischia di inventare social network da fantastiliardi. Io a diciassette anni e mezzo mi riempivo di canne (scusa mamma se lo vieni a sapere così) e pensavo solo a suonare e invano a quante ragazze avrei potuto rimorchiare suonando e offrendo loro una canna. Il figlio del mio barbiere e i suoi amici fanno a gara a quante limonate riescono a collezionare. Mia figlia tra sette anni e mezzo avrà questa fatidica età, e tutti voi dovreste impegnarvi insieme a me a cambiare il mondo in modo che non solo mia figlia non vorrà andare in discoteca, ma troverà un mondo senza discoteche in cui i suoi coetanei avranno altro da pensare che tentare di metterle la lingua in bocca. Posate i forconi e pensate a un obiettivo diverso per rivoltarvi. Ma fate presto.

Ma per fortuna che c’è mia moglie che mi tranquillizza sempre in questi frangenti. Mi porta come esempio la figlia di una coppia di amici, gente molto più impegnata di noi che siamo abbastanza rilassati da questo punto di vista, una ragazza che a diciassette anni e mezzo ha trascorso buona parte dell’estate in un campo di volontariato e assistenza al seguito di una onlus in Romania. Ecco, la morale è che per un figlio di barbiere discotecaro c’è un adolescente con il sale in zucca, come per ogni grillino che si trova in rete c’è un interlocutore ragionevole. Io, per me, nel dubbio, la chiudo qui, anche se non mi avete ancora detto come sto con i capelli corti.

vips per un segretario vip/2

Immagine

ittonavoj

seguirà: confronti PD da incubo

Standard

Non so voi, ma io non mi sono ancora abituato a queste formule discutibili di politica spettacolo, che già ho il presentimento che anni di talk fatti in questo modo abbiano generato un effetto stalk sui cittadini. Ovvero che il sensazionalismo e la querelle (per non dire gli insulti) come agenda politica e relative sovraesposizioni catodiche e digitali non abbiano tenuto affatto l’elettore incollato all’urna elettorale. Anzi. Il mio quindi è in primis un pregiudizio estetico. Il fatto che un partito come il PD si presti a un’americanata come il confronto nello stesso luogo e con la stessa scenografia con cui ogni settimana si consuma X-Factor la dice lunga. Voglio dire, uno come Renzi fa i paginoni con foto alla Dolce&Gabbana su Vanity Fair e cerca voti tra i discepoli di Maria de Filippi – oltre che di Maria tout court – e allora dobbiamo ringraziare la direzione nazionale per non averlo organizzato su Canale 5 negli studi di Amici? Non so, e poi chiudo qui questa digressione introduttiva sul metodo, ma in un format così io mi aspetto di vedere Zeman, Trapattoni e Sacchi sul palco con sotto il giornalista di Sky Sport che fa domande sulla domenica appena conclusasi.

Metti anche il fatto che sembri normale che un momento importante come una tribuna politica sia trasmesso da una tv a pagamento, che è vero che lo spettacolo (ed è già indicativo anche che lo si possa annoverare tra gli spettacoli) lo si poteva seguire su Cielo ma io ad esempio Cielo non la prendo. Però, anche lì, ogni tanto dovremmo ricordarci di avere ben tre canali di stato.

Ma anche lasciando anche da parte tutti questi preamboli e facendo finta di nulla su quest’argomento un po’ bacchettone e trombone, mentre seguivo questa sorta di Rischiatutto del Partito Democratico, con quel Mike Bongiorno che leggeva domande sul futuro del nostro paese con lo stesso tono con cui si intimano ingredienti da utilizzare per il piatto della sfida culinaria finale o per motivare il perché uno come Morgan abbia scelto i Frankie goes to Hollywood piuttosto che un gruppo grunge, c’era quel testo in sovrimpressione che mi ricordava che di lì a poco sarebbe iniziato un “Cucine da incubo”, come se uno fosse lì a vedere Renzi, Cuperlo e Civati intenti nella promozione della loro candidatura come una qualsiasi parentesi da palinsesto, del tutto finalizzata alla fidelizzazione dello spettatore (privato) e non alla soddisfazione dell’elettore (pubblico).

