coca cola pepsi cola osso duro

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C’era il mostro della focaccia, tumidelabbra, darkene e la sua inseparabile amica metadone. Poi chiappette d’oro, la broccolona (per lo sfoggio di una vistosa maglia con illustrazioni floreali) e la sconvoltona, Trudy, la pompa dai capelli rossi e vulgo, o donna del popolo, facile immaginare perché. Soprannomi simpatici e divertenti ma avevamo nemmeno vent’anni, facevamo l’università, e li coniavamo in condizioni che non vi sto nemmeno a raccontare, a partire dalle incette di Martini a 150 lire al bar della mensa tra una lezione e l’altra. Che invece un popolo adulto e maturo si ostini a ricorrere ai vari psiconano, Gargamella, ebetino di Firenze, il mortadella e il cicogna per definire nei propri commenti di persona o sui social network i potenti, con l’obiettivo di reiterare un disprezzo verbale attraverso la convenzione di un nomignolo definito a priori da tizio o caio mi fa vergognare per tutti voi che vi sforzate ad adottare questi standard di comportamento come gli adolescenti che devono ostentare modelli preconfezionati per rendersi riconoscibili al gruppo. Inutile dire quanto la moda sia diffusa tra i ranghi a cinque stelle per compiacere gli stakeholder della casaleggio e associati e darsi di gomito su Facebook nel sottobosco militante dell’apparato cospiratore. Riesco a immaginare l’espressione compiaciuta con tanto di sorrisino idiota e occhietto di chi ha sgamato il complotto mentre si usa il riferimento metaforico tra la massa di sostenitori. L’ebetino di Firenze, roba da scompisciarsi, poi mi immagino il grillista del caso che ti si mette dietro, ti punta il ginocchio sul sedere e ti chiede “Ci credi ai giganti”?

rho non ha nessuna colpa

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Giovanni era il mio preferito perché conduceva la sua vita da villeggiante senza il bisogno di legare con i suoi coetanei autoctoni. Trascorreva il mese di luglio a casa della nonna, un appartamento all’ultimo piano di un edificio signorile dalla eccessiva impostazione architettonica eclettica, costruito cioè in quel periodo in cui non sembrava strano mettere fianco a fianco un palazzo orientaleggiante a un villino di impronta tardo-gotica. La nonna di Giovanni occupava l’attico, quello con le torrette dedicate alla zona notte, una residenza di elevato prestigio che la diceva lunga sulla classe sociale della famiglia di origine. Il padre era un ingegnere milanese benestante ma non ricco sfondato, altrimenti non avrebbe certo mandato il figlio al mare in quel posto lì. Giovanni era alto e ben piazzato ma con una faccia da babbionello, forse perché aveva la media del nove al ginnasio e a sedici anni si stava per diplomare in pianoforte. Non trovavo corretti i concentramenti di bravura, per di più uniti alla bellezza e al carisma. Giovanni per fortuna aveva qualche carenza almeno in questo senso, per il resto era informato, intelligente, molto serio ma piacevole da frequentare. Soprattutto se ne stava in disparte e non sembrava dispiacersene. Condividevamo una parte del tragitto per rientrare a casa dopo un’intera giornata di mare, sua nonna tornava prima per allestire la cena, e mentre chiacchieravamo lo vedevo sereno, senza quella fregola di piacere alle ragazze che avevamo un po’ tutti, poche parolacce, il tutto potenziato da un tipo di sicurezza di sé che non conoscevo e mi suonava molto affascinante. Ma la cosa che mi incuriosiva più di Giovanni era il fatto di vivere a Rho. Non avevo mai sentito nominare Rho, né pensavo che potesse esistere un posto con un nome in italiano contenente l’uso dell’acca così particolare. Avevo cercato sull’enciclopedia e sull’atlante e avevo letto del tessuto economico di Rho, delle raffinerie e delle industrie, dei cotonifici e del polo chimico. Mi chiedevo come potesse essere la vita di un ragazzo come Giovanni che passa le giornate dopo la scuola a studiare latino, greco e pianoforte senza interruzione, solo che fuori ci sono ciminiere che eruttano fumo e lingue di fuoco che illuminano un’atmosfera malsana densa di caligine e vapori di fabbriche. Ora Rho è a una manciata di chilometri dal posto in cui vivo e in questi giorni in cui si parla di distese di cantieri improduttivi, autostrade a quindici corsie che nemmeno a Los Angeles, matrioske di imprese subappaltatrici che ci faranno mancare non solo l’impegno con il mondo intero per Expo2015 ma anche un’identità geografica di riferimento perché dell’Italia, a quel punto, non rimarranno che i pentastellari a blaterare di scie chimiche sulle macerie, proprio in questi giorni pensavo a che ne sarà stato poi di Giovanni, se ora è ingegnere pure lui o è diventato un bravo musicista.

