un umanista alla polimi run

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Stamattina ho corso per voi (ma chi te l’ha chiesto, vi verrà da chiedervi e da chiedermi) la Polimi Run che è la 10 km organizzata dal Politecnico di Milano con l’obiettivo di raccogliere fondi per le borse di studio. L’iniziativa è molto bella perché si corre dal campus situato in Bovisa sino alla sede storica del Politecnico in città studi, peccato solo che il percorso coincida per la maggior parte con la circonvallazione ma va bene lo stesso. Non sto qui a darvi i dettagli sulla mia prestazione sportiva perché, come saprete, meglio non prendere a esempio il mio approccio cialtrone e ignorante alla corsa. Mi permetto solo qualche considerazione generale.

La corsa merita la vostra partecipazione, quindi se non eravate presenti tra i 13mila iscritti all’edizione 2018 spero di vedervi a quella del prossimo anno. Magari vi lascerò il mio posto perché sia la competitiva che la non competitiva quest’anno sono andate sold-out. Il costo di iscrizione è esiguo: se lo fate subito è di soli 5 euro e, in cambio, c’è un maglietta tecnica Adidas, due sacche e vari gadget inutili come al solito, oltre a una buona dose di ristoro all’arrivo. Tenete conto che una buona fetta di partecipanti è costituita da studenti universitari, per cui il tracciato è caratterizzato dalla presenza di moltissime belle e giovani figliole in assetto striminzito e attillato da gara, sapete che anche l’occhio – nello sport – vuole la sua parte.

La partenza nella sede di Bovisa permette di essere raggiunta con i mezzi, ma ho visto un sacco di ragazzi parcheggiare le auto dei vari servizi di car sharing, un’attitudine che invidio moltissimo ai millennials scevri del vecchio e limitativo approccio al possesso della macchina.

Poi mi piacciono i ragazzi che corrono in tanti e nel gruppo c’è uno che si porta appresso una cassa nascosta in qualche anfratto del completo che spara musica (deplorevole, ma pazienza, apprezzo comunque il tentativo) a manetta.

Il fatto che sia una corsa organizzata da un polo di formazione per ingegneri ti fa assaporare l’idea di assistere a cervelli che si allenano alla fuga che prima o poi metteranno in atto.

Per arrivare in Loreto si passa sotto al tunnel della ferrovia, lì si respira un po’ di scarichi di auto perché il senso di marcia opposto è giustamente in funzione, mica si può bloccare la città intera per una corsa, quindi se l’anno prossimo il percorso sarà confermato ricordatevi in quel punto di trattenere il fiato.

Alla partenza, a metà strada e all’arrivo ci sono i dj di una di quelle radio che trasmettono musica di merda, non ricordo quale, ma se avete le cuffiette con i Joy Division il problema non si pone.

Ho visto uno alto due metri con il 50 di piede o giù di lì che ha coperto la distanza in 46 minuti, un tempo che io non faccio nemmeno in macchina. C’era qualcuno con i roller, altri spingevano passeggini, altri ancora correvano con i cani al guinzaglio che è una cosa che non farei mai. Povere bestie.

C’era infine qualche gruppo aziendale tutti vestiti con una divisa personalizzata, sapete che ora il nuovo demone delle imprese è che bisogna incentivare l’attività sportiva per farsi belli e per farsi vedere attenti alla salute dei dipendenti, che poi credo che certi riguardi andrebbero presi anche quando non si raggiungono gli obiettivi o nelle ore extra di concentrazione e impegno mentale che il mercato oggi impone a chi lavora che raramente vengono remunerate. Ma il punto è anche che vedersi la domenica mattina con i colleghi mi sembra contro natura e, vedendoli posare per il selfie d’ordinanza che poi verrà stampato e appeso nella bacheca in sede come best practice di attaccamento al brand, viene da pensare che due coglioni, non esiste uno stipendio in grado di giustificare un tale abominio.

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