una stagione all’Inferno in nota spese

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L’inferno dev’essere un posto in cui sei in trasferta di lavoro con un tuo fornitore noiosissimo, quei viaggi oltre i 400 km che ti pigliano per pazzo a fare andata e ritorno in giornata e che così prenoti l’unico posto alla periferia di Ancona che ha due stanze libere e la terza occupata da una commessa viaggiatrice attempata che segue televendite a un volume non consentito. Nell’inferno in cui devi pagare il soggiorno inoltre non esistono il POS né i bonifici online ma solo le banconote passate di mano in mano e sei costretto al contrappasso dell’anticipo. L’anticipo è una forma mentis, alla quale nessuno è uso soprattutto se ha origini liguri, come il sottoscritto. Anticipare la spesa a favore dell’azienda per la quale lavori è una forma iniqua di rinuncia all’uno per cento di interessi su una manciata di Euro dei tuoi risparmi ma che ti fa girare i coglioni tanto quanto incontrare la tua ex con un tuo amico, il che ti spinge a riflettere su quale torto tu abbia subito da piccolo per aver così a cuore un esiguo conto in banca che basta il primo hacker da una repubblica dell’ex Unione Sovietica che puff non c’è più. Il gestore dell’Inferno poi ti chiede di lasciargli una recensione su Trip Advisor e di mettere il like al suo locale su Facebook, mentre sottobanco ti conferma che volendo puoi usare la foto di una delle sue sugnosissime specialità come testata per la tua pagina personale, come se tu ci tenessi a ingrossare le fila dei pornfooders o come cazzo si chiamano quelli che fanno le foto alle pietanze che mangiano e le condividono con gli amici. Vi confesso che preso dall’entusiasmo per il fondo che ha toccato la serata all’Inferno ho messo cinque stelle e scritto un paio di beffardi elogi che però non raggiungevano il numero di caratteri minimi considerati da Trip Advisor come un giudizio autorevole, ed è bastato l’equivalente dell’undo sullo smartocoso per rimangiarsi tutto, e chi se ne fotte del tuo ristorante infernale. C’è altro nella vita, oltre il cibo e il colesterolo. Senza contare che il fornitore è uno che ti fa due coglioni così, quelli talmente fanatici del loro lavoro che ti convincono a preferire gente del calibro di Salvatore, il giovanissimo cameriere del bar dell’Università che malgrado la scarsa confidenza ti raccontava per filo e per segno come si trombava le milf del suo condominio, anche se le milf e tanto meno le coguar non erano ancora state inventate e si parlava semplicemente di tardone in cerca di carne giovane. Invece niente, sentirti descrivere i processi di stampa offset e le complessità dei supporti di tendenza ti spinge ad ubriacarti ancora prima degli spaghetti alla contadina, per poi rincarare la dose di birra con la grigliata di carne e chiudere la gita all’Inferno con un ammazza-caffè all’altezza della situazione. Non vi ho detto che il fornitore, chiuso in macchina con te per oltre 400 km, ha piedi che hanno una dichiarata parvenza olfattiva di formaggino. Ma questo è tutto un altro girone.

la sicurezza dei viaggi di ritorno

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Qualcuno deve avere inclinato l’asse terrestre come quei giochini da quattro soldi che ci sono nei tappi dei tubetti delle bolle di sapone, il labirinto e la pallina che con un lavoro adeguato di polso si deve guidare verso il buco. Oppure il celebre bastone della pioggia che si capovolge e la scia di quello che c’è dentro defluisce verso gli antipodi con tempi che si fanno beffa delle leggi di gravità. Mi chiedo cosa succeda là dentro. Si rientra a casa e il Frecciarossa è dalla parte di chi ha un biglietto di ritorno da mostrare al capotreno, insieme al mistero delle carrozze numerate che stanno al gioco delle stazioni con binari tronchi e che a furia di mescolare testa e coda ti fanno scendere a Milano dalla parte giusta, quella che per l’evidente risparmio di tempo richiama viaggiatori da tutto il convoglio verso l’uscita a ridosso del locomotore trainante. Il resto è argomento di quella letteratura che fa leva sulle emozioni facilmente scardinabili. Se arrivi che è ancora chiaro, una delle combinazioni più facili considerando la stagione in corso, resta poi tutta la sera davanti per smaltire il jet lag di serie B dovuto agli spostamenti nazionali, nessuno è pronto a giustificare uno stato di spossatezza per così poco anche se seicento km macinati in una manciata di ore hanno in sé un fattore di straordinarietà che poi, nei film di fantascienza, siamo i primi a riconoscere come una delle conquiste su cui concentrare investimenti e risorse per la ricerca. I congiunti notano invece aspetti marginali, la chiazza di sudore sulla camicia dovuta allo zainetto con pc portato sulla schiena nell’unico tratto percorso a piedi nella giornata, o qualche orpello rimasto a testimoniare il luogo da cui si è partiti poche ore prima. Uno scontrino con l’indicazione di una via mai sentita, una piantina del centro di Roma, una bottiglietta di acqua naturale proveniente da una fonte dal nome che ci fa sentire fieri della nostra cultura umanistica. Ma capita anche di rientrare che ormai è notte. Qualcuno ha lasciato uno smartphone in carica, c’è un led verde che lampeggia nel buio e che sembra un’astronave lasciata in doppia fila nel salotto con le quattro frecce. Gli inconfondibili ronzii del frigo comunicano con un linguaggio alieno il benvenuto delle cose famigliari di cui la luce della luna da fuori lascia intravedere solo le forme ma con approssimazione. Se siete fortunati qualcuno, di solito i più piccoli, si sveglia e vi corre incontro. I coniugi si mobilitano per un corroborante di benvenuto ma nulla dà più ristoro di una doccia, le lenzuola sulla pelle pulita, la promessa di risvegliarsi dopo in un ambiente conosciuto a memoria. Fermo, stabile, costruito su misura.

scoperte geografiche

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Io sono abituato a essere avvertito quando sto per salvare un file con il nome uguale a un altro, e potrei aggiungere che sono abituato bene ma che purtroppo, nella realtà, non è così. Non c’è una finestra che ti avvisa quando stai per fare una cazzata a causa di un’omonima, giusto? Oggi per esempio ho imparato che esiste un paese che si chiama Berbenno ed è in provincia di Bergamo, e un omonimo Berbenno che si trova in Valtellina, in provincia di Sondrio. E che è bene specificarla, la provincia, quando si imposta il Tom Tom, soprattutto se si ha un appuntamento di lavoro.