Detto ciò, posso anche concludere con un giudizio sulla resa dei tre sfidanti che, come sapete, incarnano tre componenti diverse del partito che anche a questa tornata, e indipendentemente da chi vincerà le primarie, tornerò a votare. Conoscete bene la continuità col passato di Cuperlo, ed è un peccato perché potrebbe essere perfetto se non portasse con sé tutte le zavorre di cui il PD si deve liberare per tornare a essere appealing e proporre un nuovo modello di partito. Ciò, attenzione, è una prospettiva che mi fa rabbrividire, ma il mercato della politica impone i suoi trend, e se questo è il momento in cui per forza occorre cambiare stato e adattarsi alla società liquida per evitare di sparire dal parlamento, non ci sono alternative. Cuperlo stesso non se l’è cavata granché in un contenitore televisivo così orientato al punto della questione, i tempi dettati da una sceneggiatura votata alla rapidità, presto arriva al nocciolo che devo mandare la pubblicità altrimenti chiudiamo i battenti. Ma questo è ciò a cui siamo abituati. La sintesi che già ci insegnano a scuola con i test a risposta multipla, nella musica con brani editati della misura giusta per non essere tagliati dalla cialtronaggine degli speaker, su Internet con i cento e rotti caratteri. Per quanto riguarda i contenuti, invece, Cuperlo ha sfoggiato uno stile perfetto per sfondare ulteriormente su quei pochi che lo voterebbero comunque.

Renzi, lo sapete, mi sta sui coglioni come credo nessun altro esponente politico sulla scena del centrosinistra di tutti i tempi. Quasi più di Veltroni e Rutelli, per dire. Ho già scritto da qualche parte che la mia è una deformazione professionale, ché con gente come Renzi ho a che fare quotidianamente sul lavoro, individui che prendono tempo in ogni risposta gonfiando come prima reazione i loro sé con frasi di circostanza intanto per dire qualcosa, vedere come butta e poi decidere come agire. Quel modo di riempire gli spazi comunicativi sempre e comunque, la paura del silenzio, della riflessione, del vuoto interrelazionale che può essere occupato dall’interlocutore e, quindi, meglio comunque marcare il territorio con la propria personalità, che non si sa mai. E poi con la sua boria, davvero, Renzi ha rotto il cazzo da tempo, lui e il suo entourage di quel centro sinistra post-moderno che si è sviluppato nei rimasugli di tutto quello che, negli ultimi venti anni, ci ha lasciato il monopolio di Berlusconi. Renzi come novità a tutti i costi mi sembra davvero una scelta scellerata. A chi mi dice di votare Renzi perché vuole vincere, gli dico che con Renzi il PD è finito, quindi magari si vince stavolta ma poi non resterà più nulla.

Sono invece fan di Civati, sono fiero di sostenere il suo valore da tempo non sospetto, mi sembra davvero il candidato più adatto e colui che rispecchia al meglio l’anima che dovrebbe avere il Partito Democratico. Di intelligenza superiore e sopraffina, diretto nelle risposte e con le idee ben chiare su con chi e dove stare. L’unico che ha messo nel Pantheon il nuovo sindaco di New York, una figura che qui in Italia ce la possiamo dimenticare, non ha sparato programmi a cazzo come gli altri assogettandosi ai ritmi imposti dal format, non ha lasciato spazio a un comportamento da piazzista come il suo collega toscano, non ha ribadito ulteriormente il primato della politica che non esiste più, come Cuperlo. Pratico e arguto. E di sinistra. Perfetto, e c’è poco altro da aggiungere.

