post Stravinsky

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Ma che fine ha fatto Stravinsky, invece? Gestiva una specie di trattoria in cui si mangiava una farinata così così, ma il bello di quel posto era il fatto di costituire una sorta di enclave anarchica, quei locali che ai tempi li vedevi solo all’estero, nelle grandi città in cui tutto è lecito, o al massimo a Bologna. C’erano i muri neri ricoperti di scritte e disegni, anche io avevo fatto la mia,”Durutti Column”. Poi a un certo punto della serata Stravinsky si metteva a fare i giochi di prestigio, che a vederlo sembrava un mix tra Jacques Tati e Ian Dury, più Ian Dury che il primo, se non altro per la filosofia di vita. Da Stravinsky c’era il calcetto e un televisore con il videoregistratore e un po’ di nastri di concerti che se non c’era musica te li potevi vedere, roba abbastanza fuori dai circuiti. D’altronde lì era tutto fuori dai circuiti se non tutto fuori tout court, entravi e non sapevi come ne saresti uscito, in che condizioni e con chi. Una sera ho trovato quindicimila lire a pochi metri dall’ingresso, sono entrato e ho offerto da bere persino agli sconosciuti. E alla fine Stravinsky ha chiuso ed è sparito nel nulla, voci informate lo davano addirittura rifugiato oltre cortina in un paese del Patto di Varsavia, che da lì a poco si sarebbe infranto (il patto) e tutto il resto. Ma forse è tornato e non lo so, e scusate l’uso di questo spazio privato per motivi privati, è solo che ripensando a Stravinsky mi viene ancora il mal di testa per la qualità del vino sfuso e dell’untuosità della farinata. Ma nessuno allora ci badava più di tanto.