grillo e la strategia di annibale

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Consapevole della perdita di consenso dovuta a quell’altro pallone gonfiato di Renzi, in una gara demagogica a chi la spara più grossa nella quale alle amministrative e alle politiche difficilmente i nazisti del grillinois potranno arginare con il loro populismo quell’altro che a botte di ottanta euro a pioggia corrode le percentuali altrui nei sondaggi, Grillo ha pensato di prenderla larga. Conquisterà l’Italia passando dall’Europa. Da qualche tempo infatti le elezioni europee sono diventate il punto di non ritorno per la nuova invasione della Polonia, una metafora a sostegno dell’aggressione alla nostra vita politica. Il M5S sostiene infatti che farà il pieno di voti per il parlamento europeo e che da lì influirà sulle decisioni collettive a favore dell’Italia per le più celebri fissazioni del movimento (l’euro, il debito, le banche ecc..). Dall’Europa, Grillo così scenderà con i suoi in Italia per riaccaparrarsi le simpatie degli anti-casta, dei forconi, dell’opinione pubblica che si informa sui siti dei complottisti, dei qualunquisti passando attraverso le Alpi come ha fatto appunto Annibale che, non potendo arrivare direttamente al cuore del nostro paese, l’ha presa da lontano, facendo il giro più lungo nemmeno avesse avuto un navigatore con le mappe non aggiornate. Ma manca sempre un piccolo particolare alla sua tattica di conquista, e l’intervista di ieri sera con Mentana – pur nella totale mediocrità di entrambi – ha confermato questa lacuna. A meno di non attirare una valanga di consensi, i pentastellari dovranno pur mettersi da qualche parte, apparentarsi con qualcuno, entrare in qualche gruppo, collaborare per il bene comune. Grillo continua a dire che valuteranno una volta insediati, ma è facile intuire dove convergeranno le attenzioni, considerando nei partiti degli altri paesi aderenti all’Unione chi è che persegue gli stessi obiettivi euroscettici. E ancora una volta sono certo che, pur di accaparrarsi potere, non esiteranno a stringere accordi programmatici con l’estrema destra, a dimostrazione che la tecnica avulsa dalla politica genera mostri di disinformazione. C’è poi un altro punto su cui riflettere, emerso durante l’intervista di ieri. Grillo conferma che i fenomeni rivoltosi in Ucraina e in Egitto sono stati caratterizzati da movimenti di piazza che hanno rovesciato referendum o elezioni tenutesi democraticamente, con il dubbio dell’esistenza di qualcosa che ne abbia manovrato gli esiti opposti. Ecco, qualcuno dovrebbe spiegare che in Italia le dinamiche sono le stesse. C’è un parlamento nominato a seguito di un voto regolare, c’è una maggioranza alla quale può aderire chiunque ne condivida obiettivi, intenzioni, volontà riformiste e visione. Governare da soli, con l’avallo dei raduni e dei vaffanculo, fa parte dell’altra politica, quella dei governi totalitari e delle ingerenze occulte che, sempre secondo la strategia di Annibale, si muoverebbero come elefanti nella nostra fragile democrazia.

quando ci saranno Loro, cari voi

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Allora, amici del cinquestelle, come sono andate le prime deportazioni? Vagoni piombati ma finalmente treni in orario? Scherzo eh, è che poi ci credo che uno diventa vittimista a furia di stare sempre con gli altri destinati a perdere le elezioni, ad arrivare ultimi in classifica, a essere tra quelli fuori moda, ma anche quelli nelle minoranze dei partiti più o meno vincenti fino a quando poi arriva il primo bischero da Firenze che ti soffia l’ultima possibilità di fare le cose a modo tuo. Insomma che un tempo eravamo quelli sorpassati a sinistra, poi quelli della sinistra del centrosinistra, poi quelli del centro-sinistra del PD, alla fine va bene anche Renzi basta che si vince e zac, che t’arriva Alba Canuta con i suoi leader dai capelli sfibrati ad attirare con le loro facilonerie tutti i malcontenti.

