coda – day #30

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Ho notato la coda il primo weekend di pandemia. Era carnevale e davanti all’Esselunga c’era una fila di gente in maschera – quella anticontagio – che arrivava sino al Leroy Merlin, due megastore dopo. Ho ingranato la retro e sono scappato da quella scena da film distopico per non esserne comparsa, men che meno protagonista. Per fortuna la psicosi da mancanza di generi di prima necessità si è stabilizzata su valori accettabili, per un popolo di melodrammatici come gli italiani non si può prendere di più. Ho fatto la spesa ieri l’altro ma mi sono presentato all’ingresso della piccola Coop del comune in cui vivo – per non rischiare sanzioni da tentativo di fuga – con quaranta minuti di anticipo, una precauzione che mi ha permesso di avere solo sette persone davanti. Non sono mancati i battibecchi per il rispetto dell’ordine di entrata, d’altronde il nervosismo da arresti domiciliari lo si deve sfogare in qualche modo. Per questo non invidio chi se la passa male in casa, con il partner o con i figli. Da noi vige un sereno ménage con qualche battibecco standard e i classici conflitti generazionali tra adulti e adolescenti, ma poca roba. La cassiera si è complimentata per la mia spesa. Poco prima aveva ripreso la signora davanti a me per aver acquistato solo pane e latte. Ne ho approfittato per ostentare il mio carrello stracolmo, anche se mi spiace passare per uno di quelli che va nel panico da apocalisse. Solo che cerco di uscire il meno possibile e fare una scorta settimanale mi sembra il minimo.

Ho trovato la coda anche all’ufficio postale, un paio di giorni fa a metà mattinata. Ho ripetuto così con successo l’applicazione della strategia della spesa. Alle otto meno dieci ero già pronto all’ingresso, con una manciata di utenti davanti, e sono riuscito a ritirare un acquisto fatto su Amazon in tempi non sospetti. Fila anche per la farmacia, il panettiere e il fruttivendolo: fortunatamente non avevo bisogno di nulla ma sono stato colpito dagli assembramenti mentre attraversavo la via principale del paese recandomi in bici allo studio del mio dottore per la ricetta delle pillole per l’ipertensione.

Il punto è che non siamo abituati per nulla alla coda e a dover aspettare per essere serviti. Anzi, l’abbondanza di negozi e centri commerciali – parlo per l’hinterland milanese – ci permette, in condizioni normali, di andare a colpo sicuro quando abbiamo bisogno di qualcosa. Oggi, per la prima volta, dobbiamo fare qualche sacrificio per ottenere anche i beni essenziali. Mezz’ora per il pane, quaranta minuti per una medicina, ore per fare la spesa, nemmeno fossimo tra i padiglioni di Expo2015 nel mese di punta. La distanza di sicurezza non ci rassicura, ci guardiamo in cagnesco dietro i nostri burqa antisettici distinguendo i meno raccomandabili tra portatori sani e infetti. Poi tutti a casa a lavarci le mani secondo le istruzioni imposte da questo stato di pulizia, ignari del tempo che dovremo trascorrere ancora messi così.

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