In tutto questo, ovviamente, uno spera che oltre ad aver messo il luce il proprio beniamino, lo spettacolo pre-elettorale che si è consumato ieri era sia riuscito a far vincere principalmente il Partito Democratico. Ecco, su questo nutro qualche dubbio. Le crepe già evidenti potrebbero portare a una spaccatura definitiva dopo le elezioni interne. Le candidature, questa volta, sono più divisive che mai. Forse proprio Civati, l’outsider che sta conquistando terreno rispetto alla partenza, è l’unico che potrebbe unire due anime così distanti come quella dell’ex margherita e quella dei vecchi e nuovi DS. Per il resto non so. Peccato che al voto delle primarie, questa volta, andrà così poca gente.

vips per un segretario vip/1

Immagine

occirab

e #adesso?

Standard

E comunque sappiate che essere moderni e connessi e tutte quelle cose lì non ci giustifica dal dire tutte le efferatezze che ci passano per la testa. Tanto è tutto online, è il refrain del momento, come se non bastasse un blackout per azzerare la memoria globale e hai voglia di quanti generatori o UPS ci vogliono. Che non è che me la sia presa, per carità, però che per tutto quello di cui non si ha più voglia si debba utilizzare per forza quel termine lì mi sembra poco delicato. Perché poi ci facciamo la figura di quelli che parlano come le pubblicità, facciamo le citazioni dei programmi televisivi più in voga, ripetiamo i tormentoni dei comici che fanno scompisciare dal ridere cani e porci quando poi ce la tiriamo con l’umorismo di Jacques Tati e i Monty Python e la satira che come la facciamo noi non la fa nessuno e poi non è satira ma solo parolacce e gente che si toglie le mutande in diretta. Insomma, abbiamo tutti voglia di cambiare, questo non significa che il primo che si auto-proclama rappresentante di chi anela al cambiamento si renda meritevole della nostra fiducia. Incarna i nostri valori o, almeno, cerca di smussarli proprio in virtù di quella modernità di cui sopra, del fatto che è tutto online, che siamo tutti connessi. E va bene che siamo arrugginiti, a furia di piangerci addosso i liquidi in eccesso hanno fatto la loro parte corrosiva. Ma a un certo punto, non so voi, ma ho come avuto l’impressione che si potesse avere una marcia in più, non nego anche per demerito dell’avversario. E in quel momento è arrivata la doccia fredda, ancora a proposito di cose che arrugginiscono e vanno a scapito della qualità. Tutto da rifare, mandiamo a casa l’apparato, non servite più, basta cambiamo. Io sono d’accordo, ma c’è modo e modo. Soprattutto, c’è persona e persona. Io, a quello lì, non gli darei nemmeno in mano le sedi del PD da dismettere con le sue cravatte e il suo modo di fare da agente immobiliare. E tutto sommato non esulto perché ha vinto l’uno, so benissimo che di certi problemi probabilmente non verremo a capo così facilmente. Sono soddisfatto però perché ha perso l’altro, perché proprio non ci azzeccava nemmeno lontanamente all’identità di questo partito. Quindi, a freddo, e con tutti i nervi e gli entusiasmi e le tensioni al loro posto, mai meglio di oggi ci sentiamo di dirlo, perché sarebbe stato ingiusto per un popolo che con passione può dare finalmente una svolta a questo paese. A lui e ai suoi modi, ancorché prima dei suoi programmi, va il nostro, e più sentito, rottama stocazzo. Via

l’acqua dell’Arno

Standard

Il passo dalla società liquida alla sciolta è breve. Domenica pensaci.

endorsement

Standard

Ecco chi vincerà le primarie del PD, anche grazie al mio voto.

cielo manca

Standard

Oltre a non avere l’abbonamento a Sky da casa mia, non chiedetemi il perché, non si prende nemmeno il famigerato canale del digitale terrestre – e mai nome fu più sfortunato di quello, dico io, ma come si fa a chiamare una tv così, quasi peggio di italia uno – quindi nulla potrà saziare in diretta la mia sete di curiosità circa il confronto tra i candidati delle primarie. Tanto lo so già chi voterò, ma comunque poteva essere divertente. Fatemi sapere come è andata.

#oppurèvendola

Immagine