Ah, la gente, basta che non gli fai perdere tempo che voterebbero cani e porci, con tutto il rispetto sia per i cani che per i porci. Che della democrazia, come del maiale, nel dubbio io non butto via proprio niente. Nemmeno un comma di una virgola di un decreto, piuttosto che procedere per approssimazione sulla scia chimica di un entusiasmo fallace. E non è un caso che vedo amici che nel 94 hanno plaudito la discesa in campo di un miliardario solo perché sapeva di fresco ed oggi fanno esattamente la stessa cosa, ed esattamente vent’anni dopo, con un nuovo miliardario che io al fresco ce lo manderei ma per circonvenzione di incapace nei confronti degli svariati milioni di persone che hanno dato fiducia a gente che si è formata politicamente su Yahoo Answers. E ho letto che c’è qualcuno che ha twittato ad Augias, l’altra sera, quella del rogo di libri, di studiare la storia. Hai capito? Quindi “boia chi molla” non è affatto un motto fascista, e allora la svastica è solo un motivo ornamentale delle ville pompeiane e allora via, giù mazzate e una bella notte di cristalli infranti non ce la toglie nessuno.

Proviamo a proiettarci allora tra quarantanni, dopo il ventennio di egemonia di questi fanatici della disinformazione sostenibile e magari un lustro di guerra dei mondi condotta contro i grandi complottisti del pianeta – banche, potenze che vogliono cambiare il clima a botte di scie chimiche, sirene e cerchi di grano –  ci sarà qualcuno che, quando tutto sarà tornato alla normalità dei comuni mortali, sosterrà che quando c’erano Loro, i pentastellari, ecco allora sì che funzionava tutto. Ma quel giorno lì si potrà solo appurare che tutto oramai è tristemente ridotto ai minimi termini, ai processi binari, al consenso roboante frutto di opinioni forgiate da caps lock e da punti esclamativi. Che già una guerra la stanno conducendo, quelli dei cinquestelle. Hanno una paura fottuta della verità e dell’intelligenza, ecco perché se la prendono tanto con i giornalisti e, al massimo, mandano un Raoul Bova da discount come Di Battista (che già, voglio dire, Raoul Bova è abbastanza di basso profilo) a fare il piacione dalla Bignardi, come se avessero bisogno di consenso facile.

grillo suca

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e sommersi soprattutto da immondizie punto

