se chiedi la natura ti risponde

Standard

Alla signora di Cagliari che mi racconta delle e-mail che riceve dal regno dei cieli vorrei proporre una visita su quello sperone verde affacciato in un’ansa del mare del Nord – non ricordo le esatte coordinate per consentirvi la geolocalizzazione ma vi invito a fidarvi lo stesso – in cui ho assistito allo spettacolo di un tizio tutto bardato con il kilt salutare il tramonto con una cornamusa. Dovevate vedere come ci dava dentro. Immaginate uno strapiombo sul mare gelido, sopra tutto verde e sotto bianche scogliere e flutti poco rassicuranti, e questa specie di cantore senza tempo che sfida il vento con le melodie di una tradizione millenaria. Che roba. E non chiedeva nemmeno soldi, non c’erano cappelli rivoltati colmi di monete nelle vicinanze né cani addormentati in attesa della fine dello spettacolo quotidiano del loro padrone. Non bisogna nemmeno credere che nell’antichità quelli che venivano chiamati vagabondi, oggi punkabbestia, non si muovessero senza un entourage di altri esseri viventi randagi al seguito. Comunque questo ispirato suonatore di musica popolare ha più possibilità di ottenere un contatto con una dimensione remota, per non dire spirituale, della signora di Cagliari che è nella mailing list del Signore o di qualche congiunto trapassato perché, obiettivamente, che bisogno ci sarebbe per entità onnipotenti o per lo meno diversamente viventi di dover scegliere un abbonamento tutto incluso fisso, mobile e Internet, stipulare quindi un contratto dopo il benchmarking, dover quindi sopportare la scocciatura dei call center che ti chiamano in orari di ufficio per farti cambiare operatore, per non parlare delle penali in caso di rescissione del contratto? Non so voi, ma io sceglierei le vie tradizionali. Apparizioni, miracoli, sogni, annunciazioni, libri tibetani. Senza contare tutto lo spam che c’è in giro. Se già qualunque religione gode di scarsa autorevolezza, figuriamoci che può succedere ai tempi delle offerte del Cialis, la tratta delle donne dell’est, le millemila newsletter a cui ci siamo iscritti con richieste-tranello, le notifiche dei social media e tutta la merda che riceviamo ogni giorno. C’è da dire però che in questo posto, l’Internet, che giorno dopo giorno assume sempre più i tratti di una discarica, in questa metafora noi potremmo essere i bambini delle favelas che si arrampicano su montagne di rifiuti alla ricerca di qualcosa da mettere sotto i denti. Se voi foste un motore immobile, trovereste un posto migliore di questo punto così deprivato del genere umano per manifestarvi? Il problema è che nel silicio c’è ben poca materia organica, per questo il suonatore di cornamusa ha maggiore possibilità di ottenere un segnale di ritorno da quell’aldilà che, per lui, si stende sul mare sottostante. Se non altro l’eco del suono di uno strumento le cui radici si perdono chissà dove. Legno e pelle animale, il soffio dell’alito della vita che si trasforma in sequenze monodiche con bordone a nota fissa, la natura che risponde a suo modo finché tutto non si trasforma in un silenzio condiviso e il canto di saluto al tramonto si è già perso, chissà dove.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.