i fantasmi del museo e il museo dei fantasmi

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La brutta notizia è che ieri sono rimasto in piedi quasi dieci ore ad ascoltare con attenzione un giornalista newyorkese intervistare italiani dipendenti di una multinazionale che gli rispondevano in un inglese approssimativo per prendere nota, dall’indicatore del tempo trascorso sul display di una telecamera, dei punti salienti di quello che dicevano in modo che, rivedendo l’intervista, il giornalista potesse ritrovare al volo alcuni passaggi scelti sul file delle riprese. Lo so che è un lavoro difficile da capire tanto quanto da spiegare, per questo vi chiedo invece di concentrarvi sulla bella notizia. Una delle persone che si è sottoposta a questa attività che viene definita Media Training si chiama Cortinovis e, per una combinazione che ha del miracoloso, ha lo stesso timbro di voce del professor Cortinovis, quello che ci aveva portato in visita guidata al Museo delle Delusioni e poi si era eclissato, svanito nel nulla, tanto che tutti pensavamo che si fosse imboscato da qualche parte con la prof di educazione fisica. Invece poi Silvio l’aveva trovato in una specie di trance nella sala multimediale piena di postazioni con le cuffie, quella in cui si possono trascorrere ore, giorni e persino settimane intere a passare in rassegna una monumentale raccolta di timbri vocali legati a chi ci dà le brutte notizie.

Avete colto il collegamento? C’è una gamma infinita di varianti in materia di percezione del suono di come vengono conditi i rifiuti, nel senso di tutti i no che ci fanno bruciare la faccia, mica mi riferivo alla spazzatura. Ragazzine che ti dicono di no in bicicletta senza nemmeno smettere di pedalare, potenziali datori di lavoro che lo esprimono tra le righe per completare poi la risposta negativa con un non detto, o meglio nemmeno una mail per dire che fai schifo, genitori che ti vietano di prendere la strada che vorresti o gente che, semplicemente, applica la diffusissima filosofia mors tua vita mea, fortunatamente in modo non letterale anche se può capitare che il contesto sia persino peggiore. Il prof Cortinovis chissà come si è imbambolato e cosa gli ha fatto scattare l’estasi della reminiscenza, quale particella di flash-back gli ha mandato in tilt il sistema del comportamento secondo le circostanze, quello che ci mette al riparo da domande curiose sulle nostre défaillance emotive che i più prendono per stranezze perché, specialmente se di professione fai l’insegnante, di certo non te le puoi permettere. La stessa cosa oggi, ascoltando quel giovane manager parlare, un po’ mi ha sorpreso perché, se non mi sono soffermato allora nell’avveniristico allestimento dei timbri che ci fanno più male e che poi ci portiamo appresso tutta la vita che ha rapito persino il prof, è perché a quindici anni ci sono ben altre priorità, e ho deciso però che prima o poi un salto a visitare una seconda volta il Museo delle Delusioni, questa volta con la giusta attenzione, lo farò. Vorrei però che vi fosse chiaro che né il prof Cortinovis tanto meno l’omonimo responsabile di divisione che ho visto oggi mi hanno mai dato brutte notizie, forse solo un paio di insufficienze in cinque anni l’uno, e la certezza di svolgere un lavoro di merda l’altro.

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