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Alla fine si scopre che nel 2013 tutti sono fissati con il fact checking e la trasparenza e pure le parolacce non se la passano molto bene. VIviamo strani giorni. Come se fosse in atto una corsa retroattiva verso l’onestà, frutto dei complicati algoritmi scoperti dal research & developement dei vostri amici stellari. Perché non ditemi che alla prossima occasione li voterete tutti, che un po’ siete stufi di questo stallo, un po’ pensate che tutto sommato due colpi glieli dareste, pardon, intendevo un’opportunità, un po’ non volete sottrarvi al trend del momento che è quello di negarsi. Giammai è il nuovo paradigma dell’Italia dei tuttofare in parlamento. A saperlo prima che bastava l’intransigenza per sfidare il sistema, uno come me sai che carriera avrebbe potuto fare in politica. Voglio dire, se è sufficiente dire di no e manco morto, conosco gente che altro che quei due lì che sembrano simpatici, come diceva mia nonna buonanima, come la merda nel letto. Sai che spasso avere gente a cena come Crimi e la Lombardo, di cosa parli con due così? Che poi ti dicono che la discussione a tavola sembra Ballarò e ti viene voglia di prenderli a ceffoni come si faceva in classe con quelli stolidi che non capivano mai quando era il momento di lasciar parlare gli altri. Si fa presto a dire ceffoni, che davvero meno male che siamo tutti qui a sfogarci anonimamente sui socialini altrimenti sono certo che a qualcuno verrebbe la voglia, di fronte a siffatta boria cinquestellare, di metter mano alla p38. In quest’epoca di pazzi ci mancavano gli idioti dell’orror vacui, la paura dei chip sotto la pelle e di tutto quel sistema di isterismi che solo la palude del web e del popolo che la abita poteva riabilitare a verità supposte. Se anche uno come Battiato polverizza la sua secolare flemma con un appellativo politicamente incorretto è un segno che il nostro destino vale poco. Siamo condannati a morte. Bersani tenuto in scacco in diretta streaming da due mentecatti che in uno stato normale potrebbero a malapena lavorare al catasto o, se vogliamo dar loro una chance di celebrità, all’equivalente di un programma come Mistero su una tv di quart’ordine è probabilmente il segnale che dobbiamo scrivere le nostre lettere ai nostri cari. Come quelle che leggevamo alle elementari e nessuno capiva come fosse stato possibile. Mia adorata, la massa acritica ha emesso il suo verdetto e la civiltà come l’abbiamo conosciuta tu ed io sui libri di storia, nei film del neorealismo, nei piatti preparati da volontari alle feste popolari, compressa in archivi .zip per poi essere scaricata più agevolmente e pronta all’uso su un qualunque player software presto non esisterà più. Scordati l’emozione di un presidente della repubblica che ti stringe la mano tra due ali di folla in un 25 aprile, leggere i comunicati stampa su un quotidiano di partito, passare l’estate in una spiaggia solitaria, la gioia di vedere un assessore nei posti riservati alla prima di tuo spettacolo, l’oppio, l’assenzio. Licenziare i cantautori per i loro turpiloqui e non poter fare lo stesso con i comici capipopolo. Ma no, non si può. Uno vale uno, e ave atque vale.

la politica piramidale

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L’idea che mi sono fatto degli attivisti pentastellari è quella di un gruppo ben nutrito di aderenti a uno di quei sistemi di vendita di marketing multilivello. Avete presente, vero? E sono tutti belli convinti. Il problema è che al vertice della piramide c’è un miliardario e alla base di questa struttura iniqua c’è la nostra economia, ci siamo noi che non ci volevamo venire in questa democrazia diretta gestita tramite algoritmi a cazzo programmati da uno smanettone antica$ta qualunque. In mezzo c’è tutta questa gente che si dà da fare con la decrescita, le vaccinazioni, l’alta velocità, l’antisemitismo e i grandi complotti passandosi le informazioni dal piano di sopra a quello di sotto per ora a zero utili se non la visibilità sull’Internet e qualche brivido da cieca partecipazione collettiva. Fino a quando, appunto, a non trovare più nessuno a cui lanciare la palla avvelenata ci sarà il povero di turno, che al massimo potrà farsi quattro risate con qualche intervento su youtube – sempre che gli rimanga una connessione e un qualcosa su cui guardarlo – del guru di questa setta di fanatici dell’opposizione a tutti i costi. Un gruppo di repressi della supremazia che condivide tra di sé informazioni inventate fino a convincersi dell’autorevolezza della loro fonte. Gente che, più di ogni altra, si è convinta a credere di avere la verità in tasca e ha aderito a una proposta di evangelizzazione tutt’altro che morbida e piuttosto sfrontata. Il mio parrucchiere di fiducia, giusto per comprovare questa teoria con un esempio, che era uno di quelli che le provava tutte per fare più soldi di quelli che anni di scontrini mai emessi gli avevano fruttato, ma spesso senza convinzione, si era lasciato trascinare da qualche conoscente opportunista nell’Amway. Io che sono uno di quelli che non sa dire di no, una volta a fine taglio quando mi chiese se volevo anche uno shampoo gli risposi affermativamente, e lui tutto entusiasta rilanciò confermando – come se glielo avessi domandato io – che insieme allo shampoo mi avrebbe dato in esclusiva una lozione non so per quale scopo. Ovviamente facendomi pagare anche quella. Non ricordo di cosa si trattasse, era comunque robaccia, ma non è questa la morale della storia.

La volta successiva, sarà stato qualche mese dopo, stavo aspettando il mio turno leggendo una delle riviste di musica che si trovavano nel suo negozio ma distrattamente, perché ero incuriosito dalla conversazione tra lui e l’uomo che stava servendo. Il cliente gli stava raccontando di qualcuno che non era riuscito a coinvolgere nel suo livello di vendita inferiore, che non si capacitava di come fosse possibile che gente normale non capisse come la loro struttura piramidale fosse un sistema per il guadagno garantito. Chiunque sarebbe riuscito a piazzare qualcosa a persone che avrebbero dovuto cercare altri a cui vendere e così all’infinito. Il mio parrucchiere gli danzava intorno con le forbici e il pettine per gli ultimi ritocchi, e questo che continuava lodando entrambi per aver riconosciuto quel sistema così vantaggioso a differenza di altri, aderendovi. Se ne accorgeranno, diceva spostando il capo assecondando così le necessità di posa per facilitare il taglio, se ne accorgeranno alla fine quando avranno visto quanto ci guadagniamo. E a loro niente. Il mio parrucchiere faceva di sì con la testa, dava l’idea di rispettare la subalternità di quelle riflessioni, probabilmente stava sistemando la barba e i capelli di uno sopra di lui, nella piramide multilivello. Poi alla fine gli ha spennellato il viso e il collo per liberarlo dai peli rimasti, gli ha slacciato il lenzuolo sotto il mento e ha sancito la fine della sua prestazione con le stesse parole che dopo anni di professione pronunciava oramai automaticamente. L’uomo ha indossato il cappotto, lui e il parrucchiere si sono salutati che mancava solo un gesto da società segreta e poi il cliente piramidale se ne è andato. Senza pagare. Il mio parrucchiere mi ha invitato a salire sulla poltrona quasi scusandosi di quello che era appena accaduto, nemmeno si fosse accorto che mi ero accorto. Tra confratelli probabilmente si usa così. Ci si consuma senza chiedere se poi uno vuole essere pagato o no. Tanto quel taglio gratis era come se lo avessi coperto io la volta precedente, con lo shampoo e la lozione che poi non ricordo nemmeno di aver usato. Anzi, a dirla tutta, non mi stupirei che quello che era il mio parrucchiere oggi voti proprio Grillo.

dalle stelle alle stalle

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Vegani, luddisti, complottisti, fanatici di ogni genere. Gente comune, insomma, come quella che si incontra all’alba per le strade di paese con le borse zeppe di opuscoli sulla fine del mondo che ti ferma, anzi, che ti fermano anche mentre corri per proporti una pubblicazione sulla loro eurovisione escatologica a fascicoli settimanali. In un servizio andato in onda nella puntata di ieri sera di Ballarò, c’era uno di questi stellari che, oltre a non mangiare animali morti (ma nemmeno vivi) e fare karate, ci metteva al corrente sulla sua formazione politica e istituzionale basata su Zeitgeist che, per chi non lo conoscesse, è un documentario che illustra una serie di teorie cospirazioniste di cui l’umanità è vittima, roba che in confronto l’impatto della previsione dei Maya sulla stabilità emotiva delle persone impressionabili è una gita a Gardaland (cit.). Che poi magari tutta quella roba lì è vera e dimostrabile, e uno può farsi paladino della dietrologia sull’11 settembre e cose così. Ma non sulla nostra pelle, sulla nostra economia in questo momento di instabilità dei mercati – per usare un eufemismo – e soprattutto in questa fase di vuoto cosmico che aleggia fuori e dentro di noi italiani. C’è un’intervista a Evgeny Morozov su Repubblica.it  che dovreste leggere. L’approccio di Morozov a Internet, per dirla alla Umberto Eco, se non è apocalittico ci si avvicina abbastanza perché è uno dei pochi opinionisti perplessi sulla costruttività di un canale così democratizzante come il web. Morozov sostiene che l’Internet si stia riempiendo di contenuti di gente come me che ha una teoria o più di una. Per una sorta di vasi comunicanti, questi contenuti di cui ora non sappiamo più che farcene perché se a miliardi di persone corrispondono miliardi di punti di vista, questi contenuti stanno andando tutti a colmare il vuoto politico e sociale. Quindi, ma questo lo sostengo io e non Morozov quindi da qui inizia la parte meno interessante di questo post, figuriamoci qui in Italia dove tutti tendiamo a portare all’estremo tante cose. Lo stellare che ieri sera affermava di mettere le grandi cospirazioni del presente come base su cui formare un’identità politica è un po’ l’avverarsi dei miei peggiori incubi, voglio dire che la fantasia al potere ci può anche stare ma le traveggole no. Spiegatemi che differenza c’è tra un apparato intriso di P2 e massoneria e uno che si regge su baggianate di questo tipo come quella sugli esseri umani negli USA vittima di esperimenti di impianto di un microchip. Per non parlare di un dato oggettivo di cui tener conto. Quando l’altro giorno c’è stata la diretta in streaming della presentazione dei neoeletti del partito stellare, il sistema non ha retto. Troppi tentativi di accesso e la democrazia diretta è andata in crash. Ora, siamo d’accordo che tra i punti del programma c’è più banda larga per tutti, ma se qualcosa non va nella rete in un momento fondamentale come una votazione on line, che si fa? C’è così un problema di divario digitale che è solo la metafora di un divario totale e che mi spaventa un po’.

facce da culto

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A me più che il culto della personalità disturba il culto della faccia. Se poi è un faccione un po’ paciarotto, che è un termine che si usa da queste parti per essere personalmente corretti con le persone diversamente magre, il fastidio è doppio. Ma non perché ce l’ho con gli obesi. È che spesso non rispettano alcune linee guida a cui è importante attenersi quando si fa un ritratto. Lo spazio intorno tra il viso e i bordi della foto è ridotto ai minimi termini quando è ritratto uno con il faccione. Poi mettici la barba e i capelli arruffati che azzerano l’aria sopra e sotto, il volume aumenta e l’impatto sulla capacità di sopportazione è ancora più forte. A questo, nel caso del culto della faccia, si aggiunge il vedere la faccia da tutte le parti. L’onnipresenza del faccione sui simboli di partito, sui profili Facebook degli adepti al culto del faccione, nei servizi ai tiggì perché il faccione non vuole partecipare dal vivo ma finisce che ogni due per tre si manifesta come un fotogramma subliminale che qualcuno mette in mezzo ai film e ai programmi per i più deboli di opinione. Tutto questo genera sovraesposizione ma di quel tipo che non te ne accorgi subito. Perché all’inizio è un fenomeno folcloristico e ne abbiamo avuti a bizzeffe in tutti questi anni, pensateci un po’. All’inizio ridevamo del Bossi e dei suo sproloqui, ridevamo di Berlusconi e delle sue bausciate, ce ne stavamo divertiti al sicuro della nostra democrazia finché le loro facce emiparetiche e rifatte a botte di migliaia di euro hanno iniziato a essere parte integrante della nostra vita perché delegate a rappresentarci a noi stessi, all’Europa e al mondo. Oggi è tempo di nuovi faccioni i cui lineamenti si sono sedimentati su milioni di persone pronte a vibrare agli ordini dell’ennesimo uomo forte e miliardario di cui il faccione è l’apoteosi, nella prossemica dell’atto del proferire la cosa intelligente, che poi sotto sotto nasconde una comanda. Fate così e fate cosà. Nel frattempo il faccione è entrato nelle nostre case, lo vediamo in tutte le salse ma sempre in differita, si è installato come un virus nei nostri dispositivi che adoperiamo per informarci e chissà, ci vorranno altri vent’anni per eliminarne le tracce. Voglio dire, almeno la scorsa volta tra il mascellone e Berlusconi ci hanno lasciato mezzo secolo di respiro e tutto il tempo per riavviare il sistema. Oggi leggevo che un paese che rischia che uno come Grillo prenda il sopravvento in un modo fintamente democratico è un paese che si merita che uno come Grillo prenda il sopravvento in un modo fintamente democratico. Così ho pensato a una classe della scuola primaria o come si chiamerà tra dieci anni, la maestra in piedi che spiega agli alunni, sulla parete dietro la cattedra il ritratto di Casaleggio. Un’altra bella faccia da culto.

l’anonima parlamentari

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Porterei come esempio i personaggi senza volto che hanno infestato le notti di incubi dei bimbi della mia generazione come Belfagor o Fantomas, se non fosse un paragone che potrebbe fare uno del calibro di Veltroni che – tocchiamoci tutti – sappiamo come è andata a finire. Perché poi dietro a quelle maschere senza lineamenti una faccia c’era. Voglio dire, la politica è fatta di persone con un viso e un corpo. Magari senza attributi, ma questo è un altro paio di maniche. No perché sta per succedere qualcosa di inaudito. Quelli che vedete ogni giorno accompagnare i figli con il fuoristrada a scuola, quelli che passano dall’iphone 3 al 4 al 5 nel giro di pochi mesi, quelli che mettono le bottiglie di plastica davanti al portone perché così il cane non piscia, quelli che non partecipano nemmeno alle riunioni della scuola dei loro figli, figuriamoci alla politica locale e figuriamoci a quella nazionale. Ecco, tutte queste persone non hanno un volto ben definito, a meno che non le conosciate direttamente o non siate voi stessi, questi qui. A un certo punto uno di quelli che nei film americani tengono i seminari per acquisire sicurezza di sé, che ha un nome – Beppe – e un cognome – Grillo – li ha convinti a usare un software dall’ambizioso nome di Democrazia Diretta, ora arrivato alla release 2.0 manco a dirlo, che consente loro di pilotare comodamente seduti sul divano di casa addirittura la famigerata stanza dei bottoni. Alcuni di questi, come potrei essere io che faccio con cura il mio lavoro ma ben me ne guardo dal voler amministrare un condominio, figurati te un paese con la P maiuscola, hanno partecipato a una votazione online e hanno ricevuto l’avallo di qualche migliaia di persone per rappresentarne milioni. Ora, lo sapete, altrove ci sono persino le scuole per preparare chi ha i numeri per dirigere una nazione.

Qui da noi, che fondamentalmente siamo un popolo di presuntuosi e che, a dirla tutta, questa cosa del genio italiano ha rotto il cazzo perché in giro, a mio parere, è rimasta solo la sregolatezza che si manifesta ogni giorno in tutti i contesti con cui abbiamo a che fare. Dicevo noi che siamo tutt’altro che umili, e che ricordiamoci che essere umili non vuol dire essere cagasotto o remissivi ma vuol dire saper fare un passo indietro quando è il caso, ora ci siamo buttati in questo turbillon che è la presunzione di saper fare meglio le cose di D’Alema, tanto per fare un esempio, e solo perché D’Alema è la casta, mangia alla buvette spendendo due lire, guida anzi fa guidare un’auto blu, vive a rimborsi gonfiati eccetera eccetera. Caro D’Alema, sia chiaro che ti ho citato come esempio ma solo perché ti sono molto affezionato e malgrado la bicamerale e tutto quello che si dice a tuo proposito quando ti sento parlare mi tocca sempre darti ragione.

Cioè, io ho montato in giardino un sistema per il quale pedalando quattro ore al giorno genero energia elettrica fino a domani senza inquinare e decido che sono pronto per fare il ministro dello sviluppo economico o semplicemente occupare un posto in parlamento per votare una legge che agevolerà chi si monterà in giardino il suo triciclo propulsore. Il tizio in questione che è un’iperbole, chiaro, è uno senza volto e questo non perché non va da Vespa o da Fazio come del resto nemmeno fa il suo magnate ispiratore. O meglio, il volto ce l’ha, ed è proprio quello del suo magnate ispiratore che, a sua volta, si presenta con una maschera quindi siamo daccapo. Perché ci siamo probabilmente montati la testa. Io che ho uso uno spazio gratis per scrivere cazzate pensando di dire la mia ed essere letto e condiviso ho smarrito il senso della realtà. Tu che fai le foto con lo smartcoso e sei convinto di essere un fotografo e di poter dire la tua a immagini pure. La gente che ora non è una massa perché non persegue più una proposta unica come succedeva con i grandi partiti che riempivano le piazze nel secolo scorso ma persegue ciascuno la sua, di proposta, nell’abbaglio che con il software Democrazia Diretta 2.0 lo si possa uploadare sul potente server della condivisione ed essere vagliato da tutti. Ecco. Il fatto che tutti abbiano voce – compresi quelli di cui sopra, con il suv e l’iphone e che delegano ogni cosa – e nessuna importanza la dice lunga sulla considerazione in cui i grandi magnati ispiratori tengono la gente. Ma è la gente che non ne vuole sapere, se poi li vota. Ah, a proposito, pare che il prossimo Presidente della Repubblica sarà lui.

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(La foto l’ho